Bloccare il traffico non basta più. Quando nelle grandi città i livelli di inquinamento superano i limiti di legge, al punto da mandare in tilt le centraline di rilevazione per 19 volte solo nelle prime 3 settimane dell’anno (è accaduto a Milano e Frosinone, segnalano gli ultimi dati del report Mal’aria di Legambiente), bisogna spingersi oltre. Ecco perché Virginia Raggi, sindaco di Roma, ha messo al bando nei giorni neri anche la circolazione dei veicoli diesel Euro 6, che sembravano al riparo da misure antismog. Ed ecco perché il collega milanese Beppe Sala ha lanciato l’idea di vietare persino il fumo delle sigarette alle fermate del tram. Due misure utili o, come sottolineano molti cittadini, esagerate e poco risolutive?
Il particolato fine alle pensiline e sulle banchine delle stazioni è 8 volte più alto
«Dati alla mano, noi abbiamo dimostrato come la sera, nelle zone pedonali della movida milanese dove la gente si intrattiene all’aperto a fumare, la concentrazione di inquinanti sia maggiore che nelle strade trafficate» spiega Cinzia De Marco, ricercatrice del Centro antifumo dell’Istituto nazionale dei tumori. «Lo stesso succede quando si sosta con la sigaretta in zone ristrette come portici, pensiline per l’attesa del tram, banchine della stazione, vicoli stretti: qui il black carbon, la parte più tossica del particolato fine, è 8 volte più alta».
Alcuni Paesi europei come Svezia e Ungheria hanno già emesso il divieto di fumo sia in questi ambienti sia davanti agli edifici pubblici e nei parchi, seguendo l’esempio di New York. Secondo l’Arpa Lombardia, però, le sigarette sono responsabili solo dell’1,9% del totale delle emissioni di Pm10 nella Regione. Vietarle all’aperto in alcune zone, come propone il sindaco di Milano, non è quindi la soluzione definitiva ma di sicuro ne è una parte, come conferma De Marco: «I dati dicono che se a Milano non si fumasse più all’aperto si avrebbe un miglioramento del 6% della qualità dell’aria».
Solo gli ultimi modelli di diesel Euro 6 hanno basse emissioni
Se le sigarette fanno la loro parte, resta fermo che le fonti principali delle sostanze tossiche che respiriamo sono le auto e il riscaldamento domestico (a Milano, per esempio, il traffico incide del 44% e il riscaldamento a legna del 24%). «Gli interventi urgenti come le limitazioni della circolazione servono solo a non peggiorare la situazione» spiega Silvia Brini, responsabile dell’Area per il monitoraggio della qualità dell’aria di Ispra, l’Istituto nazionale per la protezione ambientale. Si è appena visto nella Capitale: dopo 4 giorni di stop anche ai diesel Euro 6 poco è cambiato.
«Nei veicoli a benzina l’emissione di NOx, gli ossidi che contribuiscono a formare il Pm10 (le polveri sottili con un diametro inferiore a 10 micrometri che possono quindi essere respirate, ndr), è stato progressivamente ridotto» spiega Guido Lanzani, responsabile qualità dell’aria di Arpa Lombardia. «Ma per i diesel la questione è più complicata perché negli Euro 6, una volta in strada, si è visto che la quantità di emissioni è maggiore di quella dichiarata dalle case produttrici. Solo negli ultimi modelli, Euro 6d temp ed Euro 6d, in vendita da pochi mesi, queste emissioni risultano finalmente ridotte».
Alcune caldaie a pellet e a legna inquinano l’80% in più di quelle a metano
Per legge il “famoso” Pm10 non deve superare i 50 microgrammi per metro cubo al giorno e, se proprio va oltre, non deve sforare per più di 35 giorni l’anno. Ma il 14 gennaio il livello era di 90 microgrammi a Milano, 94 a Torino e oltre 100 a Padova e a Bologna. «Questo limite nel 2019 è stato superato per 72 giorni a Milano, più del doppio di quelli consentiti» spiega Lanzani di Arpa Lombardia. «Vuol dire che abbiamo ancora tanta strada ma molto è già stato fatto: nel 2005 i giorni erano 152. La strada intrapresa, dalle marmitte catalitiche alle caldaie a metano, è quindi giusta ma da implementare».
Come prevede infatti il progetto PrepAir che mette d’accordo le regioni italiane sulle azioni da attuare subito per migliorare la qualità dell’aria: sostegno della mobilità alternativa e realizzazione di zone a basse emissioni, per esempio. Il piano regionale lombardo prevede anche una serie di regole in più, come il divieto di istallare un certo tipo di caldaia a pellet o a legna (che inquinano l’80% in più di quelle a metano o gpl), di tenere il motore acceso quando si sosta in auto e il riscaldamento interno oltre i 19 gradi, di accendere il barbecue e di spargere nelle campagne i liquami zootecnici in alcuni momenti. «Tutti interventi che, secondo le previsioni, dovrebbero permetterci di poter rispettare i limiti entro il 2025» conclude Lanzani.
I NUMERI DELL’INQUINAMENTO ATMOSFERICO
30.000
le persone che in Italia muoiono ogni anno per disturbi causati dalle emissioni di particolato nell’aria.
35
il massimo di giorni all’anno in cui si può “sforare” il livello delle polveri sottili (Pm10). Nel 2019 la maglia nera è andata a Torino, che ha superato il limite per 86 giorni.
1,9%
le emissioni di Pm10 causate dal fumo di sigaretta nell’aria.
Fonti: Oms, Arpa, Legambiente.