Supererà abbondantemente quota 4 milioni il numero di persone messe a letto dall’influenza, a cavallo tra il 2017 e il 2018. Gli esperti prevedono che entro fine stagione si arriverà addirittura al doppio, 8 milioni di abitanti colpiti dai virus. Il totale dei casi stimati dalle autorità sanitarie italiane, da settembre al 14 gennaio, è di 3.883.000. E ancora non è finita, anche se abbiamo superato il picco epidemico massimo. Solo nella seconda settimana dell’anno 832.000 persone hanno contratto virus e malanni (13,7 contagiati ogni 1000 assistiti, un livello di incidenza “molto alto”).
I più colpiti continuano ad essere i neonati e i piccoli sotto i 5 anni (30,8 casi per 1000 assistiti), seguiti dai bambini e dai ragazzini tra i 5 e 14 anni ( 15,9 per 1000) e dai giovani-adulti (13,8 su 1000, quasi in perfetta media). Per gli anziani (7,8 casi ogni 1000 assistiti), in particolare per quelli con altre patologie, si teme un aumento dei decessi. Le morti correlate fino ad ora notificate, per tutte le fasce d’età, sono una trentina. “La circolazione del virus influenzale – sintetizzano dal Dipartimento malattie infettive dell’Istituto superiore di sanità – è molto intensa, superiore alla pandemia del 2009-10 e paragonabile unicamente alla stagione 2004-05”. Ci si aspettava sì un incremento rispetto agli anni scorsi, dopo le notizie arrivate in autunno dall’Australia, ma non di queste dimensioni.
La peggiore epidemia degli ultimi 14 anni
Walter Ricciardi, il presidente Iss, attraverso l’agenzia Ansa ha dato qualche informazione in più, spiegando il perché del boom di malati. “Non c’è dubbio che la diffusione dell’influenza quest’anno sia superiore a quanto atteso e che l’ondata epidemica in corso sia la peggiore degli ultimi 14 anni. I dati sono eclatanti. Parlano di quasi quattro milioni di contagi a metà gennaio, quindi in un momento in cui il virus ancora sta circolando. Due i motivi. Il primo è che le coperture vaccinali sono state scarse negli anziani, negli operatori sanitari e negli italiani in generale”, cioè si sono vaccinati in pochi. “In secondo luogo – sempre parole di Ricciardi – circa il 60 per cento dei vaccini somministrati era trivalente e copriva tre ceppi: due di tipo A e uno di tipo B, cioè la nuova variante dell’H1N nota come Michigan, la variante Hong Kong per l’H3N2 e il ceppo Brisbane. Il vaccino quadrivalente, che dà copertura anche contro un quarto ceppo (lo Yamagata, di tipo B), invece è stato somministrato nel 40 per cento dei casi. Questa è una lezione che deve servirci per il futuro: chi acquista i vaccini, ossia le regioni, dovrebbe farlo comprando quelli a maggior copertura e non quelli più economici”.
“Vaccinati pochissimi bambini, i diffusori del virus”
Possibile? Fabrizio Pregliasco, ricercatore e docente universitario, direttore sanitario dell’ospedale Galeazzi di Milano, evidenzia: “La diffusione più alta di casi si registra tra i bambini e tra i giovani, che sono stati vaccinati in minimissima parte e hanno inconsapevolmente fatto da ‘untori’. L’influenza 2017-2018 è più pesante del solito anche perché stanno prevalendo virus relativamente nuovi e con una maggiore capacità di diffusione, cioè lo Yamagata del ceppo B e anche il Michigan del ceppo A”.
Meglio il trivalente o il quadrivalente?
