Si cammina tranquillamente, ma a un certo punto arrivano i primi dolori alle gambe che possono crescere al punto tale da costringere a fermarsi, come se si volessero guardare le vetrine dei negozi. Non si tratta di semplici crampi, bensì di una patologia che colpisce le arterie degli arti inferiori e che, proprio per il fatto di portare a interrompere la passeggiata, con la scusa di guardare i negozi, è stata chiamata anche “malattia delle vetrine”. Colpisce le donne, a partire dai 40 anni, ma soprattutto dopo la menopausa e dopo i 60 anni, ma non risparmia neppure gli uomini, anzi.
Secondo gli esperti, l’arteriopatia obliterante periferica – questo il suo nome esatto – è in aumento.
Cos’è la “malattia delle vetrine”
Il nome esatto è arteriopatia obliterante periferica (PAD), anche se per molti è nota come “malattia delle vetrine”. È una forma di aterosclerosi, che colpisce gli arti inferiori. «Fa parte della stessa “famiglia” di patologie che riguarda le carotidi in caso di ictus, anche se in questo caso interessa le arterie delle gambe: è dovuta a una scarsa ossigenazione dei tessuti, un po’ come avviene anche al cuore con l’angina pectoris» spiega Giovanni Esposito, presidente della Società Italiana di Cardiologia Interventistica (GISE), professore ordinario di Cardiologia e direttore della UOC di Cardiologia, Emodinamica e UTIC dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli.
La causa, quindi, è l’ostruzione delle arterie che portano il sangue alle gambe.
I sintomi
«La PAD è una malattia subdola, spesso di difficile diagnosi perché i sintomi vengono attribuiti ad altre patologie comuni, come ad esempio le flebiti. Altre volte si presenta senza sintomi precisi o con una semplice sensazione di pesantezza alle gambe, che può aumentare e diventare un forte dolore che porta a zoppicare in modo intermittente. Proprio questo esordio può confondere o ritardare la diagnosi» spiega l’esperto. Quando compaiono fitte e crampi si trova sollievo temporaneo soltanto fermandosi. «È un po il contrario di quello che avviene con le patologie che riguardano le vene, per le quali il cammino e il movimento portano sollievo. In questo caso, invece, la causa del dolore è il minor apporto di sangue alle arterie, che può arrivare a “bloccare” la gamba nel caso in cui il muscolo non riesce più a contrarsi. Fermandosi l’ossigenazione riprende e il muscolo riprendere a funzionare normalmente» spiega Esposito.
Può anche accadere che la malattia, se trascurata, possa portare a conseguenze più gravi (“ischemia critica degli arti inferiori”), fino all’amputazione, ma si tratta di casi molto rari, pari allo 0,4%.
Chi è più colpito
«In Italia la malattia interessa circa il 10% della popolazione, soprattutto over 40, ma con un incremento esponenziale dopo i 65 anni, per raggiungere il picco della sua incidenza superati gli 80» chiarisce l’esperto. A sorpresa e a differenza di altre patologie che potrebbero sembrare simili, gli uomini sembrano più colpiti, ma solo nella fascia di età che precede la menopausa delle donne, quando questo squilibrio «tende a ridursi – avverte il presidente della GISE – Sicuramente si può affermare che dopo la menopausa la diffusione diventa simile in entrambi i sessi. Inoltre, nelle donne spesso risulta ancora meno diagnosticata perché i sintomi tendono ad essere atipici e non fanno sospettare la condizione al medico».
Donne, attenzione ai campanelli d’allarme
«Il problema nelle donne riguarda il fatto che spesso il principale sintomo, cioè il dolore alle gambe, può essere confuso con quello di altre patologie come una flebite, che può essere frequente in seguito a una gravidanza, oppure come le vene varicose. A volte queste altre condizioni sono persino concomitanti e quindi si scambia la PAD per una patologia venosa, specie perché si presenta sotto forma iniziale di pesantezza alle gambe o successivamente con dolori». Per questo in caso di dubbio occorre rivolgersi a uno specialista, prestando attenzione anche alle concause della malattia, come fumo e diabete.
Perché la malattia sta aumentando
«La PAD colpisce 200 milioni di persone nel mondo e 40 milioni solo in Europa, dove la malattia negli ultimi 10 anni anni è cresciuta del 23%. Questa tendenza, che si conferma in Italia, si prevede che continuerà per una serie di motivi: da un lato l’aumento dei pazienti diabetici e fumatori, dall’altro l’invecchiamento della popolazione» spiega il cardiologo, che sottolinea come la pandemia abbia aggravato il problema: «Secondo un nostro studio pubblicato su Vascular Medicine e condotto durante il primo lockdown in Campania, si è registrato un crollo (-50%) delle ospedalizzazioni tra i pazienti colpiti dalla malattia al suo stadio più grave e un aumento del 29% degli eventi avversi più temibili della malattia, vale a dire le amputazioni dell’arto colpito».
La riduzione delle visite e dei controlli medici, dunque, ha influito sui ritardi nelle diagnosi, ma anche lo stile di vita contribuisce all’aumento dei rischi: «Questa malattia è direttamente collegata sia allo stile di vita che alla familiarità per malattie cardiovascolari: l’abitudine al fumo, l’ipertensione arteriosa, il diabete mellito e la dislipidemia (aumento di colesterolo e trigliceridi nel sangue, NdR) sono tra le principali cause di rischio collegate alla PAD e modificabili: agire sul controllo di questi fattori, quindi, risulta fondamentale per rallentare la progressione della malattia e le sue conseguenze» spiega Esposito.
Come si cura: prevenzione e farmaci disponibili
La prima cura, come sottolineano gli esperti, è la prevenzione: «Poi è fondamentale un’adeguata terapia farmacologica: sia nei pazienti sintomatici che in quelli asintomatici sono indicate le statine, arma principale contro l’ipercolesterolemia, associate all’ezetimibe, una molecola che riduce l’assorbimento intestinale del colesterolo – prosegue il cardiologo – In caso di valori ancora elevati, si passa agli inibitori di PCSK9, cioè anticorpi monoclonali che, con una pratica somministrazione ogni 2 settimane, consentono di abbattere i livelli di colesterolo circolante. Gli antiaggreganti piastrinici sono raccomandati invece nei pazienti in cui si sono manifestati i primi sintomi. Se invece la malattia è in stadio avanzato, si ricorre di solito a un intervento che spesso è una angioplastica degli arti inferiori». Rimane, però, importante l’approccio multidisciplinare, per valutare eventuali comorbidità e fragilità del paziente, le sue esigenze e la gravità della malattia. Un esempio sono le equipe di angiologi, diabetologi, chirurghi vascolari, interventisti cardiologi e radiologi del “Network per la PAD”, nato su iniziativa del Dipartimento di Scienze Biomediche Avanzate dell’Università Federico II di Napoli e che ha messo in rete 16 ospedali campani. L’obiettivo è di estendere questo modello a livello nazionale.