A casa a occuparsi dei compiti c’è la mamma. A scuola a insegnare a leggere e scrivere c’è la maestra. L’educazione e l’istruzione dei nostri bambini è ancora per la maggiore nelle mani del sesso femminile. Dell’assenza del padre ne hanno già parlato in tanti a partire dallo psicoterapeuta e scrittore Claudio Risé ma della mancanza di maschi nelle aule italiane se ne parla poco.
A puntare i riflettori sulla questione in queste ultime settimane è stata l’Ocse, l’Organizzazione per lo sviluppo economico: a seguito di un’indagine ha affermato che “persistenti squilibri di genere nella professione di insegnante sollevano una serie di preoccupazioni”. Quali? A detta dell’organizzazione sarebbe interessante valutare il potenziale impatto del divario di genere a scuola sui risultati di formazione o di carriera.
La maestra – mamma non è l’unico modello
Da maestro maschio, per tanti anni considerato una sorta di panda da proteggere perché oltre ad essere uomo ero giovane e precario, non ho dati per verificare quanto afferma l’Ocse ma posso affermare con certezza che la figura maschile nel sistema educativo è da sempre considerata con maggiore rispetto.
Traduco quanto affermato qui sopra in realtà: quando frequentavo la scuola primaria negli anni Ottanta, la maestra Lucia, la più temuta, era autoritaria, “cattiva”; il maestro Romeo, anch’egli temuto, era invece autorevole, severo. Gli aggettivi con i quali i maestri maschi sono stati accompagnati nella storia della scuola hanno in qualche modo dato un’impronta.
Oltre a questo, la maestra non sempre riesce a staccarsi totalmente dal suo ruolo di madre. Ha una sensibilità tale che si traduce anche nella gestualità: le colleghe prendono in braccio i bambini, spesso li accarezzano, li coccolano. Ciò non significa che il maestro non ha cura ma vive il suo ruolo con un’emotività diversa.
Dall’altro canto secondo Stefania Ulivieri Strozzi, docente di Teorie e modelli della consulenza pedagogica, “la presenza di figure educative di entrambi i generi in tutti i livelli di educazione scolastica e prescolastica offrirebbe ai bambini e alle bambine la possibilità di acquisire una maggiore complessità di visione del mondo, per stili di vita, emotività, fisicità, comunicazione”.
Il magico potere della barba
Lo provo sulla mia pelle: mentre la maggior parte delle mie colleghe sono costrette ad urlare (sarà poi vero che è necessario alzare la voce per richiamare l’attenzione? Non credo) a me basta uno sguardo. Comunico spesso con i miei alunni attraverso gli occhi, con le mie mani che gesticolano, con la postura del mio corpo, con la mia “barba”. Sì, potrebbe sembrare una sciocchezza ma la “barba” fa la sua parte.
E se Giovanni durante la ricreazione ha litigato con il resto della classe, serve il maestro per ritrovarsi in cerchio tra “amici” e “nemici” e discutere di ciò che non va fino a trovare una soluzione.
Il maestro piace, ma non c’è
Oggi più che mai il maestro è ricercato: in un momento in cui la famiglia è cambiata e molte donne si trovano sole a gestire dei figli, la figura del maestro “assorbe” anche, pur non volendolo, quella presenza maschile che latita magari nella vita quotidiana in casa. Una scommessa sempre rischiosa per l’uomo che insegna ma una sfida interessate in quest’epoca.
Il problema è che i dati ci raccontano di una scuola italiana tutta rosa. In Italia secondo i numeri del ministero la percentuale dei maschi alla scuola dell’infanzia è dello 0,70%. Alla primaria arriva al 3,64% ma bisogna aspettare la secondaria di primo grado per trovare due professori maschi su dieci docenti. Una percentuale che sale al 34,26% alle superiori.
L’Italia rispetto al resto dei Paesi Ocse è tra gli Stati con il maggior numero di insegnanti di sesso femminile: solo la Russia, la Litunia, l’Ungheria e la Slovenia hanno una percentuale di donne tra i banchi maggiore della nostra che supera il 90% nella graduatoria stilata.
Eppure basta fare un giro nelle università, nei corsi di scienze della formazione primaria soprattutto, per vedere che anche per i prossimi anni non vedremo molti maestri maschi in aula.
Resto con una convinzione: fare l’insegnante non è solo un mestiere per donne. Anzi.