Pronto soccorso intasati, pediatri di famiglia sotto assedio, chiamate al 118 raddoppiate (ad esempio a Milano). L’influenza 2018-2019 ha già steso e messo a letto più di 3,6 milioni di persone, colpendo duro soprattutto i bambini. E in questi giorni – in ritardo rispetto agli anni scorsi – sta pigiando sull’acceleratore, lanciata verso la massima diffusione stagionale.
“Raggiungeremo il picco epidemico probabilmente tra questa e le prossime due settimane” spiega Pierangelo Clerici, presidente dell’ Amcli, l’associazione dei microbiologi clinici. La quarta settimana di gennaio intanto ha fatto segnare una brusca escalation dei casi, con i più piccoli in testa a una sorta di classifica del contagio. L’incidenza delle sindromi influenzali tra neonati e bimbi con meno di 4 anni – raccontano i dati raccolti e pubblicati dal’Istituto superiore di Sanità – tra il 21 e il 28 gennaio è passata da 28 a 37 casi per mille. Nella fascia di età 5-14 anni, in contemporanea, si è balzati a 18,5 malati ogni mille persone, nella fascia 15-64 anni a 10,95 e tra gli over 65 anni a 4,19 casi per mille assistiti. La media generale, invece è arrivata a 12 influenzati ogni mille assistiti. Le regioni più flagellate (ma la classifica potrebbe essere falsata dalla disomogeneità nella trasmissione dei dati) sono Trentino, Umbria, Marche, Abruzzo, Campania e Calabria.
I capricci del tempo favoriscono la diffusione del virus
In numeri assoluti, dall’inizio della sorveglianza sanitaria, le stime ufficiali parlano di 3.605.000 influenzati, 725,000 dei quali attaccati dai virus negli ultimi sette giorni presi in considerazione. L’ipotesi è che si arrivi a 5-6 milioni di malati, al di sotto del record della stagione 2017-2018. “Ma fare bilanci definitivi e confronti – frena il professor Clerici – sarebbe prematuro. Per valutazioni e paragoni bisogna aspettare quantomeno di raggiungere il picco epidemico. E c’è un fattore che potrebbe far sballare le stime: il tempo. La variabilità climatica di questo periodo, in cui si passa dalle nevicate al tepore quasi primaverile, non aiuta. Anzi, favorisce la diffusione dei virus”. “ Qualcosa, però, si può cominciare a dire. “Quest’anno – continua il presidente dell’Amcli – c’è stata una maggior risposta alle campagne vaccinali,tant’è che in alcune parti d’Italia si sono esaurite le dosi gratuite e si sono dovuti rifornire i magazzini. Le percentuali di vaccinati restano relativamente basse, però c’è un aspetto positivo: è aumentata la consapevolezza dell’importanza della prevenzione e, in particolare, nelle persone delle categorie a rischio”.
Piccoli gesti per la prevenzione
Vaccinarsi adesso non servirebbe, non alla maggioranza della popolazione. Dice sempre il professor Clerici: “Siamo fuori tempo massimo. Sconsiglio di vaccinarsi adesso alle persone senza particolari problemi. Il vaccino potrebbe invece servire ai soggetti a rischio, soprattutto se nelle loro famiglie o nei loro luoghi di lavoro virus non sono ancora arrivati”. Quello che tutti dovrebbero fare, ripete il professore, è adottare comportamenti corretti, finalizzati alla prevenzione. “Bisogna lavarsi le mani spesso e bene. I fazzoletti di carta devono essere usati una sola volta e poi gettati via, ricordandosi – insiste – di lavarsi le mani anche dopo questa operazione. Idem quando ci si serve di fazzoletti di stoffa, che non vanno tenuti in tasca una settimana, ma messi subito in lavatrice. Un’altra operazione tanto semplice quanto efficace è quella di aerare bene i locali in cui soggiornano i malati, spostandoli in un ambiente riscaldato quando si spalancano le finestre. Se si starnutisce o si tossisce, come dicevano le nostre nonne e come è necessario, meglio mettere la mano davanti alla bocca e al naso. Se si frequentano luoghi affollati, dalle palestre agli ambulatori, dai mezzi pubblici alle scuole, può servire proteggersi con una mascherina”.
“No agli antibiotici fai da te”
Capitolo farmaci. “Si possono prendere e somministrare antipiretici e prodotti non medicinali che aiutano a respirare meglio. Ma guai a usare o a dare ai bambini degli antibiotici, con il metodo ‘fai da te’. A prescriverli deve essere il medico o il pediatra”. Importante, per i più piccoli e i meno giovani, è l’anche l’idratazione. “Non va invece bene fare gli eroi e andare a lavorare: quando compaiono i sintomi, meglio stare a letto. Ci si riprende in media dopo 3 – 5 giorni di riposo”. Nella stragrande maggioranza dei casi si guarisce senza problemi. Ma possono anche insorgere complicazioni, in particolare in persone con altre malattie o in condizioni fisiche pessime.
Una quarantina i decessi correlati
“Dall’inizio della sorveglianza, cioè da ottobre 2018 – riepilogano i bollettini sanitari ufficiali – sono stati segnalati 192 casi gravi di influenza. I morti sono saliti a 39, età media 68 anni. Nel 77 per cento delle situazioni gravi e nell’82 per cento dei deceduti era presente almeno una condizione di rischio preesistente (diabete, tumori, malattie cardiovascolari, malattie respiratorie croniche, obesità, ecc.) e l’84 per cento del campione risulta non vaccinato. Quattro casi gravi si sono verificati in donne in stato di gravidanza”. I ceppi di virus più diffusi in questa tornata, conferma anche il professor Clerici, sono quelli attesi e combattuti dai vaccini.