Gianluca Vacchi imprenditore, influencer e attore, ha raccontato a Domenica In della labiopalatoschisi, la malformazione congenita con cui è nata due anni fa la piccola Blu Jerusalema. «Quando me lo hanno detto stavo per perdere i sensi» ha rivelato. Ora la bimba sta bene e compare sorridente in pubblico con mamma e papà.

Labiopalatoschisi: quanti bambini colpisce

La labiopalatoschisi oggi non è un problema come in passato. Si stima che questa malformazione del volto, che si sviluppa durante la gestazione, colpisca in Italia un bambino ogni 700/800: parliamo quindi di un problema piuttosto diffuso, eppure se ne parla poco e non esiste neppure un registro nazionale.

Il Progetto Smile House

Il punto di riferimento per affrontare e curare questo problema è la Fondazione Operation Smile Italia Onlus, che nasce nel 2000 e fa parte di un’Organizzazione Internazionale che dal 1982 ha curato oltre 326mila persone nel mondo nate con questa patologia. In Italia la Fondazione è attiva dal 2011 con il Progetto Smile House che integra il Servizio Sanitario Nazionale con cure e assistenza, dalla diagnosi prenatale fino al completamento del percorso di cura, favorendo l’inserimento sociale dei bambini. Nel 2021 ricadeva il decimo anniversario di questo progetto.

In 10 anni, nelle Smile House sono stati visitati più di 31mila bambini, operati 2.022 e prestate più di 60mila consulenze. Uno sforzo enorme per un problema che non deve rappresentare più motivo di isolamento ed emarginazione, come testimoniano queste foto: tanti bambini nel mondo operati e seguiti da Operation Smile, che li ha aiutati a ritrovare il sorriso, insieme alla serenità delle loro famiglie.

Marc Ascher
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– La piccola Valesca, Nicaragua
Margherita Mirabella
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– Siham, Marocco
Margherita Mirabella
3 di 6
– Damian con la sua mamma, Bolivia
Jasmin Shah
4 di 6
– Mercy, Malawi
Jasmin Shah
5 di 6
– Bipul e Monu, India
Margherita Mirabella
6 di 6
– Fabiano, Perù

Labiopalatoschisi: cos’è?

La labiopalatoschisi è una malformazione che si può risolvere con le cure e le attenzioni giuste, soprattutto non perdendosi d’animo perché oggi i bambini con questo problema possono condurre una vita normale e riappropriarsi del loro sorriso. La dottoressa Angela Rezzonico è logopedista, responsabile del servizio logopedia all’Ospedale San Paolo di Milano (uno dei centri del Progetto Smile House) e presidente della Società Italiana di Labiopalatoschisi. A lei chiediamo di aiutarci a capire la portata di questa malformazione e come affrontarla. «La schisi può avere livelli diversi di coinvolgimento di bocca e naso. Può trattarsi solo di una fissurazione del labbro superiore oppure riguardare anche le gengive e il palato duro e molle. Il labbro può essere colpito sia da un lato che da entrambi i lati del naso, in altri casi la fissurazione può interessare solo il palato. Si tratta della mancata saldatura delle strutture che compongono labbro, naso, gengive e palato durante le prime settimane di gravidanza e può avere pertanto diverse gradazioni a seconda del coinvolgimento dei diversi distretti. Le schisi possono provocare difficoltà iniziali nell’allattamento, in seguito nell’articolazione delle parole e poi nello sviluppo mascellare e dei denti».

Quando si scopre la labiopalatoschisi?

La chiusura del labbro e del palato avviene nelle prime settimane di gestazione. «L’eventuale problema si scopre alla ventesima settimana durante l’ecografia morfologica, se realizzata con macchinari all’avanguardia e tecnici competenti ed esperti. In genere le schisi del labbro vengono individuate mentre il coinvolgimento del palato non è sempre diagnosticato in ecografia e viene pertanto visto alla nascita del bambino» spiega la dottoressa Rezzonico. «Se però i genitori o i nonni sono nati con questo problema, oppure si sospettano malattie genetiche, l’ecografia morfologica si esegue prima ed è quindi possibile scoprire anche prima la presenza di schisi».

Quali sono le cause della labiopalatoschisi?

«Le labiopalatoschisi – spiega la dottoressa – oltre alla ereditarietà piuttosto rara, possono avere cause ambientali: alcol, fumo, farmaci e infezioni virali che colpiscono la mamma nei primi mesi della gravidanza, possono essere legate anche a quadri sindromici e infine, nella maggioranza dei casi, non si riconosce una causa. Dobbiamo ricordarci che è una malattia rara».

Cosa fare dopo la diagnosi di labiopalatoschisi?

La notizia di questo tipo di malformazione può compromettere inizialmente la serenità dei genitori ma, come spiega la dottoressa, è importante che vengano accolti da personale e strutture che possano garantire informazioni e cure corrette e sicure. I futuri genitori sono messi in contatto con il personale degli ospedali in cui opera Operation Smile al momento dell’ecografia morfologica o alla nascita, se il problema non è stato riscontrato in ecografia, «Una notizia così scuote i genitori, è normale. Però, accogliendoli, spieghiamo loro che ci faremo carico delle problematiche estetiche e funzionali per il recupero non solo dell’aspetto estetico del sorriso e dei denti, ma anche degli aspetti relativi al linguaggio e, non ultimi, alla socializzazione.

