Laviamo i vestiti molto più di quanto effettivamente necessario. A sostenerlo è l’Agenzia per la transizione ecologica francese (ADEME) secondo la quale le magliette potrebbero essere indossate anche cinque volte prima di essere relegate al cesto della biancheria sporca. Per non parlare dei jeans, utilizzabili almeno 30 giorni. Non è immune dalle raccomandazioni dell’ADEME anche l’abbigliamento sportivo sudato, impiegabile per tre sessioni di allenamento prima di finire in lavatrice.

Vestiti, l’impatto ambientale dei lavaggi

Al di là dei consigli sulle tempistiche tra un lavaggio e l’altro raccomandate dall’Agenzia francese vale la pena fare una riflessione sull’utilizzo intensivo delle nostre lavatrici. Sappiamo bene che svuotare la cesta della biancheria sporca o riordinare quell’angolo della camera da letto pieno di vestiti ammucchiati è un gesto quasi liberatorio, ma vale anche la pena di considerare l’impatto ambientale della nostra abitudine al bucato.

Ogni anno, le lavatrici sono responsabili di circa 62 milioni di tonnellate di gas serra in tutto il mondo. In Europa, fino al 60% delle emissioni legate al bucato deriva dal riscaldamento dell’acqua. In termini più concreti, l’impronta di carbonio del lavaggio e dell’asciugatura di un carico ogni due giorni nel corso di un anno equivale a compiere una tratta aerea A/R della durata di un’ora e mezza, comprensiva di 25 chilometri di taxi da e per gli aeroporti.

I danni delle microplastiche

L’impronta di carbonio non è l’unico problema. Quando mettiamo un carico di biancheria nella lavatrice e avviamo un ciclo di lavaggio, l’attrito nel cestello fa sì che i vestiti perdano microfibre. «Alcuni tessuti, in particolare i capi in poliestere, pile e acrilico rilasciano il numero più elevato di fibre per lavaggio» spiega Sajida Gordon, docente e ricercatrice del Clothing Sustainability Research Group presso la Nottingham Trent University.

Le fibre di microplastica sono così piccole che «spesso aggirano gli impianti di trattamento delle acque reflue e finiscono nei fiumi e negli oceani, danneggiando la vita marina», afferma Gordon. «Queste microplastiche possono essere ingerite dagli organismi acquatici» e potrebbero accumularsi attraverso la catena alimentare. In sostanza, se le mangiano i pesci, lo facciamo anche noi.

Rilascio di anidride carbonica

I detersivi «hanno anche un’impronta ecologica sostanziale», secondo Gordon. Molti «contengono fosfati, tensioattivi e sbiancanti ottici, che possono portare all’eutrofizzazione dei sistemi acquatici», spiega. In semplici termini si tratta di un processo che si verifica quando in un bacino idrico aumentano i livelli di determinati nutrienti che spingono una quantità eccessiva di piante e alghe a crescere rilasciando più anidride carbonica.

signora sta facendo il bucato a casa

Si accorcia la vita dei vestiti

Gli stessi vestiti soffrono le conseguenze di lavaggi eccessivi. «I lavaggi frequenti deteriorano i tessuti, causando restringimento, formazione di pallini e danni strutturali, portando infine a una durata di vita più breve per i capi», afferma Gordon. «Questo degrado contribuisce allo spreco, poiché i vestiti diventano più rapidamente inutilizzabili e vengono scartati», contribuendo in ultima analisi al grande problema delle discariche della moda.

Abitudini consolidate

Nonostante sempre più persone siano consapevoli dei danni che le loro abitudini al bucato potrebbero causare, non sono necessariamente disposte a cambiare i propri atteggiamenti. L’anno scorso, uno studio condotto da scienziati della Chalmers University of Technology di Goteborg, in Svezia, ha scoperto che la paura di essere considerati poco igienici supera qualsiasi preoccupazione ambientale. Come ha affermato senza mezzi termini il ricercatore Erik Klint: «Il disgusto vince su tutto».

La soluzione? Usa il naso…

La grande domanda, quindi, è come possiamo ridurre i nostri lavaggi senza rinunciare alla nostra igiene personale? La stilista Lindsay Edwards consiglia un semplice test che dovrebbe impedirci di «buttare i vestiti puliti nel cesto della biancheria per abitudine»: quello dell’olfatto. «Se i tuoi vestiti hanno un odore fresco dopo averli indossati e sembrano puliti, appendili di nuovo dentro l’armadio», suggerisce.