Il 21 marzo si celebra la Giornata mondiale della sindrome di Down. Cogliamo l’occasione per riscoprire una storia bellissima, di cui avevamo già parlato su Donna Moderna. Quella di Mauro e Marta, la prima coppia di ragazzi Down a sposarsi in Italia.
Quando Mauro e Marta si sono sposati, l’estate del 2014 a Roma, la notizia è rimbalzata su tutti i giornali. Sono la prima coppia di ragazzi con la sindrome di Down che nel nostro Paese promette di amarsi “nella buona e nella cattiva sorte”.
«Al ritorno dal viaggio di nozze, una crociera nelle isole greche, sull’autobus ho visto una persona che sfogliava un quotidiano dove c’era la mia foto. Non immaginavo proprio che avremmo fatto tanto scalpore» ricorda Mauro, 40 anni, scanzonato e con la battuta sempre pronta. «Tutti e due andiamo al lavoro sempre con i mezzi pubblici» spiega la moglie Marta, 30enne, riflessiva ed espansiva.
Siedono vicini sul divano di casa dei genitori di lei. Mentre parlano si tengono mano nella mano. Raccontano una vita normale, conquista per nulla scontata per due come loro. Entrambi hanno un lavoro stabile: Mauro è impiegato in una Asl del centro di Roma, Marta fa la receptionist in una filiale della Fondazione Adecco. Dieci anni di fidanzamento, la convivenza e poi il grande passo, con il costante sostegno delle famiglie d’origine: presenti, stimolanti e di ampie vedute.
«Ci siamo conosciuti al compleanno di un’amica comune. Lui non ci voleva neanche venire» racconta Marta. «All’epoca mi piacevano un paio di ragazzi. Ma solo con Mauro ho sentito che potevo costruire una relazione stabile e prendermi le mie responsabilità. All’inizio il nostro legame era fatto di confidenze, carezze e voglia di stare insieme, poi abbiamo passato i primi weekend da soli in una casa messa a disposizione da una delle associazioni che si occupano di persone Down. Quando Mauro mi ha fatto la proposta di matrimonio, però, credevo che scherzasse».
La parola passa a lui: «Ho pensato fosse arrivato il momento di ufficializzare il nostro amore dopo i due anni di convivenza a casa Petunia (la casa famiglia che nel 2013 ha chiuso per problemi economici, ndr), dove abitavamo con altri due ragazzi Down come noi, ma single. Un operatore veniva ad aiutarci due ore al giorno. Organizzava il piano settimanale di pranzi e cene, controllava che pagassimo le bollette e che non litigassimo troppo fra noi».
Per Mauro e Marta il matrimonio è l’inizio di un paziente percorso di autonomia. «Adesso viviamo un mese dai miei e un mese dai genitori di Mauro. Ma desideriamo traslocare in una casa vera». Marta lo dice chiaro e tondo. «Per me la cosa più importante è vivere subito per conto nostro. Magari con qualcuno che ci aiuti nelle emergenze. Come la volta in cui per sbaglio mi sono avvicinata troppo ai fornelli e mi hanno preso fuoco i capelli». