«L’essenziale è invisibile agli occhi». Ho perso il conto delle volte che ho letto questa frase. Probabilmente l’ho conosciuta ancora prima di sapere da dove provenisse. Quando ancora Il Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupéry non l’avevo letto. Non sono molti i libri che riescono a spargere il loro contenuto, distillato in piccole frasi, che diventano quasi massime. Succede solo ai capolavori che contengono lezioni universali. Il 31 luglio 1944 il pilota-poeta Saint Exupéry sparì nel nulla, mentre con il suo aereo sorvolava la Baia degli Angeli al largo di Saint-Raphaél, in Costa Azzurra. Di lui non si è mai saputo più nulla, ma il suo capolavoro, pubblicato per la prima volta nel 1943, lo ha reso immortale.

Il Piccolo Principe è diventato un best-seller internazionale, in grado di affascinare piccoli e grandi lettori e a ottant’anni dalla scomparsa del suo autore c’è anche un nuovo TopoLibro a omaggiarlo: Il Piccolo Principe raccontato da Topolino. Un volume, disponibile da oggi con Topolino 3584 e firmato da Augusto Macchetto per i testi, Giada Perissinotto per i disegni e Andrea Cagol per i colori, liberamente ispirato al capolavoro dell’aviatore e scrittore francese. Così un’altra generazione potrà iniziare a sognare con le avventure del fanciullo biondo proveniente dall’asteroide B 612. Invece, noi che già l’abbiamo conosciuto e amato potremo rispolverare che cosa ci ha insegnato.

La storia senza tempo de Il Piccolo Principe

Quando ho letto per la prima volta Il Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupéry ero già grande. Mi ero decisa a leggerlo dopo che una collega all’Università, con un misto di stupore e sdegno, mi aveva fatto notare che proprio non era possibile che non lo avessi ancora fatto. Allora, mi procurai una copia di quello che fino a quel momento avevo creduto un libriccino per bambini. Lo lessi in una sola sera e mi ritrovai a commuovermi più di una volta.

Allora, mi fu chiaro che quel volume tanto amato, era anche un libro per bambini. Il Piccolo Principe, infatti, è un testo semplice nella forma, ma complesso per significato e ha il grande pregio della malleabilità: non importa a che età tu lo legga, sarà in grado di trasmetterti un messaggio sempre nuovo. Non so cosa ne avrebbe tratto la me bambina, ma ricordo bene che la me studentessa imparò che l’amore non si può dividere dalla cura, infine oggi, mentre sfoglio di nuovo queste pagine, capisco che non si può mai smettere di chiedersi che adulti stiamo diventando.

Il Piccolo Principe: gli adulti hanno bisogno dell’infanzia

«A Leone Werth, quando era un bambino». Si apre con questa dedica il libro che Antoine de Saint-Exupery dedicò a uno dei suoi più cari amici, affinché non dimenticasse il bambino che era stato. Da qui la prima lezione de Il Piccolo Principe: «Tutti i grandi sono stati bambini una volta. (Ma pochi di essi se ne ricordano)». Ma che cos’è che dimenticano gli adulti quando crescono? Tutti presi dal loro lavoro e dai loro doveri quotidiani, imparano alla perfezione il pensiero razionale, mentre sotterrano progressivamente la loro capacità di immaginare, soffocando la loro curiosità.

E allora ecco che viene in aiuto il piccolo principe con le sue mille domande a cui dare risposta, ma che non sa rispondere a quelle che gli vengono rivolte. Arriva da un piccolo asteroide, in cui quello che conta è badare a due vulcani attivi e uno inattivo, sradicare le radici che potrebbero metterlo in pericolo e infine, annaffiare e proteggere la sua amatissima rosa, esigente e vanitosa. Per questo il bambino non può che trovare molto bizzarri i personaggi che incontra durante il suo viaggio: un re che governa senza sudditi, un vanitoso che considera gli altri uomini solo se lo ammirano, un ubriaco che beve per dimenticare la vergogna di bere e ancora un uomo che conta continuamente le stelle perché si illude di poterle possedere tutte.

Questi adulti dalle mille stranezze hanno qualcosa in comune: si prendono fin troppo sul serio e non hanno idea del motivo per cui fanno ciò che fanno. A loro non interessa trovare un senso, che è ciò invece interessa al piccolo principe. Per questo i grandi non dovrebbero mai smettere di comunicare con il bambino che sono stati: per non perdere l’abitudine di farsi quelle domande che sembrano sciocche, ma che in realtà sono rivelatorie.

Addomesticare non è una brutta parola

Sulla Terra il piccolo principe incontra una volpe, è molto triste e vorrebbe giocare con lei. L’animale risponde che non può farlo perchè non è addomesticata. Allora, nelle mente adulta del lettore spunta l’idea che il bambino e la volpe per giocare insieme abbiano bisogno di creare una relazione di potere, in cui uno è più forte e vince sull’altro, ma qui arriva la sorpresa: addomesticare, anche se è una cosa molto dimenticata, significa, creare dei legami.

Siamo tutti individui qualunque nessuno ha bisogno di noi e viceversa, finché non ci si conosce e subentrano i legami a renderci speciali. Ci vuole pazienza per addomesticare, ma non c’è altro modo per intraprendere delle relazioni. Si tratta di scoprire che cos’è che rende l’altro diverso da tutti gli altri individui che pure ci sembrano simili, e che fa dire alla volpe: «I campi di grano non mi ricordano nulla. E questo è triste! Ma tu hai dei capelli color dell’oro. Allora sarà meraviglioso quando mi avrai addomesticato. Il grano, che è dorato, mi farà pensare a te. E amerò il rumore del vento nel grano…».

La vita è fatta di riti e responsabilità

Creare dei legami richiede tempo, cura e attenzione: vale per l’amore, ma anche per l’amicizia. Per preparare il cuore ci vogliono dei riti, un’altra cosa che i grandi dimenticano. Che cos’è un rito? «È quello che fa un giorno diverso dagli altri giorni, un’ora dalle altre ore» e ne abbiamo bisogno perché altrimenti i giorni si somiglierebbero tutti». Allora la volpe e il bambino si danno degli appuntamenti, per conoscersi e legarsi e quando arriva il giorno della partenza del piccolo principe, nonostante la tristezza di doversi dire addio, lei può dire di aver guadagnato il colore del grano, mentre il bambino, l’amicizia di una volpe che in quanto sua amica è diversa da tutte le altre.

Dovremmo ricordarcelo quando per paura del finale rinunciamo anche all’inizio. Se non avesse conosciuto la volpe, il piccolo principe non avrebbe mai saputo il segreto che poi ha condiviso con noi, ovvero che non si vede bene che col cuore, perché l’essenziale è invisibile agli occhi. È un invito a non perdere la nostra capacità di sentire e a ricordare che è il tempo che dedichiamo alle cose che le rende importanti, come lo era la rosa sul piccolo asteroide del bambino.

«Gli uomini hanno dimenticato questa verità. Ma tu non la devi dimenticare. Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato. Tu sei responsabile della tua rosa…»