Un tempo era la menopausa a sancire l’ingresso di una donna nella terza età. Oggi si scorre da una stagione all’altra della vita quasi senza accorgersene e con tempi sempre più lunghi: si fanno i figli più tardi, si è più longeve e più sane di una volta. Non solo, molte over60 sembrano ragazze, nell’aspetto e nell’abbigliamento. Se non ci sono problemi di salute, quella che un tempo veniva definita “terza età” diventa ora una stagione della vita molto positiva. Un ampio studio della Stanford University ha dimostrato che invecchiando diventiamo emotivamente più stabili, meno stressate e tolleriamo la tristezza meglio dei giovani.
«È un momento splendido per rispolverare le cose che volevamo fare a 40 anni e che magari abbiamo trascurato per dedicarci a figli, casa e lavoro» commenta la filosofa Francesca Rigotti, classe 1951, autrice del nuovo libro De Senectute (Einaudi). «Nel sentire comune il maschio anziano è portatore di esperienza e conoscenza, mentre la donna è destinata ad accudire i nipoti. Un privilegio appagante ma che non può essere l’unico, anche perché non tiene conto dell’abilità di fare e inventare che noi donne abbiamo. Per fortuna oggi disponiamo di più strumenti per realizzarci e anche la tecnologia offre nuove opportunità. Imparare a usare app, tablet e computer è un canale per concretizzare sogni e progetti anche in tarda età e dare nuovo senso a questa fase dell’esistenza».
Nel suo libro parla di una grande capacità creativa delle donne anziane, ci spiega meglio?
«A dispetto dei codici culturali, che ci vedono inaridite, rigide e conservatrici, la voglia di amicizia, amore e scoperta persistono. Questa non va considerata un’età triste, ma un periodo di libertà per dedicarci a chi amiamo e fare nuove esperienze. Il nostro corpo vive 30 o 40 anni dopo la menopausa e in natura nulla succede per caso».
Quindi dentro di noi c’è un potenziale inespresso tutto da scoprire?
«Provare per credere. Se siamo messe nelle condizioni giuste possiamo fare cose sorprendenti. Perseguire un progetto personale o associarci a quello di chi è più giovane di noi. Le competenze acquisite nella vita sono una ricchezza che possiamo trasmettere alle nuove generazioni: aprire un blog, per esempio, ci permette di raggiungere moltissime persone. Penso davvero che esistano infiniti modi per sentirsi bene con se stesse: iniziare a viaggiare, tornare a studiare, fare volontariato. O partecipare a gruppi di discussioni sul web, ce ne sono tanti e molti interessanti».
Negli Usa la presenza in rete delle over50 ha superato quella degli adolescenti. I social quindi non sono più cosa solo da giovani?
«Familiarizzare con le nuove tecnologie non serve solo a facilitare progetti e quotidianità, ma anche a nutrire i rapporti affettivi e a tollerare la solitudine. Più invecchiamo più il contatto umano diventa importante. E una chat tiene vivi i legami a distanza».
Il cervello di una donna anziana è abbastanza veloce per il mondo digitale?
«Se qualcuno ci insegna a usare uno smartphone e a navigare su Internet ne siamo capaci eccome, non importa se siamo lente. Aver attraversato 60 anni di cambiamenti socio-culturali ci ha regalato grande elasticità: è geniale vedere con quale agilità le ultra 70enni passano dall’e-reader alla carta».
Eppure viviamo in un’era che esalta i nativi digitali e rende invisibili gli anziani: abbiamo perso il valore della saggezza e dell’esperienza?
«Un mondo meritocratico dovrebbe appartenere ai migliori, indipendentemente dall’età. Il tempo che passa non è sabbia nell’ingranaggio della vita, ci permette di assimilare sapere. Purtroppo oggi si pensa che essere giovane sia un merito, anziano una colpa. Un sentire che per la donna è amplificato da un mercato che le proibisce di invecchiare».
Su Instagram vediamo donne di una certa età rifatte, ipertruccate, volutamente eccessive come la 90enne Baddie Winkle, fashion star da 3,6 milioni di follower.
«Non mi sento di condannarle, subiamo una spinta sociale verso bellezza e giovinezza molto potente. Se una puntura di botox ci rende più serene, ben venga. A patto di non cadere nel ridicolo e tenere il fuoco sulla necessità di nutrire l’intelletto. Quando hai un’attività che ti appassiona, senti meno il bisogno di mantenere un aspetto giovanile».
Come si sfugge allora ai fantasmi della vecchiaia, come l’isolamento e la monotonia?
«Più il fisico si indebolisce più l’anima si deve tenere in allenamento. Lo diceva anche il filosofo Cicerone, di cui condivido il suo elogio dell’agricoltura. Da quando ho progettato il mio orto e zappo la terra ho scoperto un’immensa dolcezza. Ho amato accudire i miei 4 figli, ma ora che sono adulti sono felice di “crescere” zucchine. E preferisco gli ortaggi ai fiori, perché il valore di un pomodoro non si esaurisce all’apice del suo rigoglio, ma prosegue trasformandosi in qualcosa di prelibato. Come dovrebbe essere l’esistenza di una donna».
Come si scende a patti con ciò che non si è più?
«Una volta diventate anziane pensiamo che non rimanga nulla di ciò che siamo state, mentre dentro di noi vivono, stratificate, tutte le età che abbiamo avuto. Proviamo a procedere come fanno le talpe: immaginiamo di scavare nella terra alla ricerca di zolle della nostra storia, senza rimpianti o nostalgia. Portiamole alla luce, ammucchiamole in superficie e combiniamole con l’aria e la terra del presente. È allora che questa età rivelerà la sua immensa ricchezza».
Il cervello si rigenera sempre
Il nuovo studio di Maura Boldrini, docente di Neurobiologia e Psichiatria alla Columbia University, ha dimostrato che uomini e donne sani possono generare nuove cellule cerebrali a 80 anni come a 14. Prima di questa scoperta, le ricerche suggerivano che, dopo una certa età, non si potessero formare nuovi neuroni. Il problema, spiega Boldrini, è solo che negli over diminuiscono i capillari che nutrono i neuroni ed è per questo motivo che la memoria si affievolisce e si diventa meno lucidi.
Coltivare rapporti di qualità fa invecchiare meglio
Per il benessere di un anziano, è più importante coltivare legami affettivi forti, in famiglia e fuori, che fare attività fisica o tenere a bada il colesterolo. A dirlo sono gli scienziati di Harward in uno studio iniziato 80 anni fa e durato ininterrottamente fino ad oggi. L’indagine ha seguito l’intera esistenza di un campione di 268 studenti per identificare quali fattori determinano la qualità della vita. La raccolta di una moltitudine di dati sulla loro salute fisica e mentale ha suggerito che, a ogni età, amore, educazione e amicizia sono più appaganti dei soldi e dello status sociale. Mentre la solitudine uccide come fumo e alcol.