L’eterno dibattito sull’efficacia delle mascherine si è riaperto negli ultimi giorni, dopo il sequestro in alcune farmacie milanesi di un modello che secondo i Nas potrebbe non rispettare il livello di protezione dichiarato. Una cosa è certa, ormai sul mercato si trova veramente di tutto e capire che cosa si sta acquistando non è sempre facile. Chiariamolo qui.
I diversi tipi di mascherina
«Dobbiamo distinguere tra mascherine di comunità, dispositivi medici e dispositivi di protezione individuale» spiega Paolo D’Ancona, epidemiologo dell’Istituto superiore di Sanità. «Le prime sono semplici mascherine di stoffa, che non devono rispettare nessun requisito di sicurezza o efficacia, anche se limitano comunque la circolazione del virus. I dispositivi medici sono le mascherine chirurgiche: proteggono noi, specie se si mantiene il distanziamento, ma servono soprattutto a non infettare gli altri. I dispositivi di protezione individuale sono la terza tipologia: garantiscono uno “scudo” anche per chi li porta, perché capaci di filtrare le goccioline anche piccolissime in ingresso». A questa tipologia appartengono le Ffp, che offrono il massimo della protezione, tanto che le Ffp2 sono raccomandate agli operatori sanitari e in Germania sono ormai obbligatorie sui bus.
Come si legge l’etichetta sulla mascherina
Delle mascherine chirurgiche ci fidiamo ma per riconoscerle non basta guardarle. In commercio esistono mascherine che ne hanno solo l’aspetto e non le caratteristiche. «Per essere classificate come dispositivi medici devono soddisfare i requisiti delle norme UNI EN: 14683 e UNI EN ISO 10993, e superare prove di laboratorio sulla capacità di filtrazione, protezione, respirabilità, contaminazione batterica» spiega Laura Aldrovandi che lavora al Tecnopolo di Mirandola (Mo), punto di riferimento nazionale per i test sulle chirurgiche.
Non conta dove le compero: in etichetta deve esserci l’indicazione “dispositivo medico”, o il riferimento alle norme UNI EN. Anche alcune lavabili in stoffa hanno ottenuto l’indicazione di “dispositivo medico”. «Dopo l’estate c’è stato un boom di richieste di certificazione da parte delle aziende. Chi l’ha ricevuta però la riporta sempre in etichetta: controlliamo. In più devono esserci le informazioni su modalità e numero massimo di lavaggi. Le riutilizzabili, infatti, non possono essere portate all’infinito, perché perdono di efficacia».
Attenzione alle autocertificazioni
Tanti prodotti dichiarano protezioni altissime senza appartenere alla categoria dei dispositivi di protezione individuale. Quindi non sono delle Ffp e non riportano sulla confezione l’indicazione della norma UNI EN:149. Possiamo fidarci? «Le dichiarazioni sono il risultato di test di laboratorio condotti in autonomia, ma senza la validazione di un ente pubblico» risponde l’epidemiologo dell’Istituto superiore di Sanità «Inoltre, quelle mascherine non sono state sottoposte a tutte le prove che devono essere superate. Per capirci: magari hanno una capacità filtrante massima, ma non aderiscono perfettamente al viso, vanificandone l’effetto».
La mascherina chirurgica si può lavare e riutilizzare
La mascherina chirurgica monouso? Secondo Altroconsumo può essere lavata a 60° e riutilizzata fino a 5 volte. L’associazione di consumatori ha effettuato un test mettendo in lavatrice le comuni maschere che vengono distribuite nelle scuole italiane. Alla prova del laboratorio, la capacità di filtrare le goccioline e la traspirabilità sono rimaste intatte.