Il giorno dopo l’incendio al grattacielo Torre dei Moro, che ha spaventato e tenuto col fiato sospeso per ore i cittadini di Milano e non solo, si indaga sulle cause del rogo. L’ipotesi di reato è disastro colposo. Al centro delle attenzioni c’è la normativa sulla sicurezza anti-incendio, che stabilisce quali dotazioni e materiali sono previsti negli edifici, materiali che sono utilizzati anche negli interventi di ristrutturazione coperti dall’Ecobonus al 110%.

In particolare, il dubbio riguarda la presenza o meno del cappotto termico, che potrebbe aver favorito il propagarsi, così rapido, delle fiamme, che ha ricordato un altro caso analogo: quello della Grenfell Tower di Londra, accaduto il 14 giugno 2017.

L’incendio è stato rapidissimo

«Il rivestimento esterno del palazzo è andato in fiamme in modo fin troppo rapido, in una dinamica che ha ricordato da vicino l’incendio della Grenfell Tower di Londra». A sottolineare l’analogia con quanto avvenuto quattro anni fa a Londra è stato il Sindaco di Milano, Giuseppe Sala, che sui social, il giorno dopo il rogo di via Antonini, ha aggiunto: «La Torre del Moro è stata costruita poco più di 10 anni fa e non è accettabile che un edificio così moderno si sia dimostrato del tutto vulnerabile».
Nell’incidente della capitale londinese, quando ad andare in fiamme fu un grattacielo di 24 piani, morirono 72 persone, tra le quali i due fidanzati italiani Marco Gottardi e Gloria Trevisan. A Milano, fortunatamente, non ci sono stati morti né feriti, ma ci si interroga su come sia potuto accadere che un edificio moderno abbia preso fuoco così rapidamente.

I dubbi sul materiale

«È probabile che la facciata fosse fatta di materiale molto combustile» ha spiegato all’Ansa il comandante dei vigili del fuoco di Milano, Giuliano Santagata. Secondo quanto emerso finora, infatti, i residenti avrebbero avuto rassicurazioni che l’edificio fosse stato realizzato con materiali ignifughi. Il problema, però, potrebbe essere legato al cappotto termico utilizzato per il rivestimento. Sarà la Procura a stabilire quanto accaduto, ma gli esperti avanzano alcune prudenti ipotesi: «Nel 30% degli incendi le causa sono di origine elettrica, ma mi ha sorpreso la rapidità con cui si sono propagate le fiamme, soprattutto se partite dai piani alti. Una possibilità è che il rogo sia iniziato lì, per poi propagarsi all’esterno, tramite materiale più facilmente combustibile, fino ai piani bassi e da qui si sia diffuso nei locali interni» spiega l’ingegner Marco Terzitta, esperto di prevenzione incendi e sicurezza.

Colpa del cappotto termico?

Alla «Torre dei Moro», 20 piani e 30 inquilini presenti su 70 (tra i quali il cantante Mahmood), le fiamme sarebbero divampate ai piani superiori per poi estendersi anche a quelli inferiori, in appena 30 minuti, interessando l’intero edificio, che ora è a rischio crollo. Sotto la lente ci sono i materiali utilizzati, soprattutto per il rivestimento esterno: il classico cappotto termico, che deve essere realizzato con materiale “classificato”, come è chiamato in gergo, ossia che rientra nelle classificazioni europee per tipologia. Ma la normativa si limita a «raccomandare» l’uso di questi materiali, senza alcun obbligo, quando gli edifici sono di nuova costruzione oppure esistenti, ma sottoposti a ristrutturazione successiva alla data di maggio 2019 . Altro vincolo: nel caso in cui questi interventi di ristrutturazione abbiano interessato tutta la facciata o almeno il 50%).

«Purtroppo non è così semplice, il discorso è complesso» spiega il portavoce del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, Luca Cari, che si trova sul posto a Milano. «In realtà la normativa fa riferimento a linee guida emanate nel 2013, anche se da tempo si prevede di renderle obbligatorie. Si stima che ciò avverrà a breve, a prescindere da quanto accaduto a Milano» precisa l’ingegner Terzitta. Sempre l’esperto chiarisce che però, quando le linee guida parlano di uso di materiali ignifughi non si intendono quelli che non prendono fuoco in assoluto, come ferro, marmo, gres, ecc. (e che sono definiti incombustibili), bensì altri che possono bruciare ugualmente, ma lo fanno in maniera ritardata o più lenta».

Cos’è il cappotto termico e cosa dice la legge

Il cappotto termico serve a migliorare la coibentazione dell’edificio e dunque anche a ridurre il consumo energetico. In base a una recente normativa antincendio (in vigore dal 6 maggio 2019) sono previste una serie di misure per ostacolare la propagazione di un eventuale incendio attraverso la facciata. Si tratta di aggiornamenti, che recepiscono il Dm del 25 gennaio 2019, con il quale sono state integrate le norme tecniche antincendio degli edifici di civile abitazione, che risalivano al 1987.

Ad esempio, la legge attuale impone norme specifiche per scongiurare il rischio che, in caso di incendio, parti della facciata possano cadere e compromettere la sicurezza dei soccorritori, per esempio indicando precise distanze e modalità di posa. Particolare attenzione è poi riservata alla conformazione della facciata e ai materiali utilizzati, che devono avere specifici requisiti: nello specifico devono essere almeno di classe 1 o di classe B-s3-d0, secondo il sistema di classificazione europeo.

Ma il cappotto termico, coperto anche dall’Ecobonus, può rappresentare una fonte di rischio incendi?

Cosa c’entra l’Ecobonus

Il caso del grattacielo di Milano ha riportato le attenzioni sull’Ecobonus edilizio perché proprio il cappotto termico è tra i tre interventi previsti nell’incentivo del 110% sui lavori di ristrutturazione e miglioramento energetico. «Le norme ci sono e il modo perché il cappotto termico sia sicuro esiste. Consiste nel rispetto di quanto previsto nelle linee guida dei Vigili del Fuoco, nell’utilizzo dei materiali idonei e nella loro corretta installazione. Come anticipato, a breve le linee guida assumeranno carattere di obbligatorietà per tutte le attività soggette al controllo dei Vigili del Fuoco» conclude l’esperto di prevenzione.