L’idea è quella di una versione di Instagram progettata specificatamente per i minori di 13 anni, che al momento non possono accedere alla piattaforma. Come riportava lo scorso marzo BuzzFeed News, ci starebbe lavorando Mark Zuckerberg, Ceo di Facebook, e il progetto, per ora solo in cantiere ma che sembra concreto, ha incontrato sin da subito non poca opposizione. L’app per i giovanissimi sarebbe supervisionata da Adam Mosseri, che è a capo di Instagram, e guidato dal vice presidente di Facebook Pavni Diwanji, arrivato nell’azienda di Zuckerberg lo scorso dicembre.
Prima di sbarcare da Facebook, Diwanji ha lavorato per Google, dove ha supervisionato i prodotti incentrati sui bambini, in particolare YouTube Kids. L’annuncio di Zuckerberg, che è stato diffuso internamente ai soli dipendenti, era arrivato dopo che Instagram, travolto dalle continue critiche sugli abusi, la diffusione di pedo-pornografia, il bullismo e la più generale mancanza di sicurezza sull’app, aveva dichiarato il suo impegno a fare di più per proteggere gli utenti più giovani. Ma è una buona idea?
L’app ha suscitato critiche accese…
In tanti si sono fatti sentire per sottolineare le criticità di un’app strutturata come Instagram ma dedicata a un pubblico così giovane. In una dichiarazione alla BuzzFeed, Mosseri aveva specificato che l’app avrebbe permesso ai genitori di controllare l’attività dei propri figli, mentre un portavoce di Facebook aveva dichiarato alla Cnn che i giovani utenti non sarebbero stati bombardati di pubblicità (e quindi profilati) come succede nell’app degli adulti. Nonostante le rassicurazioni, però, si sono levate molte voci critiche nel dibattito sulla questione: come riporta il New York Times, una coalizione di almeno 35 associazioni, attive in tutto il mondo, che rappresentano i diritti dei bambini e dei consumatori, hanno firmato una lettera a Zuckerberg per esprimere i dubbi sulla realizzazione dell’app, così come hanno fatto alcuni membri del Congresso e, non ultimo, una lista di più di 40 procuratori americani, anche loro riuniti in un documento congiunto in cui evidenziano le problematiche del progetto.
Secondo questi critici, l’idea di Instagram di risolvere i suoi problemi di sicurezza con una nuova app dedicata solo ai giovani, semplicemente non funzionerebbe, considerando come finora la piattaforma si sia dimostrata incapace di individuare con prontezza gli utenti minorenni e di proteggerli così da bullismo e predatori sessuali. Non è così automatico, avvertono le associazioni, che i bambini di età compresa tra 10 e 12 anni che già possiedono un account Instagram passino a una “versione infantile” dell’app, ma è molto più probabile che vengano attratti in una routine infinita di “scrolling”, finendo per essere esposti a contenuti che ne minerebbero la salute mentale.
Secondo uno studio del 2017 condotto nel Regno Unito e riportato da The Cut, Instagram si classifica infatti come il peggior social quando si parla di effetti sulla salute mentale degli utenti adolescenti anche rispetto a YouTube, Twitter e Snapchat. I ricercatori hanno avvertito che l’enfasi della piattaforma sull’apparenza spinge gli utenti a «confrontarsi con una versione non realistica, patinata, filtrata e photoshoppata della realtà». Nel quadro rientrano poi il bullismo, le molestie tra gli utenti adolescenti e gli adescamenti da parte di utenti adulti, che spesso utilizzano i social per individuare le loro prede.
… e riaperto il dibattito sull’età giusta per “sbarcare” su internet
Le resistenze incontrate dalla prospettiva di una nuova app per soli ragazzi dimostrano come sia cambiato, negli ultimi anni, il dibattito sulla cosiddetta “neutralità” delle piattaforme. Se solo dieci anni fa il nostro approccio ai social era decisamente più spensierato, oggi siamo fin troppo consapevoli di come questi strumenti, che vanno di pari passo alla progressiva (e inarrestabile) digitalizzazione delle nostre vite, influiscono sui nostri comportamenti, dalle abitudini di acquisto all’orientamento politico. Introdurre i giovani al mondo digitale è probabilmente la preoccupazione maggiore dei genitori di oggi: da una parte è naturale volerli proteggere, dall’altro per la Generazione Z e quella Alpha si parla di “nativi digitali” un motivo ci sarà.
«Il concetto di identità digitale è complesso, si può spiegare agli adolescenti. Ai bambini conviene raccontare delle storie» aveva spiegato a Donna Moderna Marco Gui, sociologo dei processi culturali e comunicativi all’Università degli Studi Milano Bicocca e coordinatore del centro di ricerca Benessere Digitale. Interrogato sull’età giusta per sbarcare sui social, l’esperto ci aveva risposto così: «La normativa europea fissa a 16 anni l’età per iscriversi alle piattaforme social, ma l’Italia ha derogato e abbassato il tetto a 14. Abbiamo condotto una ricerca su 3.400 ragazzi di 16 anni per capire la relazione tra l’età di arrivo dello smartphone e la situazione di vita (performance scolastica, competenze digitali, benessere soggettivo, dipendenza dai media). Il risultato: più precoce è l’arrivo, meno positiva è la situazione di vita. Non è certo un rapporto causa-effetto, ma abbiamo indizi che il rapporto sia problematico, più che fare bene. Quindi è bene posticipare e concedere lo smartphone dopo i 14 anni. Ma per farlo, ci vuole sintonia. Ad esempio organizzando incontri con i genitori per aiutarli a prendere decisioni condivise. Così i bambini senza cellulare non rischiano di sentirsi esclusi. Saranno in buona compagnia», conclude Gui.