Ravenna, Lido di Dante:l’oasi naturista contesa.
Da sempre la spiaggia della Bassona è l’oasi dei nudisti italiani. Siamo in Romagna, a Lido di Dante (Ravenna), dove il Bevano si getta nell’Adriatico. L’acqua è torbida: la foce del fiume e il mare bisticciano tra loro, trascinando pietrisco e ramoscelli. E se persino la natura litiga, figuriamoci gli uomini… Infatti, in questi giorni, sulla sabbia rovente, infuria la polemica. «Vergogna! Fanno bene a mandare via i pervertiti» urla una vecchietta in via Guido Cavalcanti. Eppure, oltre la pineta, sui 2 chilometri “proibiti” del litorale, di divieti non c’è traccia (ma neanche di permessi). Un assurdo groviglio burocratico rende tutto complicato. La legge regionale prevede servizi igienici e recinzione, il Corpo Forestale non provvede perché la zona è una riserva naturale e il Comune ha le mani legate: non può vietare il naturismo, ma se lo consente non rispetta la legge. Intanto, però, i nudisti continuano a prendere il sole indisturbati, a pochi metri dai “tessili”, cioè i bagnanti in costume. «La domenica siamo in 2.000 da tutta Italia» dice Gianni Veggi, vicepresidente dell’Associazione naturista emiliano romagnola. Da Bologna, Anna Fanti, ex bibliotecaria, protesta: «C’è chi ci vuol costringere a fare le vacanze in Francia o in Croazia, meno bigotte». Il problema non sono gli habitué. «Ma gli esibizionisti e i guardoni che vengono a disturbare. Poi accusano noi di atti osceni» lamenta Stefano Zaccaro, consulente informatico milanese. «È come rinfacciare ai gioiellieri di attirare i rapinatori». Il ragionamento filerebbe anche, ma la cittadinanza si spacca in due. «I naturisti sono una risorsa preziosa per il turismo, noi li vogliamo» nota Floriano Guiducci, edicolante e portavoce di Conf-commercio. «Non possono starci, se prima non mettono le toilettes, i recinti e il bagnino di salvataggio» obietta Gualtiero Morini, presidente del Comitato dei residenti. «Finché mancano le condizioni, il sindaco metta i divieti». Tirato in ballo il primo cittadino di Ravenna, Fabrizio Matteucci, si difende: «Fino a due anni fa, ho firmato l’ordinanza di permesso ai naturisti. Se lo facessi oggi, trasgredirei le regole. Non mi resta che mettere cartelli dissuasori, ma non sarò certo io a mandare la polizia a sorvegliare». Un colpo al cerchio e uno alla botte? I villeggianti non ci stanno. Vogliono che le istituzioni prendano posizione. Senza nascondersi dietro una foglia di fico.
Forte dei Marmi:la spiaggia più cara d’Italia
Non è vera estate senza il gossip tra il Twiga e la Capannina. Forte dei Marmi (Lucca) è il top della mondanità. Sul litorale versiliese soggiorna l’élite del Paese, dai Moratti agli Agnelli. Qui sono di casa Afef con Tronchetti Provera, Michelle Hunziker e Davide Lippi. Ma quest’anno il Forte fa notizia perché, in soldoni, è la spiaggia più cara d’Italia. Si parla di 15.000 euro a stagione per le tende in prima fila. Imbarazzante, considerato che tanti italiani stringono la cinghia e risparmiano sulle ferie. Siamo andati a vedere se è tutto oro ciò che luccica. Prima tappa al Bagno Piero, il più blasonato, dove fra gli ospiti c’è Lavinia Borromeo con i figli Oceano e Leone. E noi avvistiamo la principessa Corsini, “Donna Anna”, 96 anni di aristocratica simpatia. Prezzo di una cabina con tre sdraio e uso della megapiscina? «120 euro al giorno» svela il titolare Roberto Santini. Ma le mamme sono pronte a sborsarli «perché i bambini sono felici e al sicuro e hanno persino il coach di nuoto personalizzato». Seconda puntata al Bagno Annetta, che per il tam tam è il più costoso fra i 98 stabilimenti. «Il nostro è un club. Si paga una quota annuale» dice la proprietaria, Carmela Pampaloni. Impossibile sapere a quanto ammonta, ma costretta a dichiarare una cifra, ammette: «A luglio e agosto, costa 3.000 euro al mese». Caspita! «Altrove non ci sono teli tutti uguali e siglati, toilettes pulite e sabbia setacciata 24 ore su 24» osserva una cliente affezionata, Maria Bussolati. E Graziella Polacci, presidente dell’Unione proprietari bagni, chiarisce: «In media, con 30-50 euro giornalieri a ombrello, tariffe ufficiali, garantiamo tranquillità e privacy. Ma, certo, chi vuole fare il bagno accanto ai vip è disposto a pagare di più». E per salvaguardare l’immagine di spiaggia esclusiva, il Comune fa circolare vigili in bermuda, a bordo di supertecnologiche moto 4X4, che allontanano i vucumprà. Diciamo la verità, il Forte costa «anche perché è un marchio del lusso» ironizza Giorgio Gnalducci, studente. La fidanzata Gaia Bianchini aggiunge: «Per caffè e brioche al bar spendo 10-12 euro. La colpa è dei russi, che alterano i prezzi di mercato». «Vi assicuro che, anche da noi, si possono fare vacanze low cost» ribatte il sindaco Umberto Buratti. «Un mese alla spiaggia comunale dei bambini, ai residenti, costa solo 120 euro». Già, ma come la mettiamo se poi, per una semplice pizza margherita al ristorante, paghi lo sproposito di 14 euro?
