«Ero arrivata in ritardo all’aeroporto, l’ultima tra i genitori, Alesia era lì che aspettava. Già questo dice tutto su quanto fossi impreparata. Quando mi sono avvicinata e l’ho guardata per la prima volta, le gambe mi si sono piegate per l’emozione: era bellissima, e io me ne sono innamorata follemente da subito. Anche Alesia ricorda bene quel momento, non puoi dimenticare il giorno in cui la vita ti dà una famiglia».
I capelli rossi, lo sguardo fresco e la voce da ragazzina sono gli stessi di 15 anni fa, quando per tutti noi Sarah Maestri era Alice del film rivelazione Notte prima degli esami, l’amica che tutti avremmo voluto. Ma la liceale ha lasciato il posto alla donna: «Prima o poi i riflettori si spengono e resta la vita vera» riflette. Per lei quel momento arriva nel 2012, quando conosce Alesia all’aeroporto di Fiumicino e inizia la storia che la porterà alla battaglia legale e umana per adottare da single quella bambina nata in Bielorussia. Un percorso lungo e accidentato, tanto che l’attrice e regista, oggi 41enne, ci ha scritto la tesi di laurea in Scienze della Comunicazione, che ha discusso all’università dell’Insubria a giugno e che presto diventerà un libro.
Un atto d’amore incondizionato
«Desideravo scrivere un manuale semplice per dare una mano a chi pensa all’adozione» racconta. «Ho sempre amato il diritto e la mia facoltà prevede diversi esami di legge. Nei mesi scorsi ho pensato che spiegare e comunicare in modo chiaro come funzionano affido e adozione potesse essere utile. Non solo dal punto di vista formale: in tanti considerano l’adozione come la risposta al desiderio di diventare genitori, ma sono fuori strada. Al centro va messo il minore, il suo diritto ad avere una famiglia, l’adozione e l’affido sono atti d’amore incondizionati che hanno poco a che fare con il diritto alla genitorialità».
D’altra parte lei, quel giorno a Fiumicino nemmeno ci pensava ad avere un figlio: «Avevo 30 anni, ero nel pieno della carriera e mi godevo quel sogno. E poi l’idea della maternità mi ha sempre terrorizzato, anche se sin da ragazza sono stata impegnata nel sociale, con i bambini. Avevo da poco ritrovato la fede ed ero a Medjugorie in pellegrinaggio, quando mi chiama questo amico, mi chiede se posso ospitare per qualche giorno una bimba bielorussa. Faceva parte di uno di quei gruppi di minori che dagli anni ’80 vengono a trascorrere le vacanze in Italia, per purificarsi dalle radiazioni della centrale nucleare di Chernobyl. Alesia era rimasta senza famiglia accogliente». Sarah accetta, e i “qualche giorno”, inaspettatamente, diventano 3 mesi.
La nascita di un legame forte
Con quella bimba nasce un legame forte, nonostante i suoi 8 anni e mezzo compiuti e il carico di complicazioni che porta addosso una persona che ha vissuto sempre e solo in istituto o in affido. «Alesia parlava poco l’italiano ed era arrabbiata con il mondo» ricorda Sarah. «Non aveva nessuno che la aspettasse. L’orfanotrofio in cui stava, un casolare nella steppa immerso nel nulla, era pieno di ragazzini come lei, troppo grandicelli per trovare una famiglia. Non riuscivo a separarmene, desideravo proteggerla e sembrava che fossimo destinate a stare insieme. Il giorno della sua partenza non ero in grado di alzarmi dal letto, così decisi di entrare nel programma dei “viaggi terapeutici” per poterla vedere almeno 120 giorni all’anno, farla tornare nella sua cameretta con le sue Barbie. Già desideravo diventare sua madre, ma la mia testa mi diceva che Alesia meritava di più, magari una famiglia nel suo Paese. È stata lei a scegliere me, a chiedermi di essere adottata, anche se credevamo non fosse possibile».
