Ogni settimana pubblichiamo le risposte di Chiara alle domande delle lettrici, sia online che sulla carta. Per scriverle, manda una mail a lapostadelcuore@mondadori.it
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Cara Chiara, dopo 9 anni dalla fine della mia ultima storia, un anno e mezzo fa ho iniziato a frequentare una nuova persona. Lui aveva già una relazione, in cui le cose non andavano, e 2 figli da un precedente matrimonio. Era innamoratissimo, presente, affettuoso, dolce e premuroso. Ha lasciato l’altra e tra noi è iniziata una convivenza meravigliosa. Dopo 5 mesi bellissimi, è andato via di casa, dicendo che il suo posto era accanto ai figli. Da quel momento la nostra vita è diventata un inferno. Lui è cambiato completamente: era sempre di cattivo umore, aveva perso la voglia di stare insieme, mi accusava di ogni cosa. Ci siamo presi una pausa, ma poi lui mi ha chiesto di continuare a vederci. Eppure l’atteggiamento era sempre lo stesso. Mi ha allontanata di nuovo, l’ho cercato ancora, ci siamo rimessi insieme. E di nuovo una crisi, un riavvicinamento, un tira-e-molla che lo vedeva ora tornare pieno di passione, ora scacciarmi con mille scuse. Finché, il 4 ottobre, l’ho lasciato definitivamente. Io sono sempre innamorata di lui e, nonostante tutto, mi manca. Ma per orgoglio non lo cerco. Che devo fare?
Anonima
Mia cara Anonima, qual è l’elemento indispensabile per una buona relazione? È la domanda della storia dell’umanità. Passione? Mi sembra che a voi non manchi. Attrazione? Sì, serve. A patto che ci sia l’elemento indispensabile: bisogna stare BENE insieme. Sembra banale, ma non lo è. Esistono relazioni appassionate in cui si sta male. E la passione rivela il suo senso etimologico: patire, soffrire. A quanto mi scrivi, il vostro tormento è questo. Vi attraete, vi piacete, ma non riuscite a vivere una vita serena. Perché succeda non so dirlo. Potrebbe essere una faccenda di chimica o di occasioni. Quello che so è che spesso storie del genere si aggrovigliano. Quindi, io credo che tu abbia preso la decisione giusta, e che non sia l’orgoglio ciò che ti spinge a non chiamarlo, ma un istinto. Il benedetto istinto (che personalmente ti invidio) di proteggersi.
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