Ogni anno 150 mila persone, sempre più spesso under 50, hanno un ictus. Con conseguenze importanti, come difficoltà a esprimersi, incapacità a muovere la parte del corpo colpita, problemi di memoria e di linguaggio. Per ridurre la gravità dell’impatto della malattia sul corpo e sul cervello o addirittura guarire del tutto, ci vuole la riabilitazione. Che oggi è un mix di trattamenti tradizionali e metodi hi-tech.
«Sono novità importanti che stanno cambiando in meglio la vita del paziente» dice Stefano Paolucci, direttore dell’Unità operativa complessa di neuroriabilitazione della fondazione Santa Lucia di Roma. «È fondamentale però che le terapie per fronteggiare i danni cerebrali vengano effettuate tempestivamente. Per questo il ricovero deve avvenire in una delle Stroke Unit presenti su tutto il territorio. Sono strutture superspecializzate che utilizzano gli approcci più innovativi. Basti pensare che qui il paziente nell’arco di 24 ore dall’attacco inizia la riabilitazione, con trattamenti passivi eseguiti al letto. In questo modo, si comincia fin da subito a stimolare l’attività cerebrale e le funzioni del corpo. E a distanza di una settimana dall’attacco può cominciare la riabilitazione vera e propria».
Il robot per i movimenti
Si chiama esoscheletro bionico ed è una struttura in acciaio e carbonio da indossare come se fosse un’armatura. Contiene dei sensori che raccolgono informazioni in base ai movimenti anche impercettibili dei muscoli, dei tendini e dei legamenti e li inviano a un computer. In tempo reale, vengono calcolati tipo e modalità di attività motoria e il robot si mette in movimento: si tara sulle effettive capacità della persona e la sostiene per riallenarla al cammino.
«È utile per riattivare l’arto leso dall’ictus, coordinandolo con la parte sana» spiega Alessandro Giustini, medico fisiatra dell’Ospedale S. Pancrazio di Arco e dell’Istituto di riabilitazione Santo Stefano che è presente con numerosi centri in varie Regioni. «Inoltre il paziente si riabitua a stare in posizione eretta, a coordinare il corpo in relazione all’ambiente esterno, senza sbilanciamenti, vertigini e perdita dell’equilibrio. E riprende rapidamente anche le capacità cognitive che sono fondamentali nella riabilitazione».
L’esoscheletro “accompagna” il paziente per circa cinque settimane: ogni seduta dura circa 30 minuti e viene affiancata a esercizi di fisioterapia attivi e passivi.
La stimolazione per la memoria
Le tecniche sono due: stimolazione magnetica transcranica ed elettrica a corrente continua. Entrambe consistono nell’invio di impulsi al cervello attraverso una particolare bobina oppure degli elettrodi posizionati in una specie di fascia che si applica intorno alla testa.
«Sono tecniche non invasive utili per agire sulla plasticità cerebrale» sottolinea il professor Paolucci. «In questo modo si stimolano le cellule neuronali sopravvissute, che così compensano la perdita di attività delle cellule danneggiate».
Il trattamento consiste in un ciclo da 15-20 sedute, una al giorno, ciascuna di pochi minuti. La stimolazione da sola però non basta: il paziente deve eseguire con l’aiuto del terapista esercizi per allenare la memoria e per riprendere a parlare.
Il visore 3D per le braccia
Il paziente entra in una stanza con quattro grandi schermi dove vengono simulati vari ambienti di vita quotidiana, come il proprio appartamento, il supermercato, alcune vie del quartiere, il giardino. Indossa occhiali speciali che gli permettono la visione in 3D.
«Uno studio pubblicato di recente dimostra che funziona nel caso di compromissione del braccio perché stimola in modo mirato l’area del cervello che coordina gli arti superiori» dice il professor Paolucci. «Ritrovarsi immerso in alcune situazioni famigliari aiuta la rieducazione dell’attività cerebrale e l’invio degli input al braccio colpito della malattia, al fine di una ripresa delle funzioni compromesse. Anche in questo caso, comunque, la realtà virtuale da sola non basta. Ci vogliono esercizi di fisioterapia tradizionale, da modificare in base ai progressi».
Cosa fare in caso di emergenza
«In caso di ictus, si interrompe il flusso di sangue in una zona del cervello a causa di un trombo che blocca l’arteria» spiega il professor Paolucci. «È una situazione pericolosa perché la parte del cervello colpita rischia di morire per mancanza di ossigeno. Ma per fortuna prima si riesce a intervenire e minore è l’estensione del danno».
Non perdere tempo dunque se ti accorgi che un tuo familiare improvvisamente non ha più forza in un lato del corpo, si esprime con difficoltà, oppure ha un fortissimo mal di testa. Chiama l’ambulanza e descrivi bene i sintomi, così il ricovero avviene direttamente in una Stroke unit.