Avere 15 anni, guardare dalla finestra della propria cameretta il quartiere in cui sei nato e cresciuto. Ma stavolta non è per distrarti o prendere una rapida boccata d’aria. Lo stai facendo seduto dal davanzale, con le gambe penzoloni, pronto a volare nel vuoto. Il dolore ti ha convinto che la vita non ha più niente di buono da offrirti. E se non fosse per tua madre, quel volo l’avresti fatto. Il tema è quello della salute mentale dei giovani e la storia è quella di Marco Mancuso, 22enne, piemontese di Vercelli, dove è consigliere comunale del Pd. L’ha raccontata lo scorso 19 dicembre, intervenendo al Consiglio Comunale della sua città per difendere un emendamento, che stava per essere bocciato, dedicato alla salute mentale degli studenti. In particolare, l’oggetto della discussione era uno sportello rivolto agli studenti universitari. Il video della seduta è ora virale e riaccende i riflettori proprio sul benessere psicologico dei più giovani.
Quanto ci importa della salute mentale?
Marco Mancuso è uno studente di Scienze Politiche dell’Università Cattolica di Milano. Nella bio del suo profilo Instagram si definisce un turista della normalità, ovvero di quel guazzabuglio di esperienze che è la vita di ognuno di noi e che dovrebbe tornare al centro di ogni discussione. Perché secondo lui non sono le persone che devono riavvicinarsi alla politica, ma il contrario. Per farlo serve parlare chiaro e di ciò che ci riguarda davvero. A essere toccati dal racconto di Marco Mancuso sono stati in molti, rispondono nei commenti. Sono ragazzi e ragazze come lui, ma anche adulti, magari genitori che intimamente si chiedono se sarebbero in grado di decifrare il malessere dei propri figli.
Ma la verità è che, per quanto preziosa la testimonianza di Mancuso, di salute mentale – giovanile e non – dovremmo occuparcene con più costanza e efficacia. Invece, l’interesse sembra accendersi saltuariamente ogni volta che una storia tragica arriva in prima pagina. Era accaduto anche lo scorso novembre, quando a Padova uno studente di 21 anni è caduto dal terzo piano della residenza universitaria e si è ipotizzato il suicidio. Succede ogni volta che un giovane decide di togliersi la vita perché bullizzato, come è accaduto a Marco Mancuso o perché aveva mentito alla famiglia sugli esami mancanti alla laurea. Proviamo dispiacere, ci chiediamo se la tragedia si poteva evitare. Qualcuno depreca la fragilità dei ragazzi di oggi e poi avanti, come sempre.
Salute mentale: aumentano i suicidi tra i giovani
Eppure i suicidi sono ormai la seconda causa di morte tra i giovani dai 10 ai 25 anni. Lo rivelano i dati relativi al 2023 pubblicati lo scorso 20 settembre – Giornata mondiale per la prevenzione del suicidio – dall’Assocazione Telefono Amico Italia che dal 1967 offre assistenza gratuita a chiunque si trovi in stato di crisi o emergenza emozionale. La pandemia, l’utilizzo continuo di smartphone e dispositivi elettronici continuano ad essere gli alibi più facili a cui ci aggrappiamo. Raramente ci diciamo la verità. Che siamo frustrati, insoddisfatti, poco inclini a parlare delle nostre fragilità e ascoltare quelle altrui. Perché in un mondo che va veloce, indietro non si può rimanere.
Vivere secondo i propri bisogni
In particolare, nel caso dei più giovani gli anni dell’università sono indubbiamente un banco di prova per la propria salute mentale. E non solo per il carico di studio o la competizione. La pandemia ha solo confermato il fatto che le istituzioni si occupano pochissimo dei giovani universitari. In quel periodo alle prese con la mia tesi triennale anche io mi sono sentita invisibile: si parlava di scuola dell’obbligo, quasi mai di noi. Forse perché ritenuti già adulti e per questo in grado di autogestirci. Poi, a un passo dal mondo del lavoro subentra la disillusione. Ti accorgi che quel posto che ti hanno raccontato che lo studio ti avrebbe garantito non c’è. Così le magnifiche sorti e progressive lasciano il posto a un mondo fatto di condizionali. Dunque, i ragazzi non stanno bene, ma i motivi non mancano.
Parlando di salute mentale, Marco Mancuso ha affermato che il silenzio delle istituzioni uccide. Al contempo un paese che non si occupa abbastanza delle sue generazioni future, di certo, non desta ottimismo. Così, ora che siamo in tema di buoni propositi per l’anno nuovo, mettiamoci anche questo: evitiamo di sentenziare sulla presunta fragilità dei giovani, perché spesso dietro c’è il tentativo di ritrovare una dimensione di vita più umana, che rimetta al centro i nostri bisogni più autentici. E questo è un diritto che non ha età.