“Cari genitori, fate in modo che i vostri figli non vengano più a scuola con i jeans sbrindellati “. Con una lettera destinata a far discutere, e a dividere, il preside del liceo scientifico Roiti di Ferrara torna a bacchettare le mamme e i papà dei suoi studenti, “rei” di permettere che i ragazzi arrivino a lezione vestiti “come accattoni o spaventapasseri”, “reduci da un disastro aereo o da un incontro ravvicinato con una bestia feroce”.

Appello ai genitori
Non solo. Il dirigente della scuola chiede agli adulti, bypassando gli allievi, di attivarsi e in modo incisivo. Scrive il preside ai genitori: “Basterebbe che la maggior parte di Voi (pretendere l’unanimità sarebbe utopico) esercitasse il legittimo diritto di vietare tale pratica per ridimensionare il fenomeno, oggi decisamente fuori controllo. Non potete consentire loro di venire a scuola, luogo di formazione di crescita, abbigliati con pantaloni che fino a un paio di anni fa vi sareste rifiutati di conferire ai cassonetti della Caritas, tanto sono laceri. Non chiedo cravatte e tailleur – precisa il responsabile del liceo  – ma abiti “normali”, senza rotule sporgenti o pantaloni squarciati”.

La città dalla parte del preside
Parole sante o richieste eccessive? Un intervento lecito o un’intromissione? Il sondaggio estemporaneo promosso dal quotidiano La Nuova Ferrara certifica che nella cittadina l’opinione pubblica sta dalla parte del preside. L’86 per cento dei votanti è con il professore a capo del liceo, il 14 per cento gli volta le spalle. Anche gli studenti hanno posizioni differenti: “Il preside fa bene a insegnarci a stare al mondo”, “Ha ragione, ma ci vestiamo come vogliamo”.

Il look conta, ma il dialogo è più importante
Ma com’è la questione, vista da fuori, con gli occhi di un esperto? Prova a rispondere Matteo Lancini, docente di Psicologia all’università Bicocca di Milano e presidente della fondazione Minotauro. “Il preside sottolinea giustamente l’aspetto esagerato del look dei ragazzi. Se però si pensa che rimettendo a posto l’abbigliamento si sistemi tutto, ci si sbaglia. Bisogna partire dalle mise degli studenti per discutere il valore e la funzione della scuola. Mi auguro che alla missiva facciano seguito incontri tra preside, docente, genitori”. Secondo l’esperto, “dalla lettera trasuda il conflitto tra scuola e famiglia. Sembra che i genitori siano colpevoli, che non sappiano educare i figli. Alcune famiglie probabilmente riterranno il dirigente scolastico una persona legata a vecchi modelli educativi e che non si adatta al cambiamento. Ma insistere a cercare di chi sia la colpa – se una colpa c’è – non aiuta le figure adulte a governare le trasformazioni in atto”.

Non ci sono vinti né vincitori
E c’è un pericolo. “Il rischio, anche per questa faccenda dei jeans sbrindellati, è che ci si limiti alla contrapposizione. Devono invece diventare spunto -insiste Lancini – per porre attenzione all’educazione. È positiva qualsiasi occasione, abbigliamento compreso, per la quale famiglia e scuola provino a costruire un’alleanza, un patto educativo. Rispetto al look c’è il potere orientativo dei coetanei. E c’è il potere del marketing, che da anni si rivolge agli adolescenti come decisori degli acquisti. Per questo scuola e famiglia hanno un peso importantissimo”.