La riforma delle norme sulla legittima difesa – fortemente voluta dalla Lega, osteggiata dall’opposizione di sinistra e criticata da magistrati e giuristi – è diventata legge. Voti favorevoli 201, 38 contrari, 6 astenuti. Il Senato ha approvato il testo in via definitiva.
Le nuove regole – ritenute “da far west” per chi le contesta – entreranno in vigore dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Il campo di applicazione più discusso riguarda chi subisce un reato a domicilio (ad esempio un furto in casa o una rapina in negozio) e spara contro i ladri o i rapinatori, per difendere la propria vita o quella di un familiare o un cliente.
Il provvedimento appena varato tocca altri aspetti delicati. Abolisce la responsabilità civile di chi si difende legittimamente (nelle condizioni previste) e provoca conseguenze, estende il diritto all’assistenza legale a spese dello Stato per coloro che reagiscono, punta a velocizzare la trattazione dei procedimenti penali. Inoltre appesantisce le pene per una serie di reati e subordina la sospensione condizionale della pena, per ladri d’appartamento e scippatori, al risarcimento effettivo e completo dei danni.
“La difesa domiciliare è sempre legittima”
Le nuovi disposizioni – è il fulcro – allargano le maglie del principio di proporzionalità tra offesa (di chi compie un reato) e difesa (di chi reagisce in modo violento, per proteggersi). La difesa domiciliare, in sintesi, da ora in poi sarà considerata sempre legittima. Case e luoghi di lavoro, detta con le parole del fronte contrario alla legge, “diventeranno zone franche”. Si continuerà a investigare sui singoli casi – spiegano gli addetti ai lavori – e chi spara potrà essere indagato, per consentire accertamenti e verifiche. Ma si restringerà il margine di discrezionalità dei giudici.
Chi spara ha sempre ragione?
L’articolo 1 riconosce «sempre» la sussistenza della proporzione tra offesa e difesa – e quindi la non punibilità – quando una persona reagisce attivamente (ad esempio spara a un ladro e lo ferisce o lo uccide) “per respingere l’intrusione posta in essere con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica”, se ciò succede in casa propria o altrui, in un negozio o in un bar, in un ufficio, in una azienda e in ambienti collegati (un garage, un magazzino…). Non è necessario che un rapinatore impugni una pistola. Basta che lasci intendere di averne una addosso e in questo modo intimidisca le vittime. Oltre che per la tutela della vita, come già prevedono le “vecchie” norme, la legittima difesa è ammessa per la protezione di beni propri e altrui, “quando non vi è desistenza e vi è pericolo di aggressione”. E si fa esplicito riferimento all’utilizzo, mantenuto dalla riforma, di “un’arma legittimamente detenuta o di altro mezzo idoneo al fine di difendere”.
Non punibile chi reagisce in uno stato di “grave turbamento”
La nuova legge va a incidere anche sull’eccesso colposo di legittima difesa, il reato commesso da chi oltrepassa i limiti di autotutela lecita, per un’errata valutazione della situazione e non per la volontà di commettere un abuso. Si esclude totalmente la punibilità di chi si difende perché si trova in “stato di grave turbamento, derivante dalla situazione di pericolo in atto” oppure è in condizioni di minorata difesa (l’età avanzata, il buio…). Ma che cosa è – chiedono polemicamente le voci contro- e come si misura il “grave turbamento”? Uno stato d’ansia? La paura? La perdita della lucidità e della capacità di valutare freddamente la situazione? E quando scatta? Si vedrà.
Difesa pagata dallo Stato
Il patrocinio legale gratuito, a carico dello Stato, viene esteso alle persone nei cui confronti sono disposti l’archiviazione o il proscioglimento o il non luogo a procedere per azioni fatte in condizioni di legittima difesa o di eccesso colposo. Lo Stato potrà chiedere la restituzione delle spese qualora il beneficiato, dopo la riapertura delle indagini o la revoca del provvedimento, sia poi condannato in via definitiva.
