C’è chi ha definito il sorpasso “storico”, chi parla di rivoluzione e anche chi rimpiange il passato e le tradizioni. Nel 2018 il numero di matrimoni contratti con il rito civile (comprese le seconde, le terze e quarte nozze o più) ha superato per la prima volta quello dei matrimoni celebrati in chiesa: 50,1 per cento (per le cerimonie laiche) contro 49,9 per cento (le cerimonie religiose).
Le coppie che hanno fatto (o rifatto) il grande passo complessivamente sono aumentate rispetto al 2017 (raggiungendo quota 195.778, pari al + 2,3 per cento). In parallelo è salita ancora l’età media degli sposi, lievitata per le donne a 31,5 anni (2,1 in più rispetto al 2008) e per il uomini a 33,5 anni (1,6 in più rispetto a dieci anni prima).
Sembra invece essere cessato l’effetto della riforma che nel 2015 ha portato al divorzio breve. I secondi matrimoni, o successivi, dopo la fase di crescita rilevata nelle annate precedenti sono rimasti stabili e hanno sfiorato il 20 per cento del totale (per la precisione, si sono attestati al 19,9 per cento delle nozze censite).
Per le coppie dello stesso sesso, i partner che hanno formalizzato la loro storia d’amore davanti a un ufficiale di stato civile, il trend è stato in discesa: in dodici mesi si sono registrate 2.808 nuove unioni civili, concentrate in particolare nel nord – ovest e nelle grandi in città. Il boom iniziale (furono 4.376 nel 2017 e 2.336 nel secondo semestre 2016, subito dopo l’entrata in vigore della legge in materia) sembra essersi esaurito.
L’Istat fotografa i “matrimoni all’italiana”
La fotografia del “matrimonio all’italiana”- o meglio, dei “matrimoni all’italiana” – è stata scattata dalle ricercatrici e dai ricercatori dell’Istat, impegnati nella raccolta e nell’analisi dei dati e nel confronto con il passato prossimo. «La diminuzione della nuzialità – ricapitolano Antonella Guarneri e Cinzia Catagnaro, due componenti dello staff – si è avviata dalla seconda metà degli anni Settanta, per poi proseguire con decisione nei decenni successivi. In oltre quarant’anni di calo tendenziale si sono verificate brevi oscillazioni, legate a fenomeni congiunturali. Un caso di aumento dei matrimoni, ad esempio, è stato osservato in occasione dell’anno 2000: questa data ha esercitato una grade attrattiva per chi ha voluto celebrare le nozze all’inizio del nuovo millennio. Nel periodo 2009-2011, all’opposto, si è registrata una diminuzione particolarmente accentuata dovuta al crollo delle nozze dei cittadini stranieri, scoraggiati dalle modifiche legislative varate per limitare i matrimoni di comodo. In anni più recenti, nel biennio 2015-2016 c’è stato un lieve aumento dei matrimoni dovuto anche agli effetti dell’introduzione dell’iter extra-giudiziale per separazioni e divorzi consensuali e poi del divorzio breve: questi meccanismi hanno semplificato e velocizzato la possibilità di porre fine ai matrimoni in essere e, quindi, consentito di risposarsi a un numero maggiore di coppie rispetto al passato».
Il sorpasso delle cerimonie laiche
Poco più della metà delle celebrazioni avviene con rito civile, passato dal 2,3 per cento del 1970 al 36,7 per cento del 2008 e al 50,1 per del 2018 (con 98.182 nozze laiche, circa 8 mila in più rispetto al 2008). Le differenze tra zona e zona sono marcate. Al nord la quota delle cerimonie tenute in municipio è del 63,9 per cento mentre al Sud è meno della metà (30,4 per cento). Sono celebrate prevalentemente con rito civile le seconde nozze e le successive (94,6 per cento del totale), anche perché in chiesa non ci si può risposare, a meno che il primo vincolo sia stato sciolto dalla Sacra Rota. La scelta di celebrare il matrimonio con il rito civile si sta affermando rapidamente anche nei primi matrimoni (dal 27,9 per cento del 2008 al 39,1 per cento del 2018). Un altro aspetto è legato all’età degli sposi: tra gli under30 che convolano per la prima volta a nozze si osserva un comportamento più “tradizionale” rispetto a chi prende moglie o marito in età più avanzata. Anche la scelta del regime patrimoniale di separazione dei beni è un fenomeno in rapida crescita. Nel 2008 l’incidenza era del 62,7 per cento, e in soli 11 anni è arrivata al 72,9 per cento.
Nozze tradizionali e percorsi flessibili
«Di generazione in generazione – sottolineano sempre le ricercatrici dell’Istituto nazionale di statistica – si osserva un aumento dei percorsi di vita più “flessibili” rispetto alla tradizionale caratteristica di una sequenza di eventi precisa e socialmente normata. Il primo matrimonio e la nascita del primo figlio sono eventi che possono sempre più spesso non verificarsi oppure verificarsi ma non nell’ordine “tradizionale”. Se si considerano le donne nate tra il 1977 e il 1986, quelle che hanno sperimentato sia la nascita del primo figlio sia il primo matrimonio, nel 14 per cento dei casi il lieto evento ha preceduto le nozze. La proporzione tende inoltre ad aumentare quando il primo figlio arriva in età più avanzata: quasi un nato su 4 per le donne nate a cavallo degli anni Settanta che sono diventate mamme per la prima volta dopo i 30 anni. Il primo matrimonio arriva dunque in questi casi a suggello di una unione costituita da tempo e non coincide con la formazione di una nuova famiglia».
