La vita resiste in Iran: due ragazzi si baciano in una città imprecisata, non è dato sapere quale. Un gesto illegale, come illegale è per le donne stare senza velo. Questa foto diventata virale rappresenta la rivolta delle donne e degli uomini al regime degli ayatollah che governa l’Iran dalla rivoluzione del 1979 contro lo Scià. Le notizie filtrano a malapena e i media se ne stanno occupando soprattutto nelle ultime ore perché la rivolta sta montando: 23 sono le città coinvolte, secondo l’agenzia Ansa. Pare che il regime sia in seria difficoltà e si parla già di rivoluzione.

L’uccisione della piccola Parmis

L’ultima uccisione che aveva infiammato le piazze nei giorni scorsi era stata quella di Parmis, 14 anni. Secondo quanto riportato dall’agenzia Haalvsh, sarebbe stata bastonata fino alla morte dagli agenti di polizia dopo che gli stessi, durante una perquisizione dei libri scolastici, all’interno di un suo volume avrebbero scoperto una fotografia strappata di Khomeini.

L’incendio della casa museo di Khomeini

Nelle ultime ore la rabbia contro il regime si esprime nelle piazze, strade, metropolitane e università allo slogan “Morte e Khamenei”, l’anziano leader supremo, che attribuisce agli Stati Uniti la responsabilità dei disordini. E mentre le gente grida “Zhen, Zhian, Azadi!” “Donna, vita, libertà!”, la casa natale dell’ayatollah Khomeini, il fondatore della Repubblica Islamica nel 1979, viene data alle fiamme.

L’origine della rivolta il 17 settembre

Le proteste in Iran durano ormai da due mesi – si entra già nel terzo – da quando si celebrarono il 17 settembre scorso i funerali di Mahsa Amini, la studentessa morta in carcere dalle percosse per non aver indossato bene il velo islamico. Da allora, bambine e bambini, ragazze e ragazzi, donne e uomini si ritrovano nelle piazze e nelle strade per manifestare. Il simbolo della rivolta è il velo islamico che viene bruciato, rimosso, calpestato da donne di tutte le età.

Il regime è in seria difficoltà e contrariamente alle aspettative di molti, le proteste sono proseguite quasi senza interruzioni. «C’è molta energia. La resistenza contro lo stato non finirà affatto presto», ha detto al New York Times Mani Mostofi, avvocato per i diritti umani e direttore della ong Milan.

Gli scioperi degli operai

Negli ultimi giorni i cortei e gli scontri si sono intensificati con tre giorni di scioperi. Difficile avere notizie precise su quanti lavoratori abbiano scioperato e in quali settori. Sono circolate fotografie e video del mercato principale di Teheran completamente chiuso (forse anche per timore delle violenze: è impossibile distinguere le due cose). Secondo l’ong Hengaw, gli scioperi sono stati molto diffusi soprattutto nel Kurdistan iraniano, la regione nel nord-ovest del paese da cui proveniva Mahsa Amini.

Il novembre di sangue del 2019

In questi giorni cade inoltre l’anniversario del “novembre di sangue”, cioè la terribile repressione messa in atto dal regime durante le proteste antigovernative nel 2019 contro il caro carburante, in cui furono uccise circa 1.500 persone.

Quante le persone uccise finora

Dall’inizio della rivolta di settembre, le persone uccise nel corso degli scontri sarebbero 342, secondo la ong Iran Human Rights, di cui 43 minori. Altri tre morti si segnalano il 19 novembre, secondo le stime della ong Hegaw, con sede in Svezia. Le persone arrestate e in attesa di un processo, secondo stime dell’ONU, sarebbero 14 mila. Il regime sostiene che almeno 30 tra poliziotti e altri membri delle forze dell’ordine siano stati uccisi.

Le condanne a morte

Intanto il Parlamento iraniano ha firmato due risoluzioni che condannano a morte chi compie gravi crimini contro lo stato, compresa la “corruzione morale” ma in tutto il Paese a ogni funerale di bambini, giovani e cittadini uccisi dal regime, la gente scende in strada.

La protesta dilaga in molte Regioni dell’Iran e la situazione è in rapida evoluzione.