«Oggi non c’è nessun nuovo caso di coronavirus in Nuova Zelanda», così la prima ministra Jacinda Ardern ha annunciato ai suoi concittadini che il Paese avrebbe allentato le misure di distanziamento sociale prese per fronteggiare l’emergenza sanitaria. «Abbiamo testato più di 40.000 persone negli ultimi 17 giorni e nessuno è risultato positivo. Non ci sono più pazienti ricoverati per Covid-19 da 12 giorni nei nostri ospedali e sono passati 40 giorni dall’ultimo caso sul nostro territorio e 22 giorni da quando l’ultima persona contagiata ha finito il suo periodo di quarantena», ha spiegato Ardem, che alla domanda di una giornalista su come si sia sentita quando le è stato riferito che la Nuova Zelanda era libera dal virus, ha risposto con un sorriso: «Ho fatto un piccolo balletto!».
Un’efficace strategia antivirus
La Nuova Zelanda è tra i Paesi nel mondo che più ha ricevuto elogi per il modo in cui ha gestito l’emergenza sanitaria, guadagnandosi anche l’approvazione dell’Organizzazione mondiale della sanità per l’approccio rigoroso e cauto con cui la prima ministra si è mossa. Lo scorso 25 marzo Ardern ha ufficialmente annunciato il lockdown del Paese per quattro settimane: scuole e negozi non essenziali sono stati chiusi e ai cittadini è stato richiesto di rimanere a casa per la maggior parte del tempo. A fine aprile il Paese è passato al terzo livello, consentendo la riapertura dei negozi di alimentari da asporto e alcune attività non essenziali. A metà maggio, poi, si è passati al secondo livello, via via che i casi continuavano a diminuire.
Il passaggio al primo livello è arrivato in anticipo: il governo aveva infatti inizialmente stabilito il 22 giugno come data della riapertura totale, ma è stata anticipata dopo che non sono stati segnalati nuovi casi per 17 giorni. Dalla mezzanotte di lunedì 8 giugno, le regole di distanziamento sociale e i limiti sul numero di persone che possono incontrarsi in pubblico non saranno più valide, riapriranno le scuole e i negozi e quei settori dell’economia ancora bloccati potranno ripartire: «I cittadini della Nuova Zelanda potranno vivere in un Paese in cui la vita è quanto più normale possibile mentre siamo ancora nel bel mezzo di una pandemia globale», ha detto Ardern aggiungendo, «Siamo un team di 5 milioni di persone».
Una leader dai molti traguardi
Non è la prima volta, da quando è stata eletta, che Ardern viene lodata a livello internazionale per la sua leadership. Classe 1980, ricopre il ruolo di premier dal 23 settembre 2017 ed è leader del Partito laburista della Nuova Zelanda. Al momento del suo insediamento, il 26 ottobre 2017, aveva 37 anni ed era pertanto la più giovane donna a capo di un governo al mondo, titolo che nel dicembre del 2019 è andato alla 34enne prima ministra finlandese Sanna Marin. Nel gennaio del 2018 aveva annunciato con un video su Facebook di essere incinta della sua prima figlia e a chi le chiedeva come avrebbe conciliato i due ruoli, quello pubblico e quello privato, diede una risposta memorabile: «Non sono malata, sono solo incinta. Come chiunque altra che ha avuto una gravidanza prima di me, andrò avanti e basta». Ha partorito a giugno del 2018, diventando così il secondo capo di governo, nella storia, a portare avanti una gravidanza e a partorire mentre era in carica: prima di lei lo aveva fatto solo Benazir Bhutto nel 1990, durante il suo primo mandato da prima ministra del Pakistan. Il suo congedo di maternità è durato sei settimane, quindi è tornata al lavoro, dichiarandosi molto fortunata per il supporto di cui aveva potuto godere.
A settembre del 2018 le sue foto con la figlia Neve Te Aroha all’Assemblea generale delle Nazioni Unite hanno fatto il giro del mondo: durante il suo discorso la piccola era in braccio al compagno Clarke Gayford. Era la prima volta che un leader politico partecipava a un congresso Onu con un figlio così piccolo. In questi anni di governo, Ardern si è impegnata per depenalizzare l’aborto nel suo Paese, andando incontro all’ostilità del suo parlamento, e si è distinta per come ha gestito l’attentato di Christchurch del 15 marzo 2019, quando il terrorista di estrema destra Brenton Harrison Tarrant è entrato armato in due moschee e ha ucciso 50 persone che erano lì riunite per pregare. Nel suo emozionante discorso subito dopo l’attentato, Ardern si è rifiutata di pronunciare il nome del terrorista, motivando così la sua decisione: «Da questo atto di terrore voleva ricavare molte cose, fra cui la notorietà: per questo non mi sentirete mai pronunciare il suo nome». Ha quindi poi presentato una legge per bannare le armi semiautomatiche. Nel novembre del 2019, il suo governo ha approvato una legge con cui il Paese si impegna ad azzerare le emissioni nette di anidride carbonica entro il 2050.