Per chi ha avuto un’infezione da Sars-Cov2 ed è guarito è sufficiente una sola di vaccino anti-Covid. La somministrazione unica vale sia per gli asintomatici che per coloro che hanno avuto sintomi da Covid, ma va ricevuta in un arco di tempo differente. Non bisogna fare il test seriologico prima. Una volta vaccinati, poi, si ha diritto a un Green Pass provvisorio. Ecco cosa c’è da sapere in dettaglio.
Per i guariti una sola dose di vaccino
In base alla nuova circolare, firmata il 21 luglio dal direttore generale della Prevenzione del ministero della Salute, Gianni Rezza, viene stabilito che «È possibile considerare la somministrazione di un’unica dose di vaccino anti-Sars.Cov-2/Covid-19 nei soggetti con pregressa infezione da Sars-Cov-2 (decorsa in maniera sintomatica o asintomatica)». Dunque, una sola dose, salvo alcune eccezioni che ne richiedono due.
Quando servono due dosi
Se per i soggetti in condizioni di salute normale, il testo indica una sola dose di vaccino, le cose cambiano in caso di persone immunodepresse, per i quali le indicazioni restano di due dosi. In particolare si legge «in caso di pregressa infezione da coronavirus, resta valida la raccomandazione di proseguire con la schedula vaccinale completa prevista». «Il motivo sta nel fatto che in chi è immunodepresso, il vaccino ha una minore immunogenicità, cioè non è in grado di creare una risposta immune adeguata come in chi è in buona salute, due dosi danno più garanzia di copertura» spiega l’epidemiologo Paolo D’Ancona, ricercatore dell’Istituto Superiore di Sanità.
La vaccinazione a 6 mesi dalla guarigione
Quanto alla tempistica, in base alle faq del ministero la dose unica di vaccino per i guariti andrebbe somministrata dopo almeno 6 mesi dall’esordio della malattia cioè dal primo tampone molecolare positivo, ed entro i 12 mesi.
Nel testo della circolare si legge che «È possibile considerare la somministrazione di un’unica dose di vaccino anti-SarsCoV-2/Covid-19 nei soggetti con pregressa infezione da SARS-CoV-2 (decorsa in maniera sintomatica o asintomatica), purché la vaccinazione venga eseguita preferibilmente entro i 6 mesi dalla stessa e comunque non oltre 12 mesi dalla guarigione».
Finora, invece, l’intervallo di tempo tra guarigione e vaccino era di minimo 3 mesi e massimo 6: «La decisione di modificare la tempistica è legata alla capacità di innalzare il livello degli anticorpi da parte del nostro organismo. Per fare un esempio, chi non si è ammalato, ricevere la prima dose e inizia a produrre anticorpi non specifici, che comunque danno una prima protezione. Con la seconda dose, invece, migliora la capacità del nostro organismo di produrre anticorpi specifici contro il Covid. La stessa cosa avviene quando, invece che ricevere la dose, ci si ammala: il sistema immunitario mantiene una “memoria” che si è visto che è buona fino a 12 mesi, ma è con la seconda dose che viene rafforzata. In questo modo si evita un eccessivo abbassamento degli anticorpi in modo che, in caso di nuovo incontro con il virus, la risposta immunitaria sia più efficace e veloce. Farla comunque entro 6 sarebbe l’ideale per essere più protetti col vaccino» chiarisce D’Ancona.
No ai test sierologici
Il documento firmato dal Direttore generale Rezza richiama poi le raccomandazioni dell’Organizzazione mondiale della Sanità sui test anticorpali «volti a individuare la risposta anticorpale nei confronti del virus» chiarendo che l’esecuzione «non è raccomandata ai fini del processo decisionale vaccinale». «Tutte le istituzioni internazionali esortano a vaccinare indipendente dal livello anticorpale, perché vaccinare è più corretto e sicuro farlo a prescindere dall’eventualità o meno di aver contratto l’infezione, senza tenere conto del livello anticorpale. C’è anche una disomogeneità sulle tecnologie per il dosaggio, quindi non c’è uno standard che dica chiaramente chi è protetto e chi no. I valori ottenuti finora dai test sono così poco utili perché non predicono la protezione» chiarisce l’esperto dell’ISS.
Il sierologico non basta per il Green Pass
Insomma, il test sierologico che dimostra un alto numero di anticorpi non è una condizione sufficiente a ottenere il Green Pass. Anche in presenza di una quantità elevata di anticorpi, la vaccinazione va dunque eseguita anche in soggetti guariti da Covid.
Green Pass provvisorio
Coloro che sono guariti da infezione da Sars-Cov2 e dunque si vaccinano con una sola dose, possono ottenere un Green Pass provvisorio. Come chiariscono le Faq appena aggiornate sul sito del Certificato verde Covid-19 del ministero della Salute, infatti, tutti coloro che dopo l’infezione da coronavirus hanno fatto una dose di vaccino entro 12 mesi dalla malattia, cioè dalla data del tampone molecolare positivo che ha accertato il contagio, riceveranno un Green Pass valido per 9 mesi a partire dalla data di somministrazione della prima dose di vaccino.
Cosa deve fare chi ha già il Green Pass
Ma cosa accade a chi, guarito, ha già ottenuto la dose di vaccino nella precedente finestra di 3-6 mesi? «Queste persone si devono ritenere protette per almeno 9 mesi» chiarisce ancora D’Ancona. Il Ministero spiega che chi aveva già ottenuto la certificazione verde potrà sostituirla con quella nuova, alla cui scadenza dovrà procedere con una nuova dose di vaccino.