Che il cosiddetto “cibo spazzatura” non faccia bene lo si sapeva, ma quanto scoperto da alcuni ricercatori tedeschi va oltre le aspettative. Un team dell’università di Berlino, infatti, ha condotto uno studio dal quale emerge che il junk food scatena nell’organismo una reazione paragonabile a quella di una infezione batterica. La ricerca è stata realizzata su un campione di topi, che hanno una forte somiglianza genetica con l’uomo. Ciò che ha scoperto Anne Christ, ricercatrice presso l’Università di Berlino in Germania, è che gli animali, sottoposti per 30 giorni a una dieta paragonabile a quella di un fast food – quindi ricca di grassi saturi, zuccheri e sale, ma povera di fibre, frutta e verdura – sviluppavano una reazione analoga a quella che si manifesta quando il sistema immunitario si trova ad affrontare uno stato infiammatorio.
L’alimentazione, pressoché priva di vegetali, aveva portato a una produzione elevata di granulociti e monociti, cioè proprio le cellule che normalmente sono “liberate” dall’organismo quando deve combattere un’infezione batterica.
Il cibo spazzatura fa infiammare l’intestino
«Il lavoro, seppure condotto sui topi e non sull’uomo, ha sottolineato il peso dell’alimentazione e, nello specifico, ha verificato come alcuni cibi provocano uno stato pro-infiammatorio, cioè che predispone l’organismo a reagire come di fronte a una malattia. È una conferma importante, dal momento che sappiamo che le infiammazioni sono alla base di molte patologie, comprese obesità e soprappeso spesso legate al consumo di cibo spazzatura» spiega la dottoressa Michela Barichella, responsabile dell’Unità operativa di Nutrizione clinica della ASST Gaetano Pini – CTO di Milano.
Ma perché il sistema immunitario reagisce a patatine fritte, hamburger super farciti, altri alimenti dolci e salati come se fosse “sotto attacco”? «È plausibile che il motivo stia nell’alterazione del microbioma intestinale, anche se nello studio non si è proseguiti con la sua analisi accurata. Va ricordato, infatti, che nel nostro intestino ci sono molti microorganismi, compresi batteri “cattivi” che, se troppo numerosi, possono diventare patogeni, ossia proprio fonte di malattie» spiega l’esperta nutrizionista. «Può accadere, quindi, che la presenza eccessiva di batteri “cattivi” sia riconosciuta come una malattia dal sistema immunitario, che reagisce producendo granulociti e monociti. Al contrario, se si segue una dieta equilibrata, che prevede anche un consumo di quantità sufficienti di sostanze ricche di fibre, vitamine, sali minerali e antiossidanti, si ottiene l’effetto di combattere i radicali liberi, che sono causa di infiammazioni e migliorano il funzionamento del sistema immunitario» spiega Barichella.
Con il detox l’infiammazione scompare
Lo studio tedesco ha previsto anche una fase “detox”, sottoponendo gli animali a una dieta di 30 giorni che prevedeva vegetali e cereali, dunque un’alimentazione per loro equilibrata. Al termine di questo periodo i segni di infiammazione erano scomparsi e con essi la reazione dell’organismo, con un ritorno a valori normali dei granulociti e dei monociti. «È un dato incoraggiante, perché mostra il peso dell’alimentazione sulle condizioni di salute, anche se vanno tenuti presente due aspetti. Il primo è che si tratta pur sempre di una ricerca condotta sui topi, il secondo ha invece a che vedere con il fattore compliance: è più semplice imporre a questi animali una dieta disintossicante e rigorosa per 30 giorni, mentre sappiamo che per una persona il percorso è più difficile – spiega Barichella – Ma non solo: nell’uomo entrano in gioco anche altri fattori, come la genetica. In altre parole, noi possiamo modificare l’alimentazione e in alcuni casi è necessario farlo per curare alcune patologie, ma è anche possibile che una stessa dieta dia risultati diversi a seconda dei soggetti dai quali è seguita. Ci sono anche studi che mettono in relazione le caratteristiche del microbioma di una persona con il tipo di parto, se naturale o cesareo, e di allattamento, se al seno o artificiale».
Il rischio di rimanere “sensibilizzati”
A preoccupare i ricercatori tedeschi è anche un altro elemento. Lo studio mostra come una dieta scorretta, come quella da fast food, ha l’effetto di attivare il sistema immunitario nella produzione di quelle cellule (come appunto granulociti e monociti) che, oltre ad attivare nell’immediato una risposta immunitaria, mantengono una sorta di “memoria” in grado di risvegliarsi in caso di attacchi da parte di batteri. Questo è un bene quando esiste un reale problema di infiammazione di origine batterica, ma può dare luogo anche una sorta di “sensibilizzazione” quando si torna a mangiare cibo spazzatura. Significa che l’organismo rimane pronto a reagire al junk food, anche se assunto in quantità modeste.
La dieta equilibrata deve essere costante nel tempo
«È chiaro che una dieta antinfiammatoria porta sicuramente un beneficio immediato, ma dovrebbe essere mantenuta nel tempo, esattamente come per altre terapie seguite in caso di malattia, come per esempio l’ipertensione. Nel momento in cui si smette e si torna a un’alimentazione scorretta e squilibrata, ecco che il rischio che torni la forma patologica è concreto – spiega la nutrizionista – Questo non significa che la dieta non serva, anzi: contribuisce a evitare di arrivare a quello stato infiammatorio alla base di malattie come l’obesità e il sovrappeso, che sono associate a uno stato infiammatorio delle cellule adipose. Il consiglio, quindi, è quello di cercare di avere un’alimentazione che non escluda fibre, vitamine, antiossidanti, che sono tutti presenti nella dieta mediterranea, limitando soprattutto i grassi – specie di origine animale – e l’eccesso di zuccheri, che spesso nella quotidianità derivano dalle bevande oltreché dai dolci» conclude l’esperta.