Da quando, complici i social, le espressioni “chiedere l’amicizia” e “dare l’amicizia” hanno cambiato significato e modalità, l’illusione di avere più amici di quanti ce ne si possa permettere è molto diffusa. L’Oxford University, esplorando la cerchia sociale degli esseri umani, ha stabilito che nella realtà – l’unica che dovrebbe contare – gli amici veri non possono essere superiori al numero di 5. Le relazioni che il cervello umano è capace di accogliere sono 150, di cui 5 davvero accurate, 15 più prossime e 50 con un legame meno profondo. I restanti 80 sono elementi che gravitano, e spesso gravano, intorno. Il numero di comparse e figuranti nel palcoscenico del nostro mondo affettivo sembra altissimo, ma nella pratica sono persone di cui apprendiamo evoluzioni personali non tanto da una conversazione quanto da una bacheca sui social, e di cui non sappiamo in realtà nulla.
Vi immagino già a fare l’inventario emotivo di chi siano queste 5 figure nella vostra vita. Per rientrarci, bisogna che ci si senta a voce, che non ci si limiti a gattini del buongiorno, tazzine di caffè simboliche o foto condivise. Devono essere persone di cui si sa che umore hanno al mattino, se sono socievoli come Hannibal Lecter all’ora dell’aperitivo, se le puoi chiamare quando sono in ufficio (ammesso che vi siano già tornate) e se i loro figli sono allergici alle noci (per evitare di fare stragi alle feste di compleanno dei vostri, di figli). Naturalmente, nell’ultimo anno tutti i rapporti hanno vissuto degli scossoni, la distanza e l’isolamento hanno reso le amicizie più preziose che mai ma anche di più difficile accudimento. E molte di noi hanno fatto pulizia: questi mesi avranno riservato grandi conferme ed enormi delusioni, perché è vero che «anche se non ci sentiamo mai, poi quando ci incontriamo è come se ci fossimo visti il giorno prima», ma stare in contatto, parlarsi, interessarsi veramente è fondamentale in un periodo in cui a WhatsApp si affidano chiarimenti, sfoghi, rivelazioni.
Chi si ama si sente, sente il bisogno di capire come stai dalla tua voce e non da una nota audio (peraltro quelle oltre i 15 secondi andrebbero perseguite penalmente). Anche perché la domanda più banale e colloquiale della storia, «Come stai?», è spesso fatta senza troppa cura, invece è fondante. «Diciamo bene, non ci lamentiamo, passiamo alla prossima domanda, così così» non sono risposte accettabili, e chi se le sente dire deve avere la voglia, e il garbo, di andare oltre. Quindi occupiamoci delle nostre 4 amiche più care, quelle che sanno sempre dire la cosa giusta, ma anche stare zitte quando serve, quelle che non ci fanno sentire sole anche quando sola ti senti pure alla festa per lo scudetto dell’Inter, quelle che sanno fermarti, farti accelerare, ascoltarti. Come diceva una di cui non ricordo il nome, «gli amici sono parenti che vi scegliete da soli». Scegliete bene, ché quel cugino idiota non ve lo leva di torno nessuno, e manco la cognata (non parlo di me, le mie due cognate sono splendide e leggono Donna Moderna). E sulla suocera… passaparola.