C’è molta apprensione tra i fedeli per le condizioni di Papa Francesco, che ha trascorso la prima notte all’ospedale Policlinico Gemelli di Roma, dopo il ricovero in seguito a un malore. Bergoglio ha lamentato alcune difficoltà respiratorie al termine dell’udienza generale del mercoledì e, una volta in ospedale per accertamenti, gli è stata riscontrata un’infezione alle vie respiratorie, escludendo invece il Covid. Di cosa si tratta e che differenza c’è con la polmonite? Come riconoscerla e curarla?
Cos’è un’infezione respiratoria
Il Pontefice è ora seguito dal Dipartimento di Scienze Cardiovascolari e Toraciche, e l’ultimo bollettino medico ha indicato una infezione respiratoria come causa del ricovero. «Per noi medici parlare di affezione o infezione respiratoria è un concetto molto vago, non è una definizione usata abitualmente perché generica: comprende tracheiti, broncopolmoniti o polmoniti, a seconda del tratto respiratorio che interessano. Per quello che si sa ufficialmente riguardo al Papa, possiamo immaginare che non si tratti di una bronchite, altrimenti non ci sarebbe stata una ospedalizzazione», spiega Massimo Andreoni, Professore Ordinario di Malattie Infettive presso l’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” e Tropicali e direttore scientifico della Simit, la Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali.
Le cause dell’infezione respiratoria: batteriche o virali
Ai fini della diagnosi è importante capire quale tratto respiratorio sia interessato: «Le infezioni respiratorie possono interessare sia le alte che le basse vie respiratorie e questa è la distinzione principale. Va detto che più riguardano le basse vie, più si può profilare un quadro di polmonite», precisa l’infettivologo. Papa Francesco, infatti, è stato sottoposto a una Tac toracica, «che ha dato esito negativo, elemento valutato con sollievo generale dall’entourage. Sono stati inoltre eseguiti gli esami utili per escludere problemi più gravi», come si legge in una nota.
«Un altro elemento importante riguarda la causa dell’infezione, che può essere batterica o virale. Abitualmente le forme batteriche sono tendenzialmente più gravi, anche se abbiamo visto come il Covid, il virus respiratorio sinciziale e l’influenza possono comunque dare luogo a polmoniti estremamente gravi», spiega Andreoni.
I sintomi: quali sono i campanelli d’allarme
«Il principale è la cosiddetta sensazione di “fame d’aria”, cioè non riuscire a respirare in maniera sufficiente. Di solito si ha quando c’è un aumento degli “atti respiratori”, quindi la frequenza con cui si respira: generalmente se ne hanno 20 al minuto, ma se diventano di più significa che il nostro polmone non riesce ad assolvere al proprio compito», spiega l’esperto, che aggiunge: «Altri sintomi possono essere febbre, tosse, presenza di più o meno catarro, e anche mal di gola e raffreddore come segni accessori».
«Possono anche presentarsi complicazioni, come nel caso della pleurite, cioè un’infiammazione a livello delle pleure, i foglietti che avvolgono i polmoni. Può verificarsi, quindi, un versamento di liquidi e questo quadro può dar luogo anche a dolore toracico», spiega Andreoni.
Come si cura l’infezione respiratoria: le terapie previste
«La cura è eziologica, significa che dipende dall’agente chiamato in causa. Se si tratta di un virus – e sono molti quelli che causano affezioni delle vie respiratorie – purtroppo abbiamo poche armi. Esistono alcuni farmaci per forme influenzali, Covid e qualcosa per il virus respiratorio sinciziale, ma in genere non ce ne sono di specifici contro i molti virus. Se, invece, le cause sono batteriche è importante isolare il germe per procedere con una cura antibiotica mirata. A queste terapie si accompagnano quelle sintomatiche, che contrastano i sintomi: si va dall’aiuto all’ossigenazione, che può essere ridotta a causa dell’infezione, ai fluidificanti previsti in alcuni casi, oppure ai broncodilatatori per lo spasmo che si può presentare. Però sono tutte terapie di contorno, tranne l’ossigeno che può essere vitale in certe circostanze, ma non specifico per la singola affezione respiratoria», chiarisce il direttore scientifico della Simit.
Che esami fare
«I primi esami da eseguire sono quelli microbiologici per isolare l’agente patogeno che è causa dell’infezione. Si fanno sia sull’espettorato (quindi il catarro) sia eventualmente, laddove sia utile procedere ulteriormente, con broncolavaggi: si fa arrivare un liquido nei polmoni per poi analizzarlo. Si possono unire anche test sierologici per verificare la presenza di anticorpi contro un eventuale microorganismo. Altrettanto importanti possono essere altri esami per valutare la gravità del quadro clinico: dalla semplice lastra alla Tac, che è il più diffuso, perché poco invasivo e comunque molto accurato e sensibile per capire l’entità dell’interessamento delle vie respiratorie. Infine, un altro esame è la broncoscopia, che si effettua infilando una sonda nelle vie respiratorie», conclude Andreoni.