Per ogni fotografo che si rispetti lo scatto migliore è il prossimo, quello che coglierà l’attimo con la luce giusta e l’espressione autentica. È così anche per Robin Foà, direttore del Centro di Ematologia del Policlinico Umberto I° della capitale e professore di Ematologia all’università La Sapienza di Roma. Nel suo campo non ha rivali, eppure durante la nostra lunga chiacchierata si dilunga con piacere su hobby e passioni. “Il lavoro rappresenta soltanto una parte della mia esistenza. Certo, si tratta di una fetta enorme, ma sono così tante le cose che mi rendono felice. La fotografia e i viaggi, per esempio. Mi ritengo un privilegiato perché ho potuto girare il mondo e conservo nel cuore ogni avventura: l’Islanda, davvero un altro pianeta, il Sudamerica, e Zabriskie Point in California… Da ogni vacanza ho portato con me migliaia di scatti e alcuni sono anche diventati dei libri. Nel mio mappamondo personale mi mancano il Tibet e l’Himalaya, che saranno i primi ‘appuntamenti’ quando andrò in pensione”.
Ma l’addio alla professione non è imminente. “Ho ancora qualche impegno, soprattutto con Airc” scherza lo scienziato di origini inglesi. “Grazie ai fondi raccolti con il Progetto 5xmille coordino un gruppo nutrito di ricercatori e clinici, dedicato a leucemie e linfomi. Usiamo tecniche innovative per evidenziare le mutazioni che le causano e i risultati sono eccellenti. Per esempio, la leucemia linfatica cronica rimane la forma più frequente nel mondo occidentale e noi abbiamo identificato nuove importanti mutazioni e poi classificato meglio i pazienti per scegliere le cure ideali; invece, per la leucemia linfoblastica acuta abbiamo notato che in alcuni casi si può fare a meno della chemioterapia se si punta sull’immunoterapia, quindi su una cura meno aggressiva; infine il gruppo 5xmille si è concentrato su una forma rara, la leucemia a cellule capellute: è stata individuata per la prima volta la mutazione responsabile della patologia, che è quella del gene BRAF, e stiamo già testando un farmaco innovativo con risultati molto incoraggianti”.
La spinta a scoprire si intreccia con quella a viaggiare. “Sono un uomo curioso, aperto agli altri e alle novità, voglio sempre vedere e comprendere, in laboratorio e nel mondo. Mia moglie Rita mi assomiglia (la Prof.ssa Anna Rita Guarini, anche lei ricercatrice nel campo ematologico a Roma). Me l’ha presentata un amico 37 anni fa, eravamo entrambi giovani studiosi alle prime armi e non ci siamo più lasciati, abbiamo sempre fatto ogni passo insieme e insieme siamo cresciuti. In un tema a scuola il mio secondogenito scrisse ‘la mia mamma è praticamente perfetta’, c’aveva visto giusto!”.
Ai figli sono dedicate le ultime battute della nostra intervista. “Il più grande è architetto, il piccolo farà il cardiologo. Ormai sono adulti, camminano con le loro gambe. Spero che siano combattivi e determinati come me, magari più diplomatici… Io non riesco a essere politically correct con le persone per cui non nutro stima. E in Italia questo rappresenta un limite perché troppo spesso anche nella medicina e nella scienza non comandano le logiche della meritocrazia”.
IL PROGETTO 5×1000 DI AIRC
Un milione e mezzo di italiani hanno già scelto di destinare il 5×1000 della propria dichiarazione dei redditi all’Associazione italiana per la ricerca sul cancro. Dal 2009, Airc ha lanciato 2 programmi speciali, finanziati proprio da questi fondi, e incentrati sull’oncologia molecolare, sull’analisi del rischio e sulla diagnosi precoce. Si tratta di 14 progetti di ricerca, come quello che raccontiamo in questa pagina. Per saperne di più, clicca sul sito www.programmi5permille.airc.it.