Non c’è pace nel mondo della scuola. Non sono passate che poche settimane dell’ultimo pronunciamento del Consiglio di Stato sulle “maestre magistrali”, quelle senza laurea che sono costrette a lasciare le graduatorie a esaurimento, che arriva un nuovo allarme. Stanno aumentando pericolosamente i ricorsi a insegnanti neolaureati e alla prima esperienza (reclutati tramite la cosiddetta “messa a disposizione”) per supplenze per le quali mancano docenti abilitati, cioè il sostegno.
A sostenerlo sono i sindacati, che snocciolano numeri chiari: “A fronte di 7.200 neolaureati in Scienze della Formazione primaria, ci sono 17mila posti che rimarranno vacanti per effetto dello svuotamento delle Gae (le Graduatorie a Esaurimento) e di prepensionamenti in molti casi legati a Quota 100” spiega Marco Sanguinetti dell’esecutivo Cobas Scuola di Roma. Il fenomeno, che riguarda sia le scuole dell’infanzia e primarie sia quelle secondarie di primo e secondo grado, con il prossimo anno scolastico è destinato ad aumentare. Ecco perché e cosa sta accadendo.
La “messa a disposizione”
Ciò che si sta verificando è un ricorso sempre più massiccio alla cosiddetta “messa a disposizione”: giovani neolaureati fanno domanda direttamente ai singoli istituti, dove spesso sanno che occorrono docenti, e vengono assunti dai dirigenti che hanno difficoltà a reperire altri insegnanti tramite le tradizionali vie di reclutamento, ossia le Graduatorie ad esaurimento o quelle di seconda e terza fascia. “Conosco un caso nell’istituto in cui lavoro io stesso” spiega ancora Sanguinetti. “A gennaio non si riusciva a trovare una sostituzione maternità per una collega, dunque per un periodo di 5 mesi, ed è stata assunta come supplente una ragazza che si era laureata appena tre giorni prima”. In sole 72 ore la neolaureata ha preso servizio, vedendosi accogliere la domanda di “messa a disposizione. In altri casi, come a Milano, ci sono dirigenti che per coprire i posti vacanti di insegnanti di matematica e fisica hanno fatto ricorso, con un apposito provvedimento, a personale in possesso di una laurea triennale, dunque anche in questo caso senza abilitazione né esperienza. La situazione è drammatica soprattutto in alcune regioni del nord, come Lombardia e Veneto, ma anche a Roma”.
Perché non ci sono insegnanti?
Il paradosso è che, a fronte di migliaia di precari anche storici, mancano insegnanti da “reclutare”. “È il risultato di più fattori: con il pronunciamento del Consiglio di Stato dello scorso febbraio, le maestre diplomate sono state escluse dalle GaE, le Graduatorie ad Esaurimento, quindi ne usciranno non appena terminato l’anno scolastico in corso” spiega il sindacalista. “Nello stesso tempo ci sarà un’uscita massiccia anche di personale che andrà in prepensionamento per effetto di Quota 100. Il risultato è che neppure il concorso straordinario, indetto dal Miur e in corso di svolgimento su base regionale per le insegnanti diplomate, riuscirà a colmare i ‘buchi’” aggiunge Sanguinetti.
Quanti sono i supplenti “fai da te”
A fare in conti ci ha pensato un dossier della Cisl, che conferma e fotografa la situazione: secondo il sindacato sono quasi 11mila i supplenti “fai da te”, ossia i giovani laureati che si propongono direttamente agli istituti per incarichi a tempo determinato. Nell’analisi della Cisl si legge che “La carenza di insegnanti nelle graduatorie, in particolar modo in alcune regioni del Nord, ha fatto sì che ben 10.806 contratti siano stati stipulati facendo ricorso alla cosiddetta “messa a disposizione”, ovvero la stipula di un contratto a termine con aspirante non incluso nelle graduatorie dell’istituto, ma che ha segnalato la propria disponibilità a lavorare, avendone i titoli”.
Una strada nuova, dunque, per trovare lavoro, seppure in modo precario. “Seguendo questo trend, gli oltre 32 mila posti vacanti dello scorso anno, non assegnati ai ruoli per mancanza di candidati nelle GaE e nelle graduatorie di merito, sono destinati ad aumentare, con molti istituti che rischieranno di trovarsi ad avere insegnanti non abilitati e alla prima esperienza, perché anche il concorso straordinario per diplomate magistrali, ad esempio, non sarà sufficiente a coprire le necessità” dice Alessandro Giuliani, direttore de La Tecnica della Scuola.
Che fine faranno le maestra diplomate?
“Il concorso ad hoc indetto dal Miur per le maestre magistrali, ossia non in possesso di laurea ed escluse dalle GaE, ha avuto un numero consistente di domande, ma il bando non ha esplicitato il numero esatto di posti che metterà a disposizioni. Si parla di 15/20 mila, a fronte oltre 42mila supplenti abilitati complessivi a livello nazionale” spiega Giuliani.
In Lombardia, ad esempio, c’è stato un numero record di domande, che ha superato le 8mila. “Tra l’altro si tratta di un concorso molto particolare: non è selettivo e prevede soltanto un colloquio orale. Dovrebbe concludersi il 30 luglio 2019, ma in molte regioni si segnalano ritardi e problemi, con commissioni che vanno a rilento, formate da pochi docenti e mal pagati, che spesso abbandonano l’incarico, bloccando di fatto l’iter. Il concorso servirà comunque a formare graduatorie regionali, alle quali gli istituti potranno attingere annualmente. Saranno graduatorie “post esaurimento”, “post Gae”. Saranno insomma a metà tra le GaE e le graduatorie di istituto. Va ricordato che le assunzioni avvengono per il 50% tramite concorso ordinario e il restante 50% attingendo al precariato storico” dice Giuliani.
Nel frattempo, una volta terminato il concorso indetto dal Miur (in corso di svolgimento su base regionale, ma con forti ritardi in alcune località), le maestre potranno essere inserite in un’apposita graduatoria “post GaE” e che precede quelle di seconda fascia, dei singoli istituti. La differenza tra queste due è che la prima darà diritto al ruolo (ma i posti pochi disponibili sono pochi a fronte di quelli vacanti), la seconda no.
Un’altra precisazione riguarda proprio coloro che sono state assunte con riserva. Tra loro ci sono alcune differenze: “Se tutte sono state assunte con una clausola rescissoria fino alla sentenza definitiva, alcune hanno effettivamente preso il ruolo perché la sentenza è passata in “giudicato”. Le altre, anche se si sono viste riconoscere l’anno di prova, si sono ritrovate in mano solo un’assunzione “virtuale”. Il posto gli è stato congelato, in attesa del pronunciamento definitivo, arrivato con l’adunanza plenaria del Consiglio di Stato emessa pochi giorni fa. Queste ultime non potranno ora far altro che partecipare al concorso straordinario, mentre le prime potranno ancora impugnare la sentenza davanti al giudice del lavoro, perché avendo fatto l’anno di prova, possono configurare l’ipotesi di licenziamento a tutti gli effetti” spiega Mario Sanguinetti, dell’esecutivo Cobas Scuola di Roma.