Se Maria Montessori fosse vissuta nel 2000 probabilmente avrebbe usato il tablet, lo smartphone e magari li avrebbe adoperati anche in aula.
Ne è convinto Mario Valle, scienziato del “Swiss National Supercomputing Center” di Lugano che sabato scorso è intervenuto ad un convegno dedicato alla pedagogista, organizzato a Gonzaga dove furono prodotti i primi materiali ideati dalla filosofa di Chiaravalle.
A più di cent’anni dall’inaugurazione della prima “Casa del bambino” nel quartiere San Lorenzo di Roma, quel metodo continua ad essere attuale, moderno, capace di persuadere mamme che dalle Marche alla Lombardia decidono di dar vita a una scuola montessoriana convinte che quell’intuizione pedagogica sia ancora quella più adatta a rispondere alle esigenze dei nostri tempi.
A partire dalla questione del digitale. Se da una parte Valle ha spiegato quanto sia necessario far acquisire ai bambini, in primis, il concetto d’astrazione prima di dare in mano loro uno schermo, d’altra parte ha sottolineato che la stessa Montessori era affascinata dalle novità del suo tempo e aveva alle spalle studi scientifici: «Credo che nella scuola del futuro la tecnologia diventerà una necessità ma questi ausili non saranno sufficienti» spiegò la pedagogista.
A suggerire l’approccio giusto è Grazia Honegger Fresco, erede della dottoressa: «Avrebbe usato questi materiali usando le modalità di tutti gli altri: libera scelta, individualizzazione, autocorrezione».
Una sfida innovativa che non dimentica la necessità di recuperare i materiali originali per costruire la scuola del futuro. Stiamo parlando del patrimonio che la Montessori ha lasciato a tutti e che in quest’ultimi anni sta tornando nelle scuole italiane: le aste della lunghezza, il materiale in legno delle equivalenze e del teorema di Pitagora, il telaio delle perle d’oro o la scacchiera dei numeri interi.
La filosofia della pedagogista era chiara: «Data l’importanza della matematica è necessario che la scuola ricorra a “metodi speciali” per insegnarla, e che ne renda gli elementi chiari e comprensibili presentandoli in forma concreta».
Un approccio che ha ben spiegato anche il presidente dell’Opera nazionale “Montessori”, Benedetto Scoppola: «Il materiale non può essere una presentazione fuggevolmente concreta di concetti astratti ma deve essere eloquente».
Un messaggio attuale: le mani, le percezioni sensoriali, il tatto restano essenziali nello sviluppo del bambino verso il quale è diretto ogni sforzo.
La modernità del messaggio montessoriano forse sta proprio qua: il fanciullo resta il centro, tant’è che nelle aule che adottano questo metodo non ci sono cattedre, non esistono lezioni frontali; banchi o armadi troppo alti per il fanciullo.
Si parte da qui. Il resto è altrettanto importante ma fa parte di ciò che l’insegnante porta con sé. È la stessa Montessori a ricordare a ciascun docente: «La maestra deve dare tutto il materiale ma anche il fuoco, l’animazione; anzi dovrebbe essere un’animatrice mai rigida, mai attaccata troppo alle regole, sempre pronta a prender parte all’entusiasmo».
Parole che andrebbero affisse non solo in una scuola d’ispirazione montessoriana ma in ogni aula. Oggi più che mai chi fa il maestro/a deve tornare a rileggere i testi di questa donna. Ogni insegnante dovrebbe avere nella sua libreria qualche libro di Maria Montessori. E se non ci sono negli scaffali dei docenti dovrebbero essere nelle sale insegnanti, sulle scrivanie dei dirigenti e su quella della ministra dell’Istruzione.