Se ne parla da tempo, ma adesso il via libera ufficiale alla carne “sintetica” o di laboratorio è più vicino. Il portavoce della Commissione Ue ha parlato di un «ok al cibo prodotto in laboratorio, basta che rispetti i nostri standard nutrizionali» . Secondo Stefan De Keersmaecker a Bruxelles tutto sarebbe pronto per un’autorizzazione a breve alla commercializzazione anche di altri cosiddetti “novel food“, cioè cibi di nuova generazione prodotti in laboratorio, o a base di insetti o ancora proveniente da altri Paese extra Ue, dove sono consumati tradizionalmente.
L’apertura, quindi, arriva dopo il semaforo verde delle autorità comunitarie agli insetti sulle tavole d’Europa e dopo che già la Food and Drug Administration, l’ente regolatore americano, ha dato il proprio assenso alla carne sintetica.
Il boom del mercato della carne vegetale
A spingere verso l’autorizzazione sono anche i numeri di un mercato in forte crescita. Come emerso dalla IX Conferenza economica di Cia-Agricoltori Italiani, che si è tenuta a Roma, gli investimenti nel settore sono pari a 1,3 miliardi (dati Nomisma). Dagli allevatori italiani, intanto, arriva una precisazione: «Confidiamo che la Commissione valuti con attenzioni eventuali richieste che possano arrivare dai vari Paesi europei, in ottica di salvaguardia delle produzioni tipiche, e in particolare delle denominazioni d’origine» , come ha chiarito il presidente nazionale di Cia, Cristiano Fini, che ha aggiunto: «La carne sintetica va nella direzione opposta a quella che è la nostra idea di cibo, basata sulla valorizzazione delle nostre produzioni agricole e zootecniche, simbolo di alta qualità e identificative dei territori e delle tradizioni nazionali» . Ma di cosa si tratta? Cos’è e perché la carne sintetica piace tanto, specie ai giovani e ai flexitariani?
Cos’è la carne vegetale e a chi piace
La plant meat è il grande trend del momento. Si trova sotto forma di hamburger, cotolette, kebab, straccetti di pollo, salsicce, polpette, ragù, spezzatini: è simile nell’aspetto (e spesso anche nel gusto) alla carne vera e interessa non solo vegetariani e vegani, ma anche i cosiddetti flexitariani che sono onnivori ma tendono a ridurre sostanzialmente le proteine animali nella propria dieta. Ma non finisce qui. Ha trovato una schiera di sostenitori anche nella Gen Z sempre più interessata ad atteggiamenti alimentari rispettosi dell’ambiente.
La carne vegetale
Chiamata anche plant based o semplicemente fake, la finta carne è ottenuta da proteine vegetali e il motivo per cui coinvolge così tante persone di estrazione e interessi diversi è che è green: non proviene da allevamenti, è comunque ricca di proteine e porta a una riduzione dell’impatto sull’ecosistema.
«I nostri numeri parlano da soli» racconta Marta Residori, marketing & comunications manager Italia per Planted (eatplanted.com), start up svizzera con sede a Kemptthal (Zurigo) che dal 2019 produce alternative vegetali alla carne e conta un reparto di ricerca e sviluppo molto innovativo. «Per il nostro planted chicken utilizziamo il 46% di acqua in meno ed emettiamo il 74% di CO2 in meno rispetto al petto di pollo di allevamento. Possiamo calcolare l’impatto effettivo perché siamo responsabili di tutto il ciclo della produzione, dal seme fino alla distribuzione sugli scaffali e usiamo solo ingredienti europei: quattro in tutto».
I meat alternative disponibili sul mercato
Le proposte si moltiplicano: si possono avere prodotti già ricettati o naturali, da preparare in casa, frozen o freschi. È importante però controllare la lista degli ingredienti in etichetta. I primi meat alternative erano soprattutto a base di soia, ora si utilizzano molto le farine di pisello.
La base parte dalle proteine estratte dai legumi (farine e fibre) che vengono riadattate per avere un aspetto simile alla carne. Poi si aggiungono grassi vegetali, indispensabili per dare morbidezza, come burro di cacao, olio di colza, cocco o girasole o anche industriali (come i mono e digliceridi degli acidi grassi indicati con la sigla E471). La lista degli ingredienti può essere più o meno lunga e comprende altri tipi di farine (come proteine di riso integrale, avena, fagioli mungo).
Nelle versioni già pronte da consumare si aggiungono poi spezie, limone, aromi e spesso barbabietola: conferiscono alla plant meat colore e gusto il più simili possibile a una bistecca, un hamburger o una salsiccia. La sfida naturalmente è la riduzione degli ingredienti, senza perdere la promessa del gusto e del sapore della carne.
Il pesce vegetale
Altri due fattori importanti da considerare sono il valore calorico (in genere più elevato) e il prezzo. Ma i fake non si limitano alle alternative della carne, il nuovo mercato è il pesce con l’arrivo del tonno vegetale e dei bastoncini preparati con i fiocchi di riso.
La prossima grande scommessa sarà la cultured meat, cioè la carne in provetta, prodotta a partire dalle cellule staminali del tessuto muscolare dei bovini e nutrite in laboratorio per moltiplicarle con gli stessi mangimi utilizzati per gli animali. In poche settimane la carne sintetica è pronta e basta darle l’aspetto di quella vera.
Sarà questo il futuro della green meat? Per ora il processo è ancora in fase di studio perché lungo e costoso. E poi mancano ancora le autorizzazioni dell’organismo Ue per la sicurezza alimentare.
Le ricette
→ La simil carne si trova al banco fresco del supermercato. Alcuni marchi surgelati si acquistano online anche nella versione naturale per preparare a casa, da soli, le proprie ricette preferite.
E i valori nutrizionali? Il contenuto di proteine e sale tra hamburger veg e tradizionale si equivale. Il tallone d’achille della plant meat è il contenuto di grassi che, a seconda degli ingredienti in etichetta, può arrivare al 20%
mentre nella carne è del 10-15% circa. In compenso il punto di forza della fake è l’assenza di colesterolo.