È appena arrivato negli Usa un farmaco che azzera le crisi di emicrania. Una bella svolta perché, a oggi, tutti i medicinali antiemicranici agiscono sul dolore, ma non risolvono il problema. «Le ricerche hanno dimostrato che una sostanza presente nel cervello, identificata dalla sigla CGRP, è tra le grandi responsabili degli attacchi» spiega Piero Barbanti, direttore dell’Unità per la cura e la ricerca su cefalee e dolore, IRCCS San Raffaele Pisana di Roma e presidente dall’Associazione italiana per la lotta contro le cefalee. «Il nuovo farmaco, un anticorpo monoclonale, è in grado di disattivarla, impedendo così che si inneschi il meccanismo che porta alla crisi. Gli studi in corso anche nel nostro Centro hanno provato che dopo un anno di trattamento, circa il 65% dei pazienti dimezza il numero di attacchi e un quarto li azzera. E senza effetti collaterali». Il primo principio attivo è atteso da noi per il 2019. A seguire ne arriveranno altri tre. Si assumono per via sottocutanea oppure endovenosa, una volta al mese per un periodo in genere di 3-6 mesi. Insomma, mai più giornate lavorative perse o vacanze rovinate, cosa che tutt’oggi accade in un caso su tre a chi soffre di mal di testa.
Nell’attesa allora che arrivi la nuova terapia, come si possono tenere lontane le crisi in vacanza? Ecco i suggerimenti dei nostri esperti.
Emicrania: cosa riduce gli attacchi
Il tennis riduce di un terzo gli attacchi
Può sembrare strano ma questo sport aiuta a ridurre anche di un terzo la frequenza degli attacchi. A provarlo è un recente studio svedese. «Nel gioco del tennis l’attenzione è focalizzata sul gesto meccanico di colpire al meglio la pallina. In questo modo, si azzerano momentaneamente i pensieri, si mette in stand by il cervello, permettendogli di riposare » spiega l’esperto. «Oggi, infatti, si sa che in otto casi su dieci le crisi sono causate proprio dalla tendenza, tipica di chi soffre di emicrania, di sovraccaricare di pensieri il cervello». Lo stesso vale per gli altri sport che richiedono movimenti rapidi e precisi come, per esempio, il ping pong e la pallavolo.
Perdere peso aiuta in 7 casi su 10
In oltre sette casi su dieci gli attacchi migliorano perdendo peso, come ha dimostrato uno studio americano condotto su 80mila persone sovrappeso. «Le cellule adipose mettono in circolo sostanze infiammatorie che aumentano il rischio di crisi» sottolinea il professor Barbanti. «Oggi si sta provando una particolare dieta caratterizzata da un bassissimo apporto di carboidrati». Questo regime alimentare va seguito sotto controllo medico. Ma qualcosa puoi fare anche tu. Dai la preferenza a pesce, legumi, avocado, albicocche, lamponi e cocomeri che hanno una percentuale bassa di carboidrati
Cefalea a grappolo: cosa riduce gli attacchi
La melatonina aiuta a prevenire
Un recente lavoro scientifico ha dimostrato che chi soffre della cefalea a grappolo spesso ha una carenza di melatonina. E lo proverebbe anche il fatto che le crisi spesso si scatenano nelle ore notturne oppure a causa del jet lag. «Il dosaggio utilizzato negli studi e che ha aiutato a diminuire l’incidenza delle crisi è circa cinque volte più alto rispetto a quello che si usa abitualmente. Per questo va prescritta dal medico e può essere assunta in aggiunta alle cure tradizionali per la prevenzione degli attacchi». Vuoi cominciare in vacanza? Prendi una compressa di melatonina da un milligrammo la sera un’ora prima di coricarti. E, se devi fare i conti con il jet lag, bevi due bicchieri d’acqua per ogni ora di volo aereo: serve a contrastare la disidratazione, che può peggiorare la capacità di adattamento del corpo al fuso orario.
L’alcol interferisce con un gene che metabolizza l’alcol
Il legame tra cefalea a grappolo e alcol esiste ed è stato dimostrato da una ricerca italiana. Gli studiosi hanno analizzato il sangue di chi soffre di cefalea a grappolo e hanno scoperto che l’ADH4, un gene che tutti abbiamo e che normalmente aiuta a metabolizzare l’alcol, nel loro caso invece produce sostanze tossiche che scatenano e peggiorano le crisi. Sì allora a un bicchiere di vino oppure di birra al di fuori dei periodi a rischio, ma mai a digiuno.
Cefalea di tipo tensivo
La menta piperita aiuta come il paracetamolo
A dimostrare la validità della menta piperita è uno studio tedesco: i ricercatori hanno visto che l’efficacia è paragonabile a quella dell’acido acetilsalicilico e del paracetamolo, i due medicinali più utilizzati. E gli esperti indicano anche la ricetta: olio di menta piperita al 10 per cento in etanolo. Il mix va applicato sulla nuca e, in generale, sulle zone dolenti, massaggiando lentamente in senso orario con i polpastrelli.
La mindfulness alza i neurotrasmettitori del buonumore
Fino a oggi non era ben chiaro per quale ragione la mindfulness riuscisse a ridurre il numero e la gravità delle crisi di mal di testa di tipo tensivo che, tra le tre, è quella maggiormente legata all’emotività, all’ansia e agli stati depressivi. A darne la spiegazione scientifica ci ha pensato uno studio italiano: la mindfulness alza i livelli di dopamina e noradrenalina, due neurotrasmettitori coinvolti nel buonumore e nell’approccio positivo alla vita. La “dose”? Un corso per due mesi, due ore e mezza alla settimana e poi ripetere ogni giorno gli esercizi a casa. E se in vacanza vuoi fare una prova, scarica la app gratuita Insight timer: è in inglese, ma facile da comprendere.