In calo le unioni civili, dopo il boom
Sul fronte delle coppie dello stesso sesso emerge con particolare evidenza il ruolo attrattivo di alcune metropoli. Nel 2018 nelle grandi città si è concentrato il 32,7 per cento delle unioni civili avvenute in Italia. In cima alla graduatoria, stilata in base ai numeri assoluti, si trovano Roma (290 unioni, il 10,3 per cento del totale) e Milano (257 unioni, pari al 9,2 per cento). Considerando i tassi sul totale della popolazione residente, si rileva che sotto la Madonnina si sono avute 18,7 unioni civili ogni 100 mila abitanti, nella capitale 10,1. Tra le città del sud soltanto Napoli e Palermo fanno registrare valori superiori all’1 per 100 mila abitanti.
Non si ferma la tendenza a posticipare le nozze
«Accanto alla scelta delle libere unioni come modalità alternativa al matrimonio – altro andamento evidenziato – sono in continuo aumento le convivenze prematrimoniali, le quali possono avere un effetto sul rinvio delle nozze a età più mature (posticipazione del primo matrimonio). Ma è soprattutto la protratta permanenza dei giovani nella famiglia di origine a determinare il rinvio del matrimonio. Nel 2018 vivono nella famiglia di origine il 67,5 per dei maschi tra 18 e 34 anni (oltre 3 milioni e 700 mila) e il 56,4 percento delle coetanee (oltre 2 milioni e 900 mila). La prolungata permanenza nelle case di mamme e papà, in aumento, è dovuta a molteplici fattori, come è noto: all’aumento diffuso della scolarizzazione e all’allungamento dei tempi formativi, alle difficoltà che incontrano i giovani nell’ingresso nel mondo del lavoro e alla condizione di precarietà del lavoro stesso, alle difficoltà di accesso al mercato delle abitazioni. L’effetto di questi fattori si amplifica nei periodi di congiuntura economica sfavorevole, spingendo i giovani a ritardare ulteriormente, rispetto alle generazioni precedenti, le tappe dei percorsi verso la vita adulta, tra cui quella della formazione di una famiglia propria».
L’età per sposarsi si alza ancora
«Il rinvio delle prime nozze verso età più mature – documentano le rilevazioni statistiche – è sempre più accentuato. Attualmente gli uomini under 49 che si sposano per la prima volta hanno in media 33,7 anni, le donne 31,5 (rispettivamente 1,6 e 2,1 anni in più rispetto al 2008). In aumento sono i matrimoni in cui il primo sì arriva a 65 anni o più: nel 2018 in un caso su cinque si tratta di prime nozze, nel 2008 la percentuale era del 16,2. Sempre più spesso le nozze vengono celebrate a suggello di relazioni da tempo costituite. Quando lo sposo ha più di 64 anni, la differenza media di età con la sposa è di 14 anni, a dispetto di una media di 3 anni quando consideriamo tutti gli sposi. Se invece è la sposa ad avere almeno 65 anni, si osserva una maggiore omogamia e lo sposo frequentemente appartiene alla stessa classe d’età della partner».
Il grande passo per le coppie miste
«Al centro-nord quasi un quarto dei matrimoni ha almeno uno sposo straniero. Nel 2018 sono state celebrate 33.933 nozze, il 17,3 del totale, con almeno un partner non italiano. Una proporzione in leggero aumento rispetto all’anno precedente. La quota dei matrimoni con almeno uno sposo straniero è notoriamente più elevata nelle aree in cui è più stabile e radicato l’insediamento delle comunità di immigrati. La tipologia più frequente è quella in cui lo sposo è italiano e la sposa è straniera (17.789 nozze celebrate nel 2018, pari al 9,1 per cento del totale). Le donne italiane che hanno scelto un partner straniero sono state 6.127 nel 2018 (il 3,1 per cento del totale delle spose). I casi in cui entrambi gli sposi sono stranieri assommano a 10.017 (il 5,2 per cento dei matrimoni totali) e si riducono di molto se si considerano solo quelli in cui almeno uno dei due sposi è residente in Italia (5.451 nozze in totale)».
Instabilità coniugale e seconde nozze
Spiegano ancora Guarneri e Castagnaro: «L’aumento dell’instabilità coniugale contribuisce alla diffusione delle seconde nozze e delle famiglie ricostituite composte da almeno una persona che ha vissuto una precedente esperienza matrimoniale, generando nuove tipologie familiari. Cresce, infatti, progressivamente la quota di matrimoni in cui almeno uno sposo è stato già unito in matrimonio: nel 2018 il 19,9 per cento dei matrimoni riguarda almeno uno sposo alle seconde nozze (o successive), nel 2008 era il 13,8 per cento. L’evidente aumento, soprattutto nel biennio 2015-2016, deriva fortemente dall’introduzione del divorzio breve. Il valore registrato nel 2018, invece, è del tutto analogo a quello dell’anno precedente. La tipologia più frequente tra i matrimoni successivi al primo è quella in cui lo sposo è divorziato e la sposa è nubile (13.597 nozze, il 6,9 per cento dei matrimoni celebrati nel 2018); a seguire vi sono le celebrazioni in cui è la sposa a essere divorziata e lo sposo è celibe (5,5 per cento del totale) e quelle in cui entrambi gli sposi sono divorziati (5,4 per cento). Anche l’età media degli sposi al secondo matrimonio mostra un aumento consistente tra il 2008 e il 2018. L’età degli sposi precedentemente vedovi è passata da 61,2 anni a 67,9 e quella delle spose precedentemente vedove da 48,4 anni a 51,0. Analoga tendenza per gli sposi divorziati: nel 2018 gli sposi già divorziati hanno in media 55,0 anni e le spose già divorziate 47,3 anni (rispettivamente + 4,8 anni per le donne e + 6,9 per gli uomini)».