«Una volta l’ho ripresa perché non aveva finito un piatto di pasta. Lei mi ha abbracciata stretta stretta e mi ha detto: “Tu sei la mia mamma preferita, e io di mamme me ne intendo”»
Negli anni Sarah è volata tante volte in Bielorussia da Alesia. Ed è forse per questo attaccamento che la piccola ha iniziato a maturare il desiderio di diventare sua figlia. «Aveva avuto altre famiglie affidatarie, ma nessuno aveva fatto questo per lei. L’ho capito una volta, quando dopo una discussione – l’avevo ripresa per un piatto di pasta non mangiato – mi si è abbracciata stretta stretta e mi ha detto: “Tu sei la mia mamma preferita, e io di mamme me ne intendo”. Ancora oggi dice “mamma” in un modo viscerale».
L’adozione per i genitori single
Nel 2015 Sarah scopre che in Italia la possibilità di adottare, in casi particolari, è riconosciuta anche ai single (vedi sotto). «Mi sono fatta coraggio, e ho affrontato la trafila, sacrosanta ma dura, per ricevere il decreto di idoneità a cui si sottopone chi vuole adottare». Il documento le arriva dopo qualche mese, ma non è finita, perché nel frattempo un ente che gestisce le adozioni internazionali finisce sotto inchiesta, scoppia uno scandalo e le pratiche di centinaia di bambini restano congelate. Madre e figlia dovranno attendere altri 3 anni.
«All’inizio pensavo che Alesia meritasse di più, magari una famiglia nel suo Paese. È stata lei a scegliere me, a chiedere che la adottassi. Anche se non sapevamo ancora di poterlo fare»
«Per 10 mesi le mail inviate alla Commissione Adozioni sono tornate al mittente, perché la casella non veniva aperta. Ho fatto appelli, interviste, conferenze stampa, non sono servite a nulla. È stato un incubo, soprattutto per Alesia. Si parla sempre delle famiglie che aspettano, ma non si considera che ogni giorno perso è un giorno rubato a un bambino. Anche per questo nel 2016 ho deciso di stabilirmi per alcuni mesi nell’orfanotrofio di mia figlia. Ho tenuto corsi di recitazione ai bambini e girato il documentario Il mondo fuori da qua, dove loro si raccontano. Solo quando senti dire da una di loro che l’orfanotrofio è molto bello perché c’è sempre da mangiare, ti rendi conto in quale realtà vivono».
Dal 2018 Alesia ha finalmente una famiglia
Dal 2018 Sarah è madre adottiva di Alesia e lei ha finalmente una famiglia, una casa, dei nonni, ma accompagnarla nella nuova vita richiede ancora tutte le energie del mondo. «So per certo che quando tuo figlio adottivo entra a casa comincia la parte più dura: l’inserimento, l’accettazione della nuova realtà, le vecchie ferite da sanare. Quando è arrivata a Milano per restare, Alesia era una ragazzina di quasi 15 anni non scolarizzata, partiva da zero. Ha dovuto imparare un italiano nuovo, costruirsi delle relazioni. Se cresci in un orfanotrofio dove non c’è niente non ti poni il problema di fare amicizia, stai con gli altri e basta. Ma qui il cortile non c’è e la vita dei ragazzi è incasellata in mille attività. Per lei è stato spiazzante, poi la pandemia ha complicato tutto».
Oggi Sarah ha messo in stand-by cinema e teatro e si occupa di povertà educativa, è in Commissione beneficenza alla Fondazione Cariplo. Alesia ha finito il secondo anno di liceo e sta frequentando un corso estivo di vela. «Le cose vanno benone, ma c’è da fare, e non bisogna avere paura di chiedere aiuto». Perché Sarah lo sa: il mestiere del genitore è sempre in salita.
→ Quando i single possono adottare
L’Italia ammette l’adozione alle sole coppie sposate. Chi è single può provare a fare questo passo solo in casi particolari. Per esempio, se il minore è orfano di madre e padre, se è portatore di disabilità, se è legato all’adottante fino al sesto grado di parentela, se esiste tra lui e l’aspirante genitore una relazione talmente solida da non potere essere interrotta.
L’adulto deve presentare una dichiarazione di disponibilità e affrontare la trafila per essere dichiarato idoneo dal Tribunale per i minorenni. «L’iter è analogo a quello previsto per le coppie: visite mediche, colloqui, orientamento. Ma verrà ascoltato anche il minore, se ha più di 12 anni o dimostra di essere emancipato» dice Sarah Maestri. Per chi adotta un bambino in Italia l’iter si chiude con l’idoneità, ma chi sceglie l’adozione internazionale deve aprire una nuova pratica nel Paese del minore.