“Il ciclo di isolamento dei virus utili alla produzione dei vaccini per la stagione influenzale – racconta Pregliasco – viene fatto due volte all’anno: a febbraio per predisporre il vaccino per il nostro emisfero e a settembre per il vaccino destinato all’emisfero australe. I ceppi del virus influenzale sono due: A e B. Nel vaccino trivalente viene incluso totalmente il ceppo A nelle sue varianti. Sul ceppo B si fa una scelta dettata dall’incidenza di prevalenza. Quest’anno era stato incluso il ceppo B/Brisbane. Poi – ripete – si è avuta una prevalenza del ceppo B/Yamagata, presente nel vaccino quadrivalente con la variante B/Phuket, che quindi ha mostrato un’efficacia migliore (ma che però è stato usato di meno). Comunque – prova a rassicurare – la vaccinazione influenzale protegge a prescindere. E per la categoria anziani il vaccino trivalente, che è adiuvato e cioè potenziato, rimane la scelta elettiva, corretta: la presenza di un ingrediente aggiuntivo aumenta la risposta immunitaria, che nell’anziano è ridotta”.
Cosa è successo in Italia?
Giovanni Rezza, direttore del Dipartimento di malattie infettive dell’Istituto superiore di sanità, conferma punto per punto la ricostruzione e le affermazione di Pregliasco: “A suggerire la composizione dei vaccini è l’Organizzazione mondiale della sanità sulla base dei ceppi che si ritiene possano avere la maggiore probabilità di diffusione. Le valutazioni sono state fatte a monte, mesi prima dell’inizio della stagione influenzale, sulla base dei dati raccolti in coda a quella precedente. Il vaccino tetravalente è stato contemplato dall’Oms, ma non indicato come prevalente, né esclusivo. In linea di massima – prosegue – dare protezione per 4 ceppi dovrebbe essere meglio che per 3. Però questa logica non vale per tutti. Per gli anziani – concorda – è più adatto il vaccino trivalente potenziato. In Italia mai c’era stata una co-circolazione dei due ceppi di tipo B, il Brisbane incluso nel trivalente e lo Yamagata, escluso. Ricordo inoltre che la vaccinazione è consigliata e utilizzata per le categorie a rischio, non per l’intera popolazione e non per tutti i bambini, i soggetti che più alimentano la diffusione dei virus e meglio reagiscono alla malattia”.
Perché tanti bimbi, anche piccolissimi, malati?
Elena Bozzola è consigliere nazionale della Società italiana di pediatria e infettivologa dell’ospedale romano Bambino Gesù. “Sono ancora poche – risponde – le donne in gravidanza che si vaccinano contro l’influenza nel periodo consigliato, cioè nel secondo e nel terzo trimestre di gestazione. Se lo facessero, proteggerebbero anche i nascituri. I piccoli di pochi giorni e poche settimane – rammenta – non si possono vaccinare, pur essendo esposti alla trasmissione del virus. In questo periodo abbiamo tanti casi di bimbi contagiati dai fratellini, in famiglia. Quando fa freddo – continua la dottoressa – il rischio di diffusione dei virus si moltiplica. Le mamme tendono a tenere i figli in casa o in ambienti chiusi, spesso affollati, non salutari”.
Che cosa fare per limitare i rischi?
Che fare, allora, e soprattutto per tutelare i più piccoli? “Per vaccinarsi – dice Bozzola – non è mai troppo tardi. Provvedere ora, però, avrebbe una utilità limitata. Il periodo migliore è prima dell’inizio della stagione influenzale, a metà o fine ottobre”. Adesso, per arginare i rischi, possono servire alcuni accorgimenti pratici. Qualche esempio? ”Lavare le mani frequentemente; non scambiare ciucci e posate; provvedere a una corretta idratazione; far assumere frutta e verdura in quantità adeguate; non dimenticare di somministrare vitamine, qualora prescritte; curare il raffreddore con i lavaggi nasali; evitare il contatto con persone con sintomi influenzali; aerare frequentemente gli ambienti chiusi; non vestire troppo i bambini”. E se la febbre sale, “evitare i rimedi della nonna” e rivolgersi al pediatria di famiglia.