Offriamo subito il colloquio con il chirurgo e gli altri specialisti, cioè la psicologa, la logopedista e l’ortodontista. Spieghiamo ai genitori il tipo di cure e il percorso che affronteranno col loro bambino, dalla chirurgia alle necessarie correzioni dei denti, alla logopedia ma soprattutto cerchiamo di non farli sentire mai soli».

Questo problema trova soluzione anche in alcuni Paesi a basso e medio reddito dove Operation Smile ha dato il suo contributo con le numerose missioni che vengono svolte ogni anno. Lì migliaia di bambini e adulti ogni anno vengono seguiti, restituendo loro un’estetica adeguata e la capacità di comunicare.

Quanti interventi chirurgici occorrono?

Nei centri di Operation Smile l’obiettivo è avere il miglior risultato col minor carico di cure possibile. Il numero di interventi varia da caso a caso. «Se si parla di labioschisi, palatoschisi o schisi monolaterali, un intervento solo è sufficiente per correggere la deformità, mentre nei casi più gravi come nelle schisi bilaterali, saranno necessari due interventi chirurgici» prosegue la dottoressa. «Può occorrere, più avanti, anche intervenire sulle gengive o fare un ritocco al naso»

Alcuni protocolli chirurgici prevedono nei bambini di pochi mesi l’uso di una placchetta ortopedica prechirurgica. Sempre la dottoressa: «Con la placchetta palatale, si favorisce l’allineamento dei monconi palatali e di labbro e naso per semplificare il compito del chirurgo; talvolta, principalmente nelle schisi bilaterali viene posizionato anche un ausilio che aiuta ad allineare e allungare la columella (la base del naso) in modo fisiologico senza bisogno di successivi interventi negli anni».

Come si nutre il bimbo con labiopalatoschisi?

Molte mamme hanno difficoltà, nei primi giorni, a capire come allattare al seno o col biberon il piccolino. I bimbi con questo problema hanno bisogno di più attenzioni ma nei centri specializzati si trovano gli specialisti dell’allattamento che aiutano la mamma. Spiega la dottoressa che «Anche nei casi di schisi complete, si aiuta la mamma a trovare la posizione giusta per allattare il piccolo usando la tettarella e il biberon adeguato. Così si risolvono le fatiche iniziali e si assicura la giusta serenità per un momento così intimo col proprio piccolo».

Quando si inizia la logopedia?

La malformazione può compromette a vari livelli la morfologia del bambino e di conseguenza la capacità di linguaggio, la crescita dentale e scheletrica. Quindi, oltre che dal chirurgo, il bambino è seguito dall’ortodontista, dal logopedista e in alcuni casi dall’otorinolaringoiatra. Spiega l’esperta: «Fino a i tre anni la logopedia diretta alla correzione delle produzioni verbali non è prevista perché occorre un livello di attenzione che i bambini a quest’età non possono dare. Si dà quindi alle mamme la possibilità di monitorare insieme lo sviluppo della comunicazione e del linguaggio, grazie all’ausilio di un questionario. Dai tre anni possiamo valutare la capacità di articolare i suoni: il bimbo viene in ospedale, registriamo la sua voce, il modo in cui produce i suoni e, una volta esaminato il materiale, si decide se e quando iniziare la logopedia. Questi controlli si eseguono a 3-5-8 e 10 anni, in base a protocolli internazionali». Inutile però, dice l’esperta, sovraccaricare le famiglie con la riabilitazione quando le strutture anatomiche non sono ancora adeguate. «La schisi molto spesso non interferisce nella produzione del linguaggio e nelle abilità di lettura o scrittura. Se però si osservano difficoltà nelle abilità verbali o nella vita sociale come conseguenza di problematiche dipendenti dalla labiopalatoschisi, si prendono decisioni differenti caso per caso per intervenire con terapie chirurgiche, ortodontiche o logopediche».

Quanto conta il fattore tempo?

In base all’esperienza maturata anche con l’attività di volontariato nei Paesi a basso reddito, dove si trovano molti adulti con questo problema, si può affermare con certezza che agire con tempestività fa la differenza. Curare chirurgicamente nei tempi corretti favorisce uno sviluppo adeguato senza il rischio che per esempio nel linguaggio, si mettano in atto meccanismi compensatori poi difficili da correggere. «Diverso è invece seguire bambini all’interno di quadri patologici complessi a cui si aggiunge la palatoschisi, ma sono casi rari» prosegue l’esperta e anche qui, seguirli da vicino in équipe specializzate, favorisce l’attivarsi delle migliori cure possibili.

Dove sono i centri specializzati nella labiopalatoschisi?

Sul territorio italiano esistono diversi centri di riferimento, Operation Smile opera con le sue équipe in tre Centri di diagnosi, chirurgia, cura, formazione e ricerca: ospedale San Paolo a Milano, San Filippo Neri a Roma e San Bortolo a Vicenza. Gli ambulatori dedicati alla diagnosi e alle cure complementari alla chirurgia sono a Cagliari (Santissima Trinità) Ancona (ospedale Torrette e Pediatrico Salesi) e Taranto (Centro ospedaliero della Marina Militare).