Il distanziamento sociale è una condizione che ci accompagnerà a lungo. Conviverci potrebbe suscitare una condizione mentale negativa di cui è importante accorgersi e a cui bisogna cercare di reagire. Cerchiamo di capire quali sono questi atteggiamenti e come possiamo gestirli al meglio.

L’indifferenza

Uomini e donne dallo sguardo distaccato, che camminano sulla propria strada incuranti degli altri e di ciò che accade intorno. Sono scene alle quali assistiamo con una certa frequenza, specie adesso, che potrebbero accentuarsi per una forma di reazione alla paura del contagio: «Siamo ancora nel bel mezzo di un percorso e le proroghe delle quarantene possono avere effetti importanti sulla stabilità emotiva delle persone. Il distanziamento sociale è qualcosa che influenzerà inevitabilmente le relazioni a partire da un prevedibile cambiamento dei comportamenti e del rapporto con l’altro»  commenta Francesco Marchianò, psicoterapeuta e formatore, specializzato in EMDR. «L’intimità è fatta anche di pacche sulle spalle e abbracci, che stanno venendo meno ed è impensabile sostituirli. In questo momento le persone con cui viviamo non sono soltanto i nostri parenti ma rappresentano simbolicamente amici e parenti distanti. Abbracciare chi ci sta vicino significa abbracciare anche chi ci sta lontano». Se il perdurare di questa situazione favorisce l’insorgere di alcune modalità di evitamento, condividere uno spirito di appartenenza può essere la giusta reazione all’impassibilità. «Il sentimento di comunità è salvifico e si può esprimere mantenendo una distanza dall’altro, perché significa rispettarlo e tutelarlo dal rischio del contagio. È, inoltre, un ottimo antidoto all’indifferenza perché consente di entrare in empatia con le esigenze delle persone che incontriamo all’esterno» sostiene l’esperto.

La diffidenza

Strettamente collegato all’indifferenza è l’istinto che ci spinge a guardare gli altri con circospezione e sospetto. Siamo esseri razionali ma, in situazioni estreme come questa, possiamo trasformarci in maniera del tutto irrazionale. Così ci discostiamo anche se solo ci sembra che una persona ci voglia vvicinare o ci irrigidiamo se qualcuno passa sul nostro lato della strada, come se questi atteggiamenti impedissero al virus di circolare: «Siamo abituati a conoscere il volto del nostro nemico e diventiamo diffidenti nel momento in cui non lo riusciamo a identificare, trattandosi di un virus invisibile» sottolinea Marchianò. Dare ascolto all’ansia che considera tutti potenziali untori è un rischio che stiamo correndo. «Anche in questo caso è importante convincersi che preservare sé stessi attraverso l’utilizzo di guanti e mascherine, è anche un modo per mettere in sicurezza l’altro» prosegue. «Potersi riconoscere nel rispetto delle regole, inoltre, scongiura un approccio troppo individualistico al problema, aiuta a contenere la paura e serve ad attribuire un nuovo significato alla realtà».

Le ossessioni

Un’altra conseguenza del distanziamento sociale potrebbe riguarda i comportamenti fobici. Ne è bersaglio più facile chi si adatta ad una carenza di stimoli e si rifugia in una condizione di sopravvivenza e vive rintanato. Tali soggetti non solo mettono a rischio la loro salute ma consolidano alcuni meccanismi subdoli e nascosti della mente umana, come le ossessioni. Ci sono persone che pur risultando negativi al coronavirus evitano completamente i contatti sociali e applicano misure igieniche eccessive. Sono gli ipocondriaci e gli individui restii ai contatti sociali. L’altra faccia della medaglia è quasi paradossale: «In certi casi l’ansia associata alle loro manifestazioni può ridursi notevolmente perché alcune condotte, come la maggiore attenzione alla pulizia e l’isolamento, ora sono considerate normali» conclude Marchianò. «Ho avuto modo di parlare con pazienti che stanno meglio perché si sentono più accolti e meno giudicati. Ciò non toglie che il contatto sociale è fondamentale al loro benessere e va coltivato il più possibile nei modi consentiti, utilizzando le piattaforme social e le videochiamate.