«Il voto conta». «Usa il tuo voto». Le nostre città sono invase dagli slogan in vista delle elezioni europee. Ma, esattamente, per cosa andremo alle urne? Per scegliere i componenti dell’unica istituzione elettiva dell’Ue: il Parlamento. 27 Paesi, quasi 400 milioni di elettori, 720 parlamentari da votare (di cui 76 italiani) e 4 giorni per farlo: sono i numeri delle elezioni europee che si svolgeranno tra il 6 e il 9 giugno 2024 in tutti gli Stati membri. Da noi si voterà l’8 e 9 giugno, quando altrove, per esempio in Olanda, l’avranno già fatto. Ogni Paese, infatti, ha organizzato il voto in autonomia, ma rispettando regole comuni. Su tutte, il sistema elettorale proporzionale: i seggi vengono cioè attribuiti in proporzione ai voti ottenuti da ciascuna lista. Ma perché è importante andare a votare? E cosa succederà dopo?

Qual è il ruolo del Parlamento?

Una volta eletti, gli europarlamentari restano in carica 5 anni e aderiscono a uno dei cosiddetti “gruppi”, dove si entra non per nazionalità ma per affinità politica. Così gli esponenti del Pd faranno parte del Pse, la famiglia dei socialdemocratici europei composta dai partiti che nei rispettivi Paesi portano avanti politiche simili a quelle della formazione guidata da Elly Schlein. Forza Italia è nel Partito popolare europeo, composto a sua volta da schieramenti affini a quello fondato da Silvio Berlusconi. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni è presidente dei Conservatori e Riformisti ed è quindi lì che gli eletti di Fratelli d’Italia si iscriveranno. Il ministro dei Trasporti e vicepremier Matteo Salvini, con la sua Lega, rientra nello schieramento di estrema destra Identità e Democrazia. Ci sono poi i Verdi, Renew Europe (con Azione, Italia Viva e +Europa), la Sinistra (di cui fa parte Sinistra italiana) e il gruppo dei “non iscritti” dove rientra chi non aderisce a nessuna famiglia politica europea (nell’ultima legislatura ne facevano parte i parlamentari del Movimento 5 Stelle). Nelle due sedi dell’Europarlamento, la principale a Strasburgo e l’altra a Bruxelles, lavorano le commissioni parlamentari, divise per temi: ambiente, immigrazione, giustizia, difesa, economia… Non c’è campo della nostra vita che, ormai, non passi da lì.

Di che si occupa il Consiglio?

Il Parlamento è dunque il cuore del processo legislativo, sul quale però incide anche il Consiglio dell’Unione europea. Se Parlamento e Consiglio non sono d’accordo su una norma, questa non vedrà mai la luce. Il Consiglio, che ha sede a Bruxelles, è costituito dai ministri di tutti gli Stati membri, che si riuniscono a seconda dell’argomento trattato. Se la riunione riguarda gli Esteri, partecipano i ministri degli Esteri (per l’Italia, il ministro Antonio Tajani); se tocca l’ambiente, i responsabili dell’Ambiente (per noi il ministro Gilberto Pichetto Fratin). L’indirizzo politico dell’Ue lo decide però il Consiglio europeo, che riunisce i capi di Stato o di governo dei vari Paesi e oggi è guidato dal belga Charles Michel.

Cosa fa la Commissione?

È l’organo esecutivo, cioè il governo dell’Europa. I 27 commissari, uno per ogni Paese (il nostro è Paolo Gentiloni, all’Economia), deliberano su politiche e bilancio dell’Ue e sulla corretta applicazione del diritto europeo da parte degli Stati membri. Inoltre, la Commissione propone nuove leggi che devono poi essere approvate dal Parlamento e dal Consiglio dell’Ue. Insomma, ha il ruolo più delicato: definire la strategia globale dell’Unione. Ed ecco perché il presidente della Commissione è spesso visto come la voce più forte in Europa. Oggi è la tedesca Ursula von der Leyen, del Partito popolare europeo, a ricoprire questo ruolo. A eleggere il suo successore non saremo noi cittadini in modo diretto, ma gli europarlamentari che sceglieremo a giugno.

