«Non parlate male della masturbazione: è fare sesso con qualcuno che amiamo» affermava sornione Woody Allen in Io e Annie. Eppure la questione è da sempre controversa. «Ancora oggi, nell’epoca della liberalizzazione di molte pratiche sessuali, la masturbazione, atto tutto sommato riservato e igienico, non riesce a scrollarsi completamente di dosso il velo del tabù» scrive lo psichiatra Vittorio Lingiardi nell’introduzione a Sesso solitario, corposo e illuminante saggio di Thomas W. Laqueur, emerito professore di Storia all’Università di Berkley, da poco ristampato da Il Saggiatore.
La storia della masturbazione: dagli Egizi in poi
È affascinante, per capirne un po’ di più dal punto di vista storico, venire a sapere che gli antichi egizi sul tema avevano messo in piedi intere cosmogonie: il dio Atum, «emerso dall’oceano originale, raggiunge l’orgasmo divino con la mano, causando una sorta di Big Bang cosmico da cui tutto ha origine, compresi i gemelli Shu, dio dell’aria, e Tefnut, dea dell’umidità». Da qui le inondazioni del Nilo e la pratica dei Faraoni, intermediari tra dei e umani, di masturbarsi nel fiume per ricordarne la venuta e garantire buoni raccolti. Per il mondo greco-romano il solitary sex era tutt’altro che un problema: il dio Pan, signore delle selve, ne era il gioioso inventore e il filosofo Galeno consigliava di farvi ricorso come rimedio medico. Fu in età medievale che la sessualità diventò la piaga da debellare a favore di una castità salvifica ed edificante: in questo contesto l’autoerotismo veniva considerato alla stregua di un atto innaturale fra i tanti.
Quando la masturbazione divenne vizio?
A trasformarlo in un problema morale c’è una data certa: il 1712, con la pubblicazione di un anonimo libercolo, intitolato Onania, che ebbe larga diffusione e acquistò notevole credito, malgrado fosse opera di un ciarlatano che pubblicizzava i propri intrugli. L’autore «inventa una nuova malattia e un nuovo meccanismo pressoché universale, altamente specifico e assolutamente moderno, per generare sensi di colpa, vergogna e ansia» scrive Laqueur.
La masturbazione diventa così «vizio solitario, abuso di sé, per poi strutturarsi in quadri sintomatici e diagnosi mediche come la follia da masturbazione che, se non trattata in fretta, poteva portare alla cecità, alla paralisi, persino alla morte». Sembra paradossale che in pieno Illuminismo ombre e paure prolifichino in tal modo, eppure… Per Voltaire era sinonimo di «perverso amore per sé stessi», per Rousseau «la più funesta abitudine alla quale un ragazzo possa essere asservito», per Kant una «follia morale» e una pratica «abietta, innaturale e animalesca». Freud la trasforma invece in una fase dello sviluppo: abbandonarla al momento giusto è segno di maturità e salute mentale. Dovrà passare molto tempo prima che i rapporti Kinsey degli anni ’40 e ’50, l’indagine di Masters e Johnson dei ’60, il femminismo, i movimenti di liberazione sessuale dei ’70 riconoscano il sesso solitario come pratica creativa, espressiva, eversiva, persino curativa.
Per la scienza l’autoerotismo è una pratica sana
Oggi la scienza certifica che masturbarsi permette il rilascio di dopamina e ossitocina, attenua i dolori mestruali, riduce il rischio di cancro alla prostata. E durante il lockdown per molti ha rappresentato un rifugio dalle restrizioni relazionali: non a caso Pornhub in quei mesi ha raggiunto cifre da record con l’implicito messaggio «È vietato toccare gli altri, ma non se stessi».
Per le donne la masturbazione è sdoganata
«Tutti ci masturbiamo, ma ammetterlo è un’altra storia» diceva sempre Woody Allen. Ne sa qualcosa Eve Ensler, che quando nel 1996 mise in scena per la prima volta la scandalosa pièce I monologhi della vagina dichiarò: «Ero certa che qualcuno mi avrebbe sparato». Ma oggi il solitary sex è piacevolmente sdoganato. E si direbbe più per le donne che per gli uomini. Del resto, da oltre 50 anni sono impegnate ad affermare apertamente la libertà del proprio corpo, compreso l’autoerotismo. Prendiamo cinema e serie tv: da Sex & the City, dove persino la bigotta Charlotte scopre le gioie del vibratore, a Bridgerton, in cui Daphne si procura solitario piacere completamente vestita; dal dissacrante Fleabag, con la protagonista che si masturba a letto, vicino al suo ragazzo, mentre ascolta un discorso di Obama, a Sex Education, con le lezioni di Gillian Anderson.
Masturbazione: campo di esplorazione per le donne
La masturbazione è campo di esplorazione femminile. Brand come Lelo o My Secret Case comunicano i sex toys come qualcosa di intimo, una coccola che ti fai e non devi nascondere. D’altronde lo cantava già Amanda Lear in Ho fatto l’amore con me (1980): «Domani sera cerco te / giorni feriali voglio me». Gianna Nannini in America (1979), con tanto di Statua della Libertà sulla cover del disco a impugnare un vibratore invece della nobile fiaccola, scandiva: «Per oggi sto con me mi basto / nessuno mi vede / e allora accarezzo la mia solitudine/ ed ognuno ha il suo corpo / a cui sa cosa chiedere». E chi non ricorda Albachiara di Vasco Rossi (1979)? «E qualche volta fai pensieri strani / con una mano una mano ti sfiori…». Per citare ancora Laqueur, è «una forma di autarchia personale che permette a ciascuno di noi di intrecciare relazioni con gli altri senza perdere noi stessi».