Sono i figli che ciascuno di noi pensa di avere, il 15enne precipitato dal tetto di un centro commerciale cercando di farsi un selfie estremo e il 14enne morto nella sua stanza dopo aver tentato una sfida di soffocamento. Di buona famiglia, pieni di amici, senza traumi o turbe psichiche. Di quelli con cui la sera a cena si chiacchiera, a televisori spenti. «Che si fa, allora?» pensiamo spauriti. Come possiamo evitare di essere i prossimi genitori straziati da questo dolore lacerante? In un libro che cito spesso, Il segreto del figlio, Massimo Recalcati ipotizza che il dialogo sia sopravvalutato. Sono andata riprenderlo e ho trovato questa frase sottolineata: «La vita di un figlio è innanzitutto una vita altra, straniera, distinta, differente, al limite, impossibile da comprendere». L’avevo segnata perché mi era parsa drammaticamente vera. Presto le mie 2 figlie avranno un mondo che io non conoscerò, una loro identità che mi sarà ignota. Ogni tanto la intercetto già. Mi ritrovo tra le mani lettere, scarabocchi, che raccontano di bambine che non abitano la mia casa, di sentimenti e atteggiamenti che non ho mai sorpreso in loro.
Cosa fare di fronte a questi sconosciuti e al viaggio in terra straniera che intraprendono senza di noi?
Innanzitutto, mi rispondo, prestare attenzione a quando dotarli di uno strumento, come lo smartphone, capace di allargare a dismisura sia i confini del mondo in cui si avventurano sia la loro solitudine nell’attraversarlo. Ne possederanno uno quando avranno imparato a convivere con la scarsa autostima, quando avranno conosciuto la labilità del soffio che ci tiene attaccati alla vita, quando avranno gli strumenti per valutare ciò che vedono. E poi? E poi non credo nel controllo. Bensì nel potere miracoloso della consulenza. Ma divenire consiglieri dei propri figli è una strada lunga. Che non è fatta di empatia, ma di riguardo per il loro mondo, per il loro mistero, di sospensione del giudizio. Più rispetteremo il loro segreto, più ci accrediteremo come adulti in grado di «dare e ascoltare la loro parola» come dice Recalcati. A quel punto, forse verranno a noi per un consiglio, forse no. Forse riusciremo a evitare le cadute, forse no. Ci sono figli che non tornano indietro dal loro viaggio di esplorazione. Ma questo non significa che abbiamo sbagliato a lasciarli partire.