Una nuova ricerca di OpenAI, in collaborazione con l’Università della Pennsylvania, afferma che un numero impressionante di dipendenti potrebbe vedere il proprio lavoro “influenzato” dall’ascesa di ChatGPT, il più noto tra i software di intelligenza artificiale relazionale rilasciato lo scorso novembre.

Pur sottolineando che non si tratti di previsioni certe, i ricercatori hanno scoperto che l’80% della forza lavoro statunitense potrebbe avere almeno il 10% delle proprie attività lavorative interessate dall’introduzione di ChatGPT. E il 19% di lavoratori addirittura il 50% delle proprie mansioni. Saranno inoltre le attività a reddito più elevato quelle maggiormente esposte a GPT.

“Esposizione” a GPT: che cosa comporterà?

Il documento esamina per l’appunto “l’esposizione” delle attività lavorative all’Intelligenza Artificiale. Non distingue tuttavia “tra gli effetti sul lavoro in termini di vantaggio o ricollocazione delle mansioni”.

I ricercatori hanno semplicemente definito “esposizione” come una misura del fatto che l’accesso a un sistema alimentato da un GPT ridurrebbe il tempo necessario a un essere umano per eseguire un’attività lavorativa di almeno il 50%.

Intelligenza artificiale, quali i lavori più “esposti”?

Elaborando l’esposizione a differenti occupazioni, lo studio ha rilevato 86 lavori come “completamente esposti”. Tra questi: analisti, commercialisti, matematici, redattori e autori, progettisti di interfacce web e digitali.
Ciò non significa che gli impieghi in questione saranno completamente automatizzati con GPT. Ma la tecnologia potrebbe far risparmiare ai lavoratori “una notevole quantità di tempo, completando gran parte dei loro compiti”, specificano i ricercatori.

Il Garante della Privacy blocca ChatGpt in Italia

Intanto in Italia arriva lo stop a ChatGpt da parte del Garante della Privacy. La contestazione riguarda la raccolta illecita di dati personali e l’assenza di sistemi per la verifica dell’età dei minori. Il fermo durerà fino a quando non verrà rispettata la disciplina.

ChatGPT

Il Garante ha disposto la limitazione provvisoria del trattamento dei dati degli utenti italiani nei confronti di OpenAI, società statunitense che ha sviluppato la piattaforma. L’Autorità ha contestualmente aperto un’istruttoria.

Lo scorso 20 marzo ChatGPT aveva subito una perdita di dati (data breach) riguardanti le conversazioni degli utenti e le informazioni relative al pagamento degli abbonati al servizio a pagamento.

Nel provvedimento, il Garante rileva la mancanza di una informativa agli utenti e a tutti gli interessati i cui dati vengono raccolti da OpenAI. Ma soprattutto l’assenza di una base giuridica che giustifichi la raccolta e la conservazione massiccia di dati personali, allo scopo di “addestrare” gli algoritmi sottesi al funzionamento della piattaforma.