Quando, durante il lockdown, abbiamo smesso di leggere libri, abbiamo scoperto di non essere multitasking. No, neppure noi donne, che abbiamo un cervello assolutamente identico a quello degli uomini, ma che amiamo raccontarci il contrario, per giustificare almeno in parte l’extra lavoro di cui ci facciamo carico. Lo ha spiegato lo psicologo Paolo Legrenzi nel libro Paura, panico, contagio (Giunti): «Il nostro cervello è programmato per fare una cosa alla volta. Sa che stiamo vivendo una pandemia e non riesce a ignorare questo elemento nemmeno quando siamo al sicuro sul divano di casa» ha spiegato a Repubblica.
Adesso abbiamo ripreso a leggere libri. O almeno questo è ciò che mi sembra di osservare nella bolla delle mie amicizie. Nel frattempo, però, siamo entrati nel pieno di quella che io chiamo la “sindrome di settembre”: ovvero l’elaborazione di liste lunghissime di cose da fare, puntualmente incompiute, che nascono dal mix micidiale del rientro al lavoro a pieno ritmo e dei buoni propositi di quello che per noi è il vero inizio anno. Il risultato? Confusione mentale, continuo saltellare inconcludente da una cosa all’altra.
Oliver Burkeman su The Guardian riflette su questo stato d’animo, che ha poco a che fare con il Covid, ma molto con la nostra contemporaneità, e fa un’osservazione sorprendente: «Questo senso di dispersione di solito è frutto dell’ansia: mi sento in colpa per tutte le cose che avrei dovuto fare e non ho fatto, perciò svolazzo da una all’altra per alleviare lo stress che ognuna di quelle in sospeso mi provoca». Non si tratta dunque solo di abolire il multitasking e concentrarsi su una cosa per volta. Ma soprattutto di gestire il senso di colpa, compagno di vita di molte di noi. Per farlo, bisogna praticare l’indulgenza, ovvero perdonarsi tutto ciò che non si riesce a fare, stabilire priorità, scegliere.
Ed eccomi alla prova di settembre, che non è quella dei buoni propositi, ma quella di sfrondarli, di scegliere cosa tenere e cosa lasciare andare. Di ridurre all’essenziale. Di accettare di non avere il super potere dell’ubiquità di pensiero, meglio detta “multitasking”. Di stilare, insomma, l’unica lista veramente necessaria: quella delle cose che non farò.