Quando entro a CivicoZero, a Torino, mi colpiscono tre cose. La prima sono i colori: del pavimento giallo sole, dei visi dei ragazzi e dei disegni appesi un po’ ovunque sulle pareti. Shariff mi fa vedere quello che ha fatto lui: c’è una barca coloratissima e la scritta “Andiamo in Italia”. Gli chiedo se è la barca con cui è arrivato dalla Guinea. Non risponde, ma guardando i suoi occhi color ebano capisco che è così. La seconda è il profumo che esce dalla cucina, un mix inebriante di spezie e aromi: c’è chi fa il cous cous marocchino e chi si cimenta nei falafel libanesi. La terza è il rumore, un brusio di risate, battute e chiacchiere in tutte le lingue, dall’italiano al francese, dall’arabo al portoghese.
Il coraggio di BigMama
Hai presente un caleidoscopio? Ecco, CivicoZero è un mix magnifico di colori, forme, storie. Che si intrecciano e creano bellezza. Proprio la bellezza, intesa come tratto che ci caratterizza tutti in modo unico, è stata scelta come argomento della canzone che i ragazzi di CivicoZero hanno iniziato a scrivere in un workshop davvero speciale. Perché nella sala di registrazione con loro oggi c’è BigMama. Una che sa bene cosa vuol dire sentirsi esclusi e per cui la musica è stata la forma di riscatto per la sé bambina a cui in troppi hanno detto: “Cicciona”, “Fai schifo”. «Mi sono sempre sentita diversa, sbagliata. Ero incazzata. Il rap mi ha aiutato a buttare fuori tutta questa rabbia, mi ha salvata» racconta, mentre dà il cinque a Shamira, la ragazza libanese che le è seduta accanto e indossa un magnifico hijab.
Come è nato e cosa fa CivicoZero
Per capire la bellezza di CivicoZero, bisogna partire dall’inizio, dalla sua nascita. «È stato fondato nel 2015 ed è realizzato da Save the Children in collaborazione con la Città di Torino e in partenariato con la Cooperativa Atypica» spiega Samuele Cavallone, coordinatore del progetto (info su savethechildren.it/cosa-facciamo/progetti/civicozero-torino). «È un centro diurno, un laboratorio di inclusione e socializzazione, rivolto a minori stranieri, accompagnati e non, e neo maggiorenni fino a 21 anni: fornisce supporto, orientamento e protezione. Uno spazio sicuro che offre ai ragazzi l’opportunità di raccontarsi, esprimersi, sperimentarsi».
Chi sono i ragazzi di CivicoZero
Ogni anno CivicoZero di Torino (centri simili ci sono anche a Milano, Roma, Catania) accoglie 600-650 ragazzi di circa 37 Paesi diversi, tra cui Egitto, Senegal, Tunisia, Marocco, Gambia. Solo il 6-7% sono ragazze, «perché ancora oggi sono gli uomini che affrontano il viaggio per venire in Italia» spiega Cavallone. Nel centro vengono erogati servizi di prima accoglienza, come kit di prodotti igienici, lavanderia, abiti puliti, ma anche consulenza sanitaria, supporto legale e psicologico e attività di inclusione, integrazione sociale e autonomia che prevedono corsi di italiano, orientamento e accompagnamento al lavoro e ricerca della casa.
CivicoZero è (anche) una famiglia
Ma CivicoZero per questi ragazzi, che spesso anche a 12-13 anni hanno già conosciuto violenze e fatiche inimmaginabili per superare confini e sognare una vita dignitosa, è molto di più. Un posto che hanno potuto chiamare “casa”. Una famiglia in cui sentirsi protetti, accolti, mai giudicati. «È qualcosa che mi aiuta a pensare a un futuro, a immaginarmelo, a iniziare a costruirlo» racconta Abele, facendo con le mani il mimo del barcone da cui è scesa qualche mese fa. Ma è anche un gruppo di amici con cui ridere, scherzare, fare musica.
Le Basement Café Room
Grazie alla Fondazione Lavazza, che dal 2020 sostiene il progetto, nei centri CivicoZero di Torino e Roma sono state realizzate le Basement Café Room: stanze dove ragazzi e ragazze stranieri imparano a usare la musica come strumento potentissimo di condivisione e integrazione. Se a Roma la Basement Café Room è dedicata alla produzione di podcast, a Torino è una sala di registrazione insonorizzata dotata di tutta l’attrezzatura necessaria dove i giovani, sotto la guida di esperti, possono registrare le proprie canzoni e partecipare a laboratori di libera espressione musicale, svolti in collaborazione con l’associazione Large Motive, che hanno l’obiettivo di elaborare il proprio vissuto e fare emergere aspirazioni, paure, passioni e talenti.
La bellezza di questi ragazzi
Momo, egiziano, quando è arrivato qui non parlava con nessuno. «Poi ho sentito dei ragazzi che cantavano un ritornello rap e ho iniziato a ballare, come mi veniva» racconta mentre improvvisa dei passi. «E chi era lì mi ha detto che ero bravo». Nessuno glielo aveva mai detto. Da quel momento Momo ha avuto il coraggio di coltivare la passione per la danza che, come la musica, è un linguaggio universale, capace di abbattere muri e costruire ponti. La stessa cosa che è successa a BigMama, famosa anche per i suoi magnifici corsetti: «Da ragazza mi vestivo con T-shirt 6XL, volevo nascondermi. Una sera sono andata in una discoteca gay e sotto la camicia indossavo un reggiseno fucsia. Quando ho slacciato un bottone, subito mi hanno detto: “Quanto sei bella!”. In quel momento per la prima volta mi sono sentita figa, consapevole, libera».
Quel rap che fa la differenza
Da giudizi, paure, brutti ricordi. Proprio come succede a questi giovani che, mentre sono seduti nella sala a rappare con BigMama, ridono e non pensano più al loro passato. La giornata è finita, ma prima di andarcene Omar, un ragazzo del Gambia che adora cantare il gospel, ci fa sentire la strofa che ha scritto: «La mia bellezza te la mostro. Sta nell’anima. L’empatia è quella via che mi anima» canta, sorridendo. Come non ha mai fatto prima. Una piccola, grande magia che a CivicoZero sono abituati a vedere spesso.