Proprio mentre il Comitato scientifico dell’Onu sul clima (Ipcc) lancia un nuovo allarme sul riscaldamento globale, con il rischio di maggiori desertificazioni, siccità e difficoltà a reperire cibo in aree come Africa e Asia, dall’Italia arriva una notizia sorprendente: “Negli ultimi 40 anni l’atmosfera in Italia è diventata più limpida e l’aria può considerarsi ‘più pulita’. Grazie soprattutto alle norme emanate per ridurre l’inquinamento”.
A dirlo, i ricercatori del dipartimento di Scienze e politiche ambientali dell’Università degli Studi di Milano e dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isac), che hanno pubblicato uno studio sulla rivista Atmospheric Environment. Una novità non solo per il risultato finale, ma anche per il metodo utilizzato: l’analisi della qualità dell’aria in termini di visibilità (non la qualità totale dell’aria).
Aria più pulita
Per la prima volta è stata presa in considerazione una variabile come la visibilità orizzontale e, in particolare, il numero di giornate con “atmosfera limpida”, ossia con una visibilità superiore a 10 e a 20 chilometri. Tra il 1951 e il 2017 questo dato è aumentato e in alcune zone d’Italia è persino raddoppiato, come in Pianura padana: “Le nostre analisi hanno evidenziato il grande successo in Italia sul fronte della lotta all’inquinamento atmosferico. Tuttavia, non dimentichiamo che si può e si deve fare di più per completare il percorso di risanamento che i dati di visibilità in atmosfera documentano in modo così efficace” ha spiegato a Donna Moderna Maurizio Maugeri, docente di Fisica dell’atmosfera all’Università di Milano. Ma come può essere accaduto?
Il risultato delle politiche anti-inquinamento
Secondo gli studiosi, il principale motivo di questo cambiamento in positivo sta negli effetti di politiche più attente alla qualità dell’aria e alla riduzione di inquinanti in atmosfera, da quelli per il riscaldamento domestico a quelli delle automobili, sempre più ecologiche e a emissioni ridotte. In pratica, dopo gli anni del boom economico, quando la sensibilità verso il rispetto dell’ambiente e le azioni di contenimento dell’inquinamento atmosferico (e non solo) erano di gran lunga inferiori, sono seguiti anni nei quali ci si è resi conto dell’importanza della salvaguardia del pianeta, fino ad arrivare alla consapevolezza dei cambiamenti climatici prodotti dall’uomo.
Più caldo vuol dire aria più trasparente e meno nebbie
“Il risultato di questa ricerca è del tutto analogo a quello che abbiamo condotto all’università di Ferrara qualche tempo fa, partendo invece dalla quantità di nebbia, dimezzata dal 1980 a oggi. Resta da capire il nesso con l’aumento delle temperature globali: per molti climatologi la maggior trasparenza dell’aria è dovuta proprio all’incremento delle temperature (in Italia tra 1,2 e 1,5 gradi), che riduce anche le nebbie. Infatti più l’aria è calda, meno facilmente si arriva al punto di saturazione che favorisce la formazione delle nebbie” spiega Massimiliano Fazzini, climatologo all’università di Camerino.
“L’aspetto positivo è comunque il fatto che è diminuito l’inquinamento in termini di particolato anche se la Pianura Padana resta l’area più inquinata d’Europa. Una diminuzione di inquinanti significa anche meno malattie a questi connessi. Il rovescio della medaglia è che proprio gli inquinanti come le polveri sottili fanno da anti gas serra, contrastano cioè il loro arrivo sulla Terra. Se questi diminuiscono, la superficie terrestre ha un maggior soleggiamento e quindi si scalda maggiormente” aggiunge Fazzini.
Un cielo più blu
Se ancora molto resta da fare sul fronte della riduzione di inquinanti in atmosfera (per le sue implicazioni sulla salute umana) un altro effetto positivo riguarda la maggiore visibilità, utile anche al traffico aereo: “L’aumento della visibilità è un fattore importantissimo nel traffico e nelle operazioni aeree, e in particolare nelle fasi di atterraggio” spiega il Ten. Colonnello Alessandro Fuccello, capo del Servizio analisi e previsioni meteorologiche del COMET, il Centro operativo per la meteorologia dell’Aeronautica militare, dalle cui stazioni (insieme a quelle civili) sono effettuati i monitoraggi alla base anche della ricerca appena pubblicata. “Anche noi abbiamo potuto osservare una diminuzione, negli ultimi inverni, delle nebbie persistenti, quelle tipicamente invernali con una visibilità inferiore a un chilometro, e delle foschie, con visibilità superiore a un km” spiega l’esperto d’Aeronautica: “Ciò è dovuto anche all’aumento delle temperature: il vapore acqueo presente in atmosfera in particolari condizioni condensa in micro goccioline, che vanno a formare la nebbia e riducono la luce. A contribuire a una migliore visibilità è anche la diminuzione degli inquinanti e del particolato, che va a formare il cosiddetto smog. Non a caso si tratta di un termine creato da smoke e fog, che risale ai primi del ‘900, quando in Inghilterra si creava proprio lo smog per la combustione del carbone” conclude il Ten.Col. Fuccello.