Le pulizie domestiche? In Italia restano sempre le donne ad occuparsene. Maschi sfaccendati nelle faccende di casa: magari collaborano a preparare pranzo o cena, seguono i bambini nei compiti, caricano la lavastoviglie, ma passare l’aspirapolvere o pulire il bagno, quello proprio ancora no. C’è anche da rilevare che nel resto d’Europa questa differenza di compiti e ruoli, dentro le mura domestiche, si assottiglia e cresce la collaborazione all’interno della coppia.
Nel nostro paese invece il gap resiste: le donne che in una famiglia si occupano delle pulizie sono il 56%. La media europea è più bassa: 49%. La collaborazione fra i partner nella gestione della casa è del 19%, anche questo dato è al di sotto della media europea, che è 30%. Gli uomini che fanno le pulizie sono il 17%. Sempre meglio di Portogallo (5%) e Grecia (4%) e leggermente sopra il 16% della media europea. Il dato emerge dall’ultima ricerca della Nielsen Global Home-Care su un campione di oltre 30 mila individui in 61 paesi.
I luoghi comuni resistono
La disparità nella spartizione dei compiti domestici era stata evidenziata anche da un sondaggio di Swg per Donna Moderna 2015, dove solo 6 donne su 10, fra quelle che avevano partecipato alla rilevazione, dichiaravano la medesima corresponsabilità nella gestione delle cose di casa. Stesso dato anche per quanto riguarda la cura dei figli. Insomma, una condizione di maggiore parità rispetto a certe percentuali ‘bulgare’ del passato, fortemente condizionate da fattori culturali, ma dove i luoghi comuni – l’idea che certi lavori sono mansioni di cui debba occuparsi prevalentemente lei – ancora resistono.
Eppure dovrebbe essere il contrario
A giudicare dai dati Istat sulla disoccupazione e su quanto questo abbia inciso dentro le famiglie, ci si dovrebbe attendere un maggiore equilibrio nella gestione dei lavori domestici. Non fosse altro perché, complice la crisi economica e la perdita di molti posti di lavoro, talvolta è proprio la donna a reggere economicamente il nucleo. In 200mila famiglie italiane, tra i 25 e i 64 anni, a lavorare è la madre, mentre il padre è disoccupato e resta a casa. I dati aggiornati al 2015 ci dicono che queste situazioni sono cresciute del 4,2%, rispetto al 2014. Nel dettaglio, sono 114mila le coppie, in età da lavoro e con figli, in cui all’uomo disoccupato corrisponde la donna occupata a tempo pieno. Insomma il paradosso è questo: più uomini a casa, ma l’input alla collaborazione a mandare avanti la casa ancora fatica a scattare.
La sociologa: “Ancora molto retaggio culturale”
Ci spiega la sociologa, Chiara Saraceno: “Negli anni gli uomini hanno iniziato a collaborare di più, ma sono ancora selettivi sulle mansioni. Per esempio, si occupano maggiormente della cura dei figli, ma non dei lavori domestici. Quindi il grosso della gestione casalinga rimane in carico alle donne: perché i lavori di routine non piacciono all’uomo, oppure perché non danno una immediata gratificazione e perché sono “distruttivi” fisicamente, cioè molto pesanti. Il “Che bravo cuoco, che ottimo pranzo hai preparato”, indirizzato all’uomo suona come un’immensa gratificazione. Ma nessuno si sognerebbe di dirgli: “Wow, come hai pulito bene il salotto!”. In secondo luogo, proprio perché gli uomini non si fanno mai carico di queste mansioni, non hanno sviluppano neppure quel “senso pratico” che serve in casa: non hanno l’”occhio” che un tal lavoro deve essere fatto; è quindi sempre ancora la donna a sopperire. Il punto è questo: se l’uomo non si carica di questa responsabilità, mai svilupperà l’abilità di vedere quando, per esempio, il mobile va spolverato. Le faccende domestiche non sono inculcate nella testa della donna per natura: bisogna che anche gli uomini vengano educati alle mancanze della casa, perché si sviluppi, anche nel loro caso, un minimo di senso pratico”.