Mercoledì 20 dicembre il Consiglio di Stato ha deciso in via definitiva che gli insegnanti in possesso di un diploma magistrale conseguito entro il 2001/2002 dovranno essere esclusi dalle GaE (Graduatorie a Esaurimento), cioè le graduatorie a cui sono iscritti i docenti in possesso di abilitazione all’insegnamento e che sono utilizzate per l’assunzione in ruolo. Abbiamo intervistato Alessandro Giuliani, direttore responsabile della testata “La Tecnica della Scuola”, per fare chiarezza su una questione che, dopo tanti anni, sembra ormai essere arrivata al suo epilogo.
Dopo la sentenza dello scorso 20 dicembre, cosa succederà in quelle classi che hanno maestri già di ruolo ma non laureati?
Possiamo dire con relativa certezza che sino al termine dell’anno scolastico non accadrà nulla. Lo ha anche assicurato lo stesso ministero dell’Istruzione, anche perché si rischierebbe di innescare un tourbillon di cambi di cattedre in corso d’anno, con evidenti danni agli alunni, che verrebbero privati della continuità didattica. È un’eventualità, tra l’altro, che danneggerebbe gli allievi disabili, per i quali lo scambio del docente risulta particolarmente traumatico. Non dimentichiamo anche che si tratta di bambini tra i 3 e gli 11 anni, visto che gli interessati sono tutti maestri della scuola primaria e dell’infanzia.
Cosa succederà invece agli insegnanti che non sono laureati, non sono ancora di ruolo ma sono già rientrati nella GaE?
Esistono diverse realtà. Complessivamente, sono 43.600 i docenti con diploma magistrale che hanno presentato ricorso e ottenuto l’inserimento nelle Graduatorie ad esaurimento con “riserva”, in attesa della decisione finale dei giudici. Tra questi, quasi 6mila hanno ottenuto dal tribunale anche l’immissione in ruolo, sempre con riserva. Poi ci sono altri 2.000 maestri a tempo indeterminato: sono gli unici che non rischiano nulla, perché le loro sentenze sono passate in giudicato e quindi risultano inamovibili. Poi ci sono almeno altri 20mila diplomati che non hanno presentato ricorso e che non possono rivendicare nulla, perché le sentenze non sono estensive alla categoria ma riguardano i singoli casi.
Cosa comporterà il passaggio dalla graduatoria ad esaurimento alle Graduatorie d’istituto? Quali sono le differenze sostanziali?
Indubbiamente, passare dalle GaE alle graduatorie d’Istituto significa avere meno possibilità di lavorare. Tuttavia, essendo le GaE sempre più spesso spoglie di candidati, rimangono alte la chance di ottenere delle supplenze, pure di durata annuale fino al 30 giugno o al 31 agosto dell’anno successivo. Detto questo, l’uscita dalla GaE preclude la possibilità di entrare in ruolo. Il Consiglio di Stato, in pratica, ha sancito che il diploma magistrale è un titolo abilitante all’insegnamento, ma non sufficiente per essere assunti in modo definitivo.
È vero che nelle scuole primarie e dell’infanzia c’è deficit di personale insegnante?
È vero per alcune province del Centro-Nord, come la Lombardia, il Piemonte e il Veneto. Lo sanno bene i precari del Meridione e delle isole maggiori, che da tempo si spostano in gran numero nelle liste di attesa delle regioni da Roma in su, proprio per avere alte possibilità di lavorare.
È possibile scartare l’ipotesi di un licenziamento di massa?
L’ipotesi di un licenziamento di massa è molto improbabile. È molto più plausibile, invece, che anche per questa categoria di docenti il Miur decida di introdurre una fase transitoria, in attesa dell’introduzione a regime del nuovo reclutamento figlio della Legge di riforma 107/2015 Renzi-Giannini. Pure per loro, in pratica, potrebbe essere attivato una sorta di corso-concorso con formazione finale di uno-due anni, il cosiddetto Fit, già previsto per altre categorie di precari storici.
È verosimile l’ipotesi che i bambini cambieranno maestre da un giorno all’altro? Ma secondo lei conta di più la laurea che l’esperienza?
Tranquillizzerei le mamme: escludo, infatti, che gli alunni possano vedersi privare delle loro maestre. Almeno sino alla fine dell’anno scolastico in corso. Per quanto riguarda la formazione accademica, sicuramente un titolo universitario permette di insegnare nella scuola pubblica con uno spessore culturale e di competenze maggiore: è questo il caso dei maestri che insegnano dopo avere completato il corso di Scienze della formazione primaria. Tuttavia, nel caso dei diplomati magistrale, va ricordato che stiamo parlando di quasi tutte donne, ultra 40enni, in larga parte del Sud, che si sono viste dequalificare il loro titolo di studio in corso d’opera. Molte di loro insegnano da tempo e indubbiamente l’esperienza sul campo ha un peso considerevole. Al ministero dell’Istruzione lo sanno bene e per questo, dopo aver studiato le possibili soluzioni con l’Avvocatura di Stato, troveranno un sistema per salvarle.