Con il Decreto Dignità si stabilisce che oltre 5.600 maestre cosiddette “diplomate” a settembre ritroveranno le proprie cattedre e con loro anche i bambini potranno contare su un inizio regolare di anno scolastico, oltreché sulla continuità didattica. La brutta notizia è, però, che dal provvedimento approvato dal Consiglio dei Ministri rimangono escluse altre 143.534 insegnanti. In realtà, secondo i sindacati, il governo non farebbe altro che prendere tempo, lasciando in stand by per 4 mesi migliaia di maestre di asilo: solo a novembre, infatti, si saprà se le insegnanti di asili e scuola primaria potranno aspirare a un posto fisso oppure se dovranno “accontentarsi” di supplenze.
“La situazione è abbastanza confusa. Si tratta solo di un rinvio: l’anno scolastico inizierà l’11 settembre, con le insegnanti ai loro posti, ma dall’11 novembre cosa succederà?” si chiedeva Mario Sanguinetti, dell’esecutivo Cobas Scuola.
Il provvedimento
“Nel Decreto Dignità non si fa alcun esplicito riferimento a un provvedimento del Governo che cancelli il “licenziamento” delle maestre magistrali. Sul sito, invece, si parla della volontà di applicare il comma 1 dell’articolo 14 della legge 669 del 1996, che consente alla pubblica amministrazione di non eseguire immediatamente i provvedimenti emanati dai tribunali, dando 120 giorni di tempo per farlo” spiegava Sanguinetti a Donna Moderna. “In pratica, da quando usciranno le sentenze sui ricorsi delle insegnanti (nel Lazio sono attese le prime decine per l’11 luglio) non saranno eseguite con effetto immediato, ma ci sarà tempo fino all’11 novembre per trovare una soluzione” aggiungeva il sindacalista.
“Questo permetterà alle maestre di tornare il 1° settembre e trovare le proprie cattedre. Ma cosa succederà poi?” si chiedeva Sanguinetti. “È una soluzione tampone che non ci soddisfa per niente”.
A rischio la continuità educativa
Il Governo aveva iniziato dunque a mettere mano alla situazione di emergenza che si andava profilando, soprattutto in vista dell’avvio del nuovo anno scolastico. Ma restavano le preoccupazioni di genitori e sindacati, che temevano una girandola di cambi di insegnanti nelle classi già prima di Natale. Troppo incerto, infatti, il destino di 23.778 precarie storiche presenti nelle Graduatorie Gae e delle 130.000 laureate in Scienze della formazione primaria, in attesa di concorso.
Cosa era accaduto
Lo scorso aprile l’Avvocatura di Stato aveva espresso il proprio parere, confermando la sentenza del Consiglio di Stato, che a sua volta a dicembre aveva deciso di escludere dalle liste ad esaurimento le insegnanti che avevano conseguito il diploma magistrale prima del 2001-2002. Come prima conseguenza, ci sarebbe stato il “licenziamento” delle prime maestre (per il 95% donne) non in possesso di laurea e dunque senza requisito per poter aspirare a una cattedra fissa. Sarebbero state 5.600 le insegnanti relegate alle sole supplenze. Con il provvedimento appena approvato dal Consiglio dei Ministri, la loro condizione è stata “congelata” per 4 mesi.
Gli scenari
In gioco c’è il destino di maestre di asili e scuole primarie che sono state inserite nelle Graduatorie a ‘esaurimento’ (Gae), ovvero la principale via di accesso all’iscrizione al ruolo e dunque alla cattedra fissa. Un bacino enorme che comprende anche le precarie storiche. Con il pronunciamento dell’Avvocatura di Stato, che segue e conferma la sentenza del Consiglio di Stato, si annuncia una graduale estromissione dal ruolo, con l’inserimento nelle sole graduatorie di istituto da precari.
Cosa chiedono i sindacati
“Non si tratta di una mera diatriba su un titolo abilitante all’insegnamento, perché sicuramente questo è necessario. Noi contestiamo da mesi (e in realtà da anni) il fatto che si possano tenere persone con 10, 12 o 15 anni di insegnamento alle spalle senza la prospettiva di un inserimento in ruolo e senza garantire alle scuole che questi docenti possano lavorare: si crea il paradosso che le maestre sono brave se sono a tempo determinato, mentre non lo sono più per lavorare a tempo indeterminato” aggiunge Sanguinetti.
“Nel 1989 successe una cosa simile. C’erano enormi sacche di precariato, quindi si decise di aprire un doppio canale di assunzione: il 50% tramite le graduatorie a scorrimento, un altro 50% per concorso. Nel 2007, però, si è chiusa questa possibilità, permettendo l’inserimento in ruolo solo a chi era già iscritto alle graduatorie, che sono diventate le famose Gae, Graduatorie a esaurimento” spiega il rappresentante Cobas Scuola. “Quello che noi chiediamo ora è semplicemente di tornare al doppio canale”.
Due realtà differenti al Nord e al Sud
“È difficile trovare una soluzione nazionale – dice Sanguinetti – perché le situazioni al Nord e al Sud sono esattamente opposte: nel Meridione le graduatorie sono piene, mentre nelle regioni settentrionali mancano insegnanti e si ricorre all’assunzione di persone che hanno titoli ben maggiori rispetto a quelli richiesti”. Da qui le “migrazioni” di maestre e maestri da sud a nord: “Chi ha la necessità di lavorare, è disposto a spostarsi facendo domanda nelle province dove ci sono maggiori richieste” spiega il sindacalista.