Ultimo aggiornamento del 9 luglio 2018:
La Francia rilancia l’allarme e i consigli: “Lavate i vestiti nuovi prima di indossarli”
“Non indossate mai vestiti nuovi, prima di averli lavati. Potreste venire a contatto con prodotti nocivi, rischiando irritazioni cutanee e allergie dovute ai tessuti”. La raccomandazione, rilanciata in Italia dall’associazione di consumatori Aduc, arriva dall’agenzia francese Anses, l’Agence nationale de sécurité sanitaire de l’alimentation, de l’environnement et du travail Francial.
“Un passaggio in lavatrice – viene ricordato – riduce i rischi”. Discorso simile per le scarpe: vanno pulite e non calzate subito dopo l’acquisto. L’ultima ricerca, condotta dall’agenzia transalpina, ha confermato dubbi e timori.
Gli esperti francesi hanno esaminato un robusto campione di capi di abbigliamento e calzature, presi in punti vendita per cui c’erano state lamentele e segnalazioni. Nei prodotti testati sono state trovate le sostanze che di solito emergono con le analisi di routine e altre ancora, solitamente non cercate. Sono stati rilevati cromo 6 e nichel. È stata accertata la presenza di nonilfenoli (prodotti di sintesi, considerati interferenti endocrini) e di formaldeide. Si è riscontrato pure l’uso di parafenilendiammina (un colorante scuro per tessuti, pellicce, domma per stivali). Per studiare gli effetti negativi sulla pelle e sulla salute, correlati alle sostanze chimiche, è stato avviato anche uno studio biomedico definito pionieristico: per novi mesi sono stati tenuti sotto controllo una trentina di adulti e il monitoraggio è stato prolungato fino a ottobre 2018.
Alla luce dei primi risultati dello studio, oltre a suggerire comportamenti individuali prudenti, l’Anses invita le autorità europee e nazionali a prendere una serie di provvedimenti a tutela di tutti. Qualche esempio? Effettuare controlli pressanti. Abbassare il limite massimo di cromo 6 ammesso negli articoli di pelletteria (sono emerse reazioni allergiche anche al di sotto della soglia tollerata per legge). Fissare un tetto limite anche per il nichel nei tessuti (mentre già c’è per giocattoli, cosmetici e gioielli).
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In data 3 febbraio 2017 avevamo scritto:
Polveri e acari. Germi, batteri, virus dell’influenza e dei disturbi gastrointestinali. Sudore altrui. Non ci si pensa, non sempre. Ma anche su vestiti nuovi di zecca e fabbricati con tutti i crismi, esposti alla polvere e provati e riprovati da altre persone, può annidarsi di tutto. E allora guai a infilarsi un paio di jeans o un cardigan subito dopo averli comprati, senza un passaggio in lavatrice. Bisogna resistere alla voglia di sfoggiare gli ultimi acquisti il più velocemente possibile e organizzarsi invece per tempo, se si ha in programma una serata speciale, un matrimonio, un party.
Lavare sempre i capi nuovi di zecca prima di indossarli
Ogni “pezzo”, prima di essere indossato, va lavato. E rilavato, se rilascia colorante. Un’attenzione particolare deve essere data a biancheria intima e costumi da bagno. Altrimenti ci si può esporre al rischio irritazioni, reazioni allergiche, dermatiti, infezioni. L’invito alla cautela, e al lavaggio preliminare, è stato rilanciato dall’igienista inglese Lisa Ackerley e diffuso da La Stampa. “I vestiti nuovi che non vengono lavati – spiega l’esperta – possono essere contaminati da batteri, funghi o prodotti chimici, a seconda di come sono fatti, esposti, conservati e trasportati”. E, ancora: “I virus del raffreddore e dell’influenza e il norovirus, responsabile di gastroenteriti virali, possono sopravvivere su tessuti e superfici fino a 48 ore. Quindi, se qualcuno ha provato un indumento mentre ha un raffreddore o l’influenza, un virus potrebbe resistere un giorno o due, diffondersi e causare una nuova infezione”.
Fare attenzione anche alle condizioni delle scarpe
Nemmeno le calzature sono immuni. «Se si acquista un paio di scarpe nuove – sempre parole di Lisa Ackerley – c’è il rischio di prendersi ad esempio il fungo che provoca il piede dell’atleta».
Nessun allarmismo, ma meglio essere prudenti
Enzo Berardesca, dermatologo di lunga esperienza e consulente dell’associazione Tessile e salute, rifugge da toni allarmistici e terroristici, ma nella sostanza concorda. Vale il principio di precauzione. La prudenza non è mai troppa. “Sui capi di abbigliamento – dice – possono restare residui chimici delle lavorazioni e coloranti. L’ideale sarebbe sapere dove e come ciascun vestito in commercio è stato fabbricato e stoccato. Ma non sempre succede. Su prodotti d’importazione, penso in particolare a quelli cinesi, a volte manca l’etichetta con la composizione. Non si conosce la filiera, non si sa che cosa ci si mette addosso. Se possibile, dunque, non si dovrebbero acquistare capi non tracciabili e privi delle indicazioni dei materiali utilizzati”.
Occhio anche alle modalità di conservazione e alla polvere
“Posto che un capo sia stato prodotto con tutte le garanzie – continua lo specialista – conta poi il luogo dove viene conservato, oltre alla modalità di trasporto. Nei magazzini e nei negozi può prendere polvere e alla polvere è allergico il dieci per cento della popolazione. Una conseguenza ipotetica, per il contatto, è la dermatite da acari”. Batteri, funghi e virus , precisa, frenando un poco rispetto alla collega inglese, “sui tessuti non resistono in eterno, però un minimo di cautela di deve sempre essere, soprattutto in alcuni periodi e nei negozi più gettonati”.
Rischi di più duranti i saldi e i picchi di influenza
“In questi giorni di saldi – rammenta il dermatologo – tutti provano tutto. Nelle boutique e nei grandi magazzini c’è un grande affollamento. E se si è in piena fase influenzale, come ora, può capitare che un cliente tossica o starnutisca mentre si misura addosso un maglione a girocollo. Non è affatto automatico che chi passa dopo di lui si pigli l’influenza. Ma lavare i nuovi acquisti – ribadisce – non costa nulla”.
Nei grandi magazzini Usa trovati anche residui di feci
Purtroppo, però, non c’è solo il virus stagionale. “Qualche anno fa – ricorda La Stampa – un gruppo di ricercatori della Division of microbiology and immunology della New York University ha condotto un’analisi su alcuni capi d’abbigliamento venduti presso tre famose catene commerciali degli Stati Uniti. Presentavano una carica batterica superiore alla media degli oggetti che si usano nella vita di tutti i giorni”. Sui vestiti ancora con la targhetta attaccata, in particolare nelle cuciture all’altezza di ascelle e natiche, “sono stati trovati batteri di ogni tipo e addirittura residui fecali”.