Il primo campanello d’allarme è partito dal Regno Unito, dove si è registrato un aumento di casi di malattia di Kawasaki, che ha colpito soprattutto i bambini contagiati da coronavirus, ma anche in Italia sono aumentate le segnalazioni. Per questo la Società Italiana di Pediatria ha esortato i pediatri a vigilare su possibili casi, specie nelle zone con maggiori casi di COVID-19 in Italia, come la provincia di Bergamo o di Milano. Ecco come riconoscerla e quando contattare il medico per evitare complicazioni.
Pediatri in allerta
È dalla provincia di Bergamo, la più colpita da settimane dal COVID-19, che arrivano la segnalazione di un aumento di casi di segnalazioni, in particolare in Lombardia, Piemonte, ma anche Liguria. «In effetti si è registrata una crescita di sindromi autoinfiammatorie come la malattia di Kawasaki, che è una vasculite: hanno sintomi molto simili e per questo si chiamano simil-Kawasaki» precisa Giuseppe Corsello, ordinario di Pediatria all’Università di Palermo e past president della Società Italiana di Pediatria.
Come si manifesta
«Si presenta come febbre anche alta che tende a persistere per più giorni, arrossamento della pelle, anche questo per qualche giorno, ingrossamento linfonodi, ma può interessare anche la congiuntiva, la mucosa delle labbra e della bocca, che risulta screpolata» spiega l’esperto. Generalmente colpisce i bambini sotto i 10 anni e in particolare sotto i 5. «Normalmente ha un decorso positivo, dopo una terapia di pochi giorni, mentre sono stati segnalati casi che hanno richiesto la terapia intensiva, ma in bambini con patologie croniche di altro tipo, che questa patologia tende ad aggravare» spiega il professor Corsello.
Cosa c’entra il coronavirus
«Non è chiaro se il virus Sars-Cov-2 sia direttamente coinvolto nello sviluppo di questi casi di malattia di Kawasaki o se le forme che si stanno osservando rappresentino una patologia sistemica con caratteristiche simili a quelle della malattia di Kawasaki, ma secondaria all’infezione» ha scritto la Società italiana di Pedagogia. L’associazione con il coronavirus è legata a un aumento dei casi nelle zone di maggior contagio, associata anche a tamponi o test sierologici positivi, che farebbe pensare che non si tratti di casualità. «Si tratta di un fenomeno non solo italiano, ma europeo e con segnalazioni anche in Cina nella popolazione pediatrica» dice l’esperto.
Si conferma che i bambini sono meno a rischio
Finora i dati hanno mostrato come i bambini siano meno colpiti dal coronavirus o siano asintomatici o con sintomi lievi. È cambiato qualcosa? «Va confermato che l’infezione da Sars-cov2 ha un impatto minore sia in termini numerici, con meno bambini colpiti, sia per gravità. Tutte le forme virali, compresa l’influenza, possono dare in bambini predisposti una risposta auto-infiammatoria come la simil-Kawasaki, ma a differenza della malattia vera e propria in questo caso non ci sono complicanze cardiache. In linea di massima la malattia si risolve favorevolmente in tempi rapidi senza arrivare a quadri clinici complessivi e impegnativi» spiega Corsello.
Cosa fare in caso di sintomi
«Se si presentassero sintomi compatibili con la malattia non c’è da allarmarsi: basta contattare il pediatra, che procede con i controlli ospedalieri per verificare la situazione cardiaca, epatica e renale, per evitare complicanze» consigli l’esperto.