Lecce, San Cataldo:il lido senza sabbia
In dialetto pugliese si dice: Salentu: lu sule, lu mare, lu ientu. Sì, perché qui sole, mare e vento abbondano. Quella che invece scarseggia, quaggiù, è la sabbia. L’arenile di San Cataldo, la spiaggia preferita dai leccesi, è divorato dall’erosione delle onde. «In vent’anni si è ristretto di almeno 10 metri» denuncia Marcello Seclì, presidente della sezione Sud Salento di Italia Nostra. «Lo scempio è anche colpa del cemento. Tra edifici abusivi e strade asfaltate a ridosso del litorale, le dune sono scomparse». A rimetterci è l’immagine del Mezzogiorno, salita ai disonori della cronaca fino in Inghilterra, con reportage shock su The Independent e The Guardian. «Così muore la nostra economia» sbotta Giorgio Turrisi, titolare del lido omonimo. «Le presenze di turisti rispetto al 2007 sono calate del 35 per cento. A nulla sono serviti i “pennelli”, cioè i moli in pietra costruiti per arginare il fenomeno. Anzi: sulla battigia sono affiorati gli scogli, le alghe ristagnano». E i bagnanti si arrangiano: «Inutile portarsi dietro secchiello e paletta. I miei figli giocano con le pietre» sospira Pamela Altavilla, impiegata. Di parere opposto, Luciana e Mauro Della Valle, del Lido Soleluna: «I pennelli funzionano ovunque, da Miami Beach alla Spagna» osservano. «Purtroppo il progetto è bloccato a metà: il secondo passo è rimpolpare i fondali di sabbia». Il metodo è titanico: una draga (che non è un mostro mitologico, ma una grossa nave) deve aspirare, trasportare e ripompare la rena prelevata altrove. Costi? Enormi. I fondi europei ci sarebbero: 5 milioni di euro. Da spendere, tassativamente, entro il 2008, altrimenti vanno perduti. Allora perché il “ripascimento” del litorale è naufragato? «Campanilismo brindisino» polemizza il sindaco di Lecce, Paolo Perrone. «Potevamo prelevare la sabbia a 24 chilometri dalla costa, a Punta Penne (Br), a una profondità di 90 metri. Un intervento che assottiglierebbe di appena 30 cm i loro fondali. Ci hanno dato picche». Botta e risposta dal presidente della Provincia di Brindisi, Michele Errico: «Estrarre 250.000 metri cubi di sabbia, l’equivalente di 20 campi di calcio, avrebbe un impatto ambientale devastante. Il Tar di Lecce ci ha dato ragione». Soluzioni alternative? Prendere la sabbia dall’Albania: finora un nulla di fatto. E mentre il Comune di Lecce annuncia di appellarsi al Consiglio di Stato, la Regione Puglia tenta di mediare tra i due litiganti: «Con il nuovo piano regionale delle coste in mano, ci riuniremo intorno a un tavolo per decidere» assicura Guglielmo Minervini, assessore alla Trasparenza e cittadinanza attiva. La gente del posto è scettica. «I politici pensano alle beghe locali, ma il problema è alla radice» ride Andrea Mancarella, figlio del titolare del lido omonimo a San Cataldo: «Il ripascimento è solo una soluzione tampone, ma fra dieci anni, con l’innalzamento dei mari, saremo punto e a capo. E intanto la nostra spiaggia muore».