Snapchat, biberon e nuove responsabilità. Quella delle mamme teenager è una realtà portata più volte al cinema, dal pluripremiato Juno sceneggiato da Diablo Cody a Piuma, ora nelle sale.
Il film diretto da Roan Johnson racconta la storia di Ferro (Luigi Fedele) e Cate (Blu Yoshimi), una coppia di 18enni che scoprono di aspettare un bimbo alla vigilia dell’esame di maturità, gettando nel panico i genitori. I dati danno la misura del fenomeno: ogni anno in Italia 21.000 ragazze tra i 15 e i 20 anni diventano mamme. La Regione con il numero più alto di baby madri under 18 è la Lombardia (dove negli ultimi 5 anni le mamme under 16 sono aumentate del 30%), seguita da Campania e Sicilia. La media è più bassa che in altri Paesi europei, ma stupisce se confrontata con il nostro costante calo della natalità.
Perché vogliono un bambino così presto?
Alessandro Albizzati è neuropsichiatra infantile e responsabile del Saga, il Servizio di accompagnamento a genitorialità e adolescenza dell’Ospedale San Paolo di Milano (www.ao-sanpaolo.it). Dal 2007 a oggi il centro si è preso cura di 160, dalla gravidanza fino ai 2 anni d’età dei figli, e in un terzo dei casi anche dei padri, quasi sempre adolescenti anche loro. «Per metà di queste ragazze non è stato un incidente di percorso ma un modo di trovare un posto nel mondo» dice Albizzati. «Il figlio spesso è voluto e cercato, nonostante la sorpresa iniziale. Alcune giovani evitano i contraccettivi non per ignoranza ma perché, magari inconsciamente, perseguono l’obiettivo di rimanere incinte. Una maternità in un età così precoce spesso è un modo per acquisire un ruolo meno marginale nella famiglia e nel contesto sociale in cui si vive. Anche se avere un figlio da ragazzine non coincide necessariamente con il diventare madri, un percorso molto più lungo e complesso che può avvenire anni dopo».
Quali difficoltà incontrano?
«Le giovani che arrivano da noi tramite i consultori, il nostro sito Internet e il passaparola hanno tra i 12 e i 21 anni e sono in ugual misura italiane e straniere» spiega Margherita Maioli, psicomotricista del Saga che attraverso giochi e filmati aiuta le baby mamme a costruire un rapporto armonioso con i loro figli. L’aspetto più difficile per queste ragazze è imparare ad accudire una vita diversa dalla loro, un neonato che piange tutta la notte e che deve essere allattato, pulito, coccolato, cercando di evitare quelle forme di trascuratezza che hanno vissuto loro per prime. «La maggior parte delle teenager che sosteniamo ha alle spalle famiglie problematiche che non si curano dei loro bisogni affettivi, con modelli che le spingono a ripetere la maternità precoce come le madri e le nonne» aggiunge Moioli. E le più piccole, intorno ai 12-13 anni, purtroppo sono quasi sempre vittime di abusi.
Come cambiano le loro aspettative?
Lo spaccato di mamme teen fornito dai servizi sul territorio non è l’unico esistente. Ci sono ragazze che hanno famiglie capaci di sostenerle da un punto di vista economico e psicologico. Perché le criticità che devono affrontare non sono solo pratiche: dal cambiamento del proprio corpo alla difficoltà di continuare gli studi, dall’eventuale rottura con il padre del bambino alla solitudine. Nel rapporto di Save The Children Piccole mamme si sottolinea proprio questo aspetto: «La maternità precoce influisce pesantemente sulle relazioni sociali delle ragazze, che perdono i contatti con i loro coetanei. Le giovani tendono a isolarsi e a vivere la nuova esperienza, soprattutto nei primi mesi, all’interno della cerchia familiare di appartenenza». I genitori diventano quindi punti di riferimento fondamentali per gli equilibri delle baby madri. «Il rischio è di rimanere incastrate tra i propri bisogni e quelli del bambino» dice Margherita Moioli del Saga di Milano. «Viceversa il punto di forza è l’entusiasmo e la capacità di giocare con i bambini».
Un’energia dovuta alla giovane età ma anche alla soddisfazione di affrontare l’avventura della maternità che, come raccontiamo nelle 2 storie che seguono, ha cambiato la loro vita.
CHIARA, 19 anni, mamma di Lara, 2. Vivono a Roma.
«Sapere di aspettare Lara non è stato un colpo, ma un regalo arrivato un po’ in anticipo. Avevo 16 anni e già convivevo con il mio compagno, 21enne, a casa dei miei. A mamma non ho dovuto neanche dirlo, l’ha capito da sola. Mentre mio padre, avvertito da lei, mi ha scritto dall’ufficio: «Qualsiasi cosa tu scelga, ti sosteniamo».
All’epoca frequentavo il liceo linguistico, gli ultimi 2 anni li avevo fatti privatamente perché ero stata vittima di bullismo. Sono cicciottella e anche un po’ appariscente: mentre aspettavo Lara ho aperto su YouTube un canale chiamato “Chiarachanel” dove parlo di cyberbullismo oltre all’esperienza di mamma teen e di appassionata di beauty. Sono seguita da quasi 130.000 persone, molte sono madri precoci come me.
Quando ho saputo di essere incinta l’idea di avere un figlio mi ha resa euforica e spaventata insieme. Temevo di non riuscire a dare a Lara ciò di cui aveva bisogno, dalle attenzioni di tutti i giorni ai soldi veri e propri: ho avuto una gravidanza a rischio che ha richiesto cure costose. Ma posso dire di cavarmela bene, oggi sono più saggia e diventare mamma è stato meglio di quanto credessi. A 2 anni dal parto ho un lavoro da youtuber, un compagno speciale che mi è sempre rimasto accanto e una figlia bellissima. L’unico cambiamento in meglio sarebbe una casa tutta nostra, nonostante il dispiacere che darei ai miei, che sono affezionatissimi a Lara».
MARTA, 19 anni, mamma di Mia, 2. Vivono a Pisa.
«Sono diventata mamma il 15 novembre del 2014, nello stesso giorno in cui ho compiuto 17 anni. Speriamo che mia figlia non mi somigli troppo da grande! All’epoca ero una super ribelle.
Il test di gravidanza è stato un trauma. Subito ho avuto paura di dirlo ai miei e di vedere stravolto il mio futuro. Era una domenica mattina, mia mamma mi ha trovata seduta davanti alla tv spenta e non so come ma ha capito immediatamente. Si è messa a piangere, mentre mio papà si è limitato a un “porca paletta!”. Da quel momento mi hanno sempre sostenuta e non ho pensato neanche per un secondo di non portare avanti la gravidanza. Ho continuato ad andare a scuola, concludendo l’anno all’Istituto tecnico commerciale.
Oltre alla difficoltà di imparare a prendermi cura di mia figlia, l’aspetto più duro di questi anni è stato la rottura con Lorenzo, il papà di Mia. Senza di lui temevo di non farcela, mi sono invece riscoperta forte e determinata. Con Mia ci so fare, dormiamo mano nella mano ma so anche imporle delle regole. Mia madre dice che sono severa, in realtà mi sto rendendo conto di quale responsabilità ho nel formare una “piccola donna”. Lorenzo ora passa con la bambina 3 pomeriggi a settimana e i nostri rapporti sono civili. Io frequento un altro ragazzo. Quando l’ho conosciuto, invece di andare a ballare, ha portato tutti gli amici al Luna Park, salendo con me e Mia sul bruco-mela».