Quale Europa uscirà dalle urne?

Alle ultime elezioni, nel 2019, il centrodestra (Ppe) e il centrosinistra (Pse), così come era sempre stato, hanno confermato la loro forza rispetto agli schieramenti più estremi, che pure avevano ottenuto un aumento nei consensi. Il voto del 2024, secondo esperti e sondaggisti, potrebbe confermare questo trend: la crescita dei partiti di destra e di estrema destra, già vista in alcuni Paesi membri (tra cui l’Italia, con la vittoria di Giorgia Meloni alle politiche del 2022), potrebbe toccare anche il voto europeo. Se così fosse, l’Unione che ci troveremmo davanti sarebbe diversa da come l’abbiamo fin qui conosciuta. Un esempio su tutti è il Green Deal, la strategia per ridurre entro il 2030 le emissioni del 55% rispetto al 1990 e diventare il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050: i partiti moderati propongono di modificarlo, l’estrema destra promette di cancellarlo.

Ci saranno ricadute in Italia?

Molti se le aspettano. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha chiesto di votarla per confermare il sostegno del 2022. La sua leadership potrà quindi essere ancora più forte dopo il 9 giugno oppure, per la prima volta, subire un contraccolpo. Matteo Salvini, protagonista di un exploit alle europee del 2019 in cui superò il 30%, rischia – se portasse il suo partito sotto il 10% – di veder messa in discussione la propria posizione tanto all’interno della Lega quanto nella maggioranza. Antonio Tajani, che ambisce a rinforzare Forza Italia nel governo, potrebbe farlo proprio raggiungendo un risultato superiore a quello della Lega. Ci sono poi i leader dell’opposizione. Le europee saranno il primo grande test elettorale per Elly Schlein: se lo fallisse, sarebbe a rischio il suo ruolo di segretaria del Partito democratico. Per Giuseppe Conte, che contende a Schlein la guida dell’opposizione, un buon risultato a Bruxelles sarebbe un’arma in più. L’Ue potrebbe cambiar faccia dopo giugno e così anche la politica italiana dove, come sempre, ogni leader e ogni partito gioca la propria partita.

Elezione europee 2024: le sfidanti

Giorgia Meloni, leader della maggioranza di governo, ed Elly Schlein, segretaria del primo partito d’opposizione, hanno in comune almeno una cosa: aver imposto una svolta femminile alla politica italiana. Meloni, cresciuta in una destra di soli uomini, fonda un suo partito e diventa la prima donna alla presidenza del Consiglio. Schlein da outsider prende la tessera del Pd, vince le primarie ed è la prima segretaria. La sfida europea, oggi, è anche una sfida tra loro due. La prima vorrebbe un’Ue in cui gli Stati siano sovrani, la seconda sogna un’Europa più unita. Giorgia ed Elly: due nomi, due timbri politici opposti, tanto in Italia quanto in Europa. Scopriremo presto quale convincerà di più gli elettori.

Le leader uscenti

Roberta Metsola, del partito conservatore maltese, a 43 anni è stata la più giovane presidente dell’Europarlamento e oggi sogna un secondo mandato. Ursula Von Der Leyen, già ministra della difesa della Germania, è stata eletta presidente della Commissione nel 2019 con la maggioranza più atipica che si fosse mai vista, chiamata appunto “maggioranza Ursula”: dai moderati ai cosiddetti populisti, uniti dall’obiettivo di arginare l’estrema destra. Proprio quella destra (vedi il gruppo Identità e Democrazia di cui fa parte Matteo Salvini) che oggi promette battaglia a un Ursulabis. Dopo il voto scopriremo se il volto femminile assunto dalla politica europea fosse un caso o un trend.

Roberta Metsola. Foto: Ipa