Ricicliamo più dei tedeschi. Noi siamo al 79,3% e la media europea è ferma al 39,2. Sì, il Paese Italia è campione di economia circolare, lo certificano i dati di Symbola, la fondazione che promuove e aggrega le nostre eccellenze e che il 20 ottobre presenterà a Roma il rapporto Green Italy 2021, mappatura di “belle storie” ecosostenibili. Per esempio, quella del biodinamico (siamo il maggiore esportatore europeo) e del biologico (primi per numero di aziende certificate). Siamo stati anche i primi a sperimentare le bioplastiche e forniamo di biciclette il continente. Certo, abituati alle immagini della terra dei fuochi tutto ciò sembra strano, tanto che, secondo i dati Ipsos, solo il 13% di noi crede al primato green tricolore.

«Perché siamo più bravi a raccontarci i nostri mali, spesso senza riuscire ad affrontarli, che a vedere i nostri punti di forza» ammette Ermete Realacci, presidente di Symbola. «In realtà, in ambito green abbiamo un grande vantaggio competitivo rispetto ad altri Paesi europei: la mancanza storica di materie prime ha abituato le nostre imprese a riciclare il possibile, sostenere le carenze con l’intelligenza e fare di necessità virtù. La sostenibilità è quindi nel nostro Dna e, unita allo stile ineguagliabile del made in Italy, ci permette oggi di competere ad alti livelli sul piano dell’economia green». E questo vale per grandi e piccole aziende.

Le aziende più innovative

Grandi come l’italianissima Enel, il maggior player mondiale delle rinnovabili. O come Stefano Boeri, l’architetto del bosco verticale di Milano, esempio di edilizia green che il mondo ci copia. Piccole come le tante aziende che sono il nostro tessuto economico. «Le più innovative sono spesso guidate da giovani e donne» racconta Marco Frittella, storico giornalista Rai, autore di Italia Green, la mappa delle eccellenze italiane nell’economia verde (Rai Libri). «Dalla start up marchigiana, che ha inventato uno skate elettrico da infilare nello zaino, all’azienda delle piastrelle sottilissime che impiegano un terzo di risorse nella produzione. Fino a chi produce maglioni con lana bio e colori naturali, ricamandoci sopra il numero progressivo degli alberi piantati per ogni capo venduto. La creatività unita alle competenze è capace di fare meraviglie».

La transizione al green

Se poi anche la congiuntura è favorevole, la transizione è davvero possibile. «Oggi le imprese che resistono meglio sul mercato sono quelle sostenibili. E lo sono grazie anche a una politica europea che finalmente ci crede e investe» continua Ermete Realacci. «Sono avvantaggiate le giovani aziende perché abituate a pensare ogni azione già in chiave green». Anche se questo comporta scelte coraggiose, come dimostra la storia di Rifò che produce abbigliamento rigenerato con cashmere e cotone riciclati nel distretto tessile di Prato. «Quando la nostra produzione è aumentata ci siamo posti il problema di come continuare, con grossi numeri, a essere sostenibili» spiega Eleonora Marini del team Rifò. «Abbiamo deciso di produrre su ordinazione per consumare solo le risorse necessarie. Vuol dire che il cliente deve aspettare, un bel rischio nell’era del fast fashion. Per fortuna la nicchia di persone sensibili ai temi green sta crescendo: nel 2020 abbiamo raddoppiato il fatturato del 2019 e adesso puntiamo a triplicarlo».

La rete di sostegno per le imprese green

Oltre agli incentivi europei, c’è anche una rete di sostegno per le imprese green. «Molte start up nascono da spin off universitari, vuol dire che il collegamento tra ricerca e mercato è forte» spiega Frittella. Rifò per esempio è cresciuta dentro Nana Bianca, incubatore fiorentino. Qui ha acquisito le competenze mancanti, trovato investitori e buone pratiche alle quali ispirarsi. «Grazie al concorso europeo Re-Imagine Fashion ci siamo confrontati con tante giovani realtà europee che si occupano di sostenibilità nel tessile» racconta Eleonora.

Gli ostacoli e la lentezza legislativa

Certo, non è sempre tutto facile. Il contesto a volte può fare anche da ostacolo. «Si parla tanto di rinnovabili ma poi, al momento di impiantare pale eoliche è una levata di scudi» dice Frittella. «Le comunità, spesso poco o male informate, mettono i bastoni tra le ruote ». E poi, un grande classico, la burocrazia. O meglio, la lentezza legislativa. «Un’azienda di Pescara ha inventato un metodo geniale per riciclare i pannolini, uno dei prodotti più difficili da smaltire, per ricavarne le pregiate materie prime. Ha dovuto affrontare otto anni di contenzioso per avere il permesso di commercializzare questa “materia seconda”, cioè non nuova ma recuperata. Con gli stranieri che continuavano a dire ai pescaresi: venite da noi, vi diamo il permesso in 15 giorni. Ma loro no, volevano restare in Italia». Perché insieme al riciclo e allo stile, nel dna abbiamo per fortuna anche una buona dose di testardaggine.