Agosto 2022. Prendo in mano lo smartphone per la mia dose quotidiana di cazzeggio e, dalle stories Instagram dell’amico Marco Ramon, scopro che è morta Olivia Newton John. Lei per me era un mito. Era l’ingenua fidanzatina di John Travolta in Grease, capace di trasformarsi in sex bomb (mai riuscito alla sottoscritta cresciuta a kilt, maglioni di Shetland e mocassini), nonché la popstar che nel 1981 faceva ballare il mondo sulle note di Physical. Lo chiamo per commentare la notizia e decidiamo di organizzare una Grease night in suo onore. È iniziata così la storia di Hashi Rituals, la società che organizza funeral party, rituali funebri bespoke (su misura, ndr), che Marco ed io abbiamo fondato insieme alla terza e insostituibile socia, Alessandra Lucchini.

Un nuovo modo di vivere il lutto

La sera della Grease night, Marco arriva troppo tardi per guardare il film, ma con una selezione di vini da fare impallidire i Ceretto. Entrambi lavoriamo nella moda, io come giornalista e lui alla guida di una importante agenzia di organizzazione eventi per il mondo del lusso, il profilo perfetto con cui trasformare in realtà un’idea che da un po’ mi gira in testa. Quando vado a un funerale, quasi sempre mi sento a disagio. Appartengo a una generazione per la quale se qualcuno di caro muore, tutti vanno al funerale, bambini inclusi. Anche a me la morte fa paura, solo fin da piccola mi hanno abituata a considerarla parte della vita, perciò non rifuggo il confronto, a differenza dei più. Dal «Non vado perché mi fanno impressione i cimiteri» al «Non so cosa dire» sono molte le scuse per dribblare una cerimonia funebre, senza contare il problema più comune, cioè la spersonalizzazione del rito.

In Italia, gran parte delle esequie si svolge in chiesa, sebbene spesso i defunti e le loro famiglie la chiesa non la frequentino dai tempi della cresima. Ricordo la cerimonia toccante in onore di una giovane donna molto legata alla comunità cattolica della sua città. Credenti o meno, tutti eravamo usciti dalla funzione con un profondo senso di connessione che mi è rimasto nel cuore. La norma è però fatta di gente ignara di quando sedersi o stare in piedi come del Padre Nostro. Probabilmente prova anche a disagio nel pensare quanto il nonno in vita fosse allergico a ogni forma di religione. E mi dispiace anche per il povero celebrante, costretto alla semplificazione massima, sperando di non confondersi col nome.

I funeral party di Hashi Rituals sono eventi su misura

Nel 2024 ci dev’essere un altro modo di rapportarsi al distacco. Un contenitore di emozioni, abbracci, pensieri e parole adatto al background culturale di chi resta e di chi è entrato in un’altra dimensione. Non solo, forse se recuperiamo uno spazio/tempo denso di significati potremo anche riscoprire quel barlume di luce che segue la notte più nera. Da qui siamo partiti Marco e io nel costruire Hashi insieme alla terza socia Alessandra, che da una vita avvia e supervisiona produzioni editoriali di alto livello ed è altrettanto convinta della necessità di vivere appieno il distacco dalle persone care. Organizziamo cene intime, falò in mezzo alla natura (non in agosto in Sicilia!), concerti di voci bianche, serate di karaoke emozionale e perché no, un party in discoteca se chi si vuole ricordare lì ha vissuto i momenti più belli della sua vita. Tutto parte da una attenta fase di ascolto di chi ci ha cercati per comprenderne i desideri e tradurli in un evento tagliato su misura, anche nel budget non per forza importante.

Hashi Rituals, noi che cerchiamo di far parlare l’anima

Ma cosa c’entrate voi della moda con il mondo delle pompe funebri, ci dicono alle volte. Niente perché non ci occupiamo della gestione della salma. Molto perché possiamo arricchire di simbologie e senso un contesto da cui trarre molti spunti di crescita interiore. L’essere fashion people per noi è un plus. Quattro volte all’anno partecipiamo a dei rituali laici unici nel proprio genere, le sfilate. Dagli indimenticabili show d’alta moda di John Galliano, ai tempi in cui disegnava Dior all’ironia irriverente di Moschino. Dallo charme parisienne di Chanel con Karl Lagerfeld alle trovate sorprendenti di Alessandro Michele nel suo periodo Gucci. Ogni passerella racconta una storia. Ti prende per mano, ti porta a esplorare un mondo e lo fa con un’attenzione per i dettagli. La stessa che ci mettiamo noi di Hashi Rituals, solo che anziché dare spazio ai vestiti, cerchiamo di far parlare l’anima.