Abolita la responsabilità civile
Per chi si difende legittimamente – e viene assolto, come era previsto anche prima della riforma – la riforma esclude la responsabilità civile per le conseguenze provocate, ad esempio le ferite causate a un ladro colpito da una pistola: il derubato che reagisce lecitamente non dovrà pagare alcun risarcimento alla controparte o ai familiari di una vittima. Nei casi di eccesso colposo conclamato, cioè riconosciuto in giudizio, al danneggiato sarà invece riconosciuto il diritto a percepire un’ indennità. L’importo verrà calcolato dal giudice tenendo conto della gravità della vicenda, delle modalità dell’azione e della condotta illegale dello stesso danneggiato.
Niente condizionale se non c’è il risarcimento
Nei casi di condanna per furto in abitazione e per scippo – altra novità – la concessione della sospensione condizionale della pena (che consente al condannato di non andare in carcere) sarà vincolata al completo risarcimento dei danni provocati al derubato.
Pene inasprite per ladri, rapinatori e intrusi
Vengono inasprite le pene per alcuni reati, cioè violazione di domicilio, furto in abitazione e scippo, rapina. Un esempio? È elevata da 6 mesi a 1 anno nel minimo e da 3 a 4 anni nel massimo la pena detentiva per il reato di violazione di domicilio ordinaria. L’aumento è previsto anche per le ipotesi aggravate (la pena ora è da 1 a 5 anni, diventerà da 2 a 6 anni). Per le rapine, altro esempio, la pena minima salirà da 4 a 5 anni.
Priorità ai processi per omicidio colposo
L’ultimo articolo della riforma, il nono, interviene sul codice di procedura penale, sempre in tema di legittima difesa ed eccesso colposo: “nella formazione dei ruoli – cioè nella predisposizione del calendario delle udienze – deve essere assicurata priorità anche ai processi relativi ai delitti di omicidio colposo e di lesioni personali colpose”. L’intento, pare di capire, è quello di evitare che gli accusati (gli sparatori) restino per anni e anni nel limbo giudiziario, in attesa che la vicenda venga definita e si chiuda.
Le critiche alla legge
Il vicepremier leghista Matteo Salvini ha dichiarato, a caldo: “Un bel giorno per gli italiani”. I parlamentari del suo partito, incassata la vittoria in aula, esultano e rilanciano. Propongono di facilitare l’acquisto di armi per la difesa personale. L’Associazione nazionale magistrati va giù dura. “La nuova legge non tutelerà i cittadini più di quanto erano già tutelati fino ad oggi – dice il presidente, Francesco Minisci -. Al contrario, introduce concetti che hanno poco a che fare con il diritto, prevede pericolosi automatismi e restringe gli spazi di valutazione dei magistrati, oltre a portare con sé grandi difficoltà di interpretazione: tutto ciò significa che tutti saranno meno garantiti.
Per non parlare dei numerosi dubbi di incostituzionalità che la nuova legge comporta”. Molto critica è anche l’Unione delle camere penali, che rappresenta gli avvocati penalisti. “È una riforma della quale non sentivamo la mancanza. Il problema – osserva il segretario, Eriberto Rosso – non è tanto quanto immediatamente accadrà nelle aule giudiziarie, ma il messaggio di una difesa privata sussidiaria all’intervento dello Stato, oltre che di un atteggiamento di sfiducia nei confronti nella valutazione del giudice”.
Pesante e preoccupato il commento di Riccardo De Vito, presidente di Magistratura democratica. Scrive sul sito della rivista Questione giustizia: “Le presunzioni di proporzionalità e di legittimità introdotte dalla riforma – sottolineate dall’avverbio sempre – hanno il dichiarato intento di sottrarre alla magistratura il giudizio di bilanciamento tra difesa e offesa e tra beni, valori e interessi in conflitto. Con un obiettivo, esplicitamente dichiarato nelle relazioni di accompagnamento e costituzionalmente impossibile: impedire la sottoposizione a giudizio di chi spara per difendersi. Come se, una volta verificata l’intrusione nell’abitazione, fosse indifferente verificare, in concreto, se l’intruso fosse effettivamente un ladro o un rapinatore, se avesse posto in essere condotte violente, se fosse in fuga o nel pieno della dinamica aggressiva, se la reazione difensiva fosse proporzionata all’entità dell’attacco e alla tipologia e gerarchia dei diritti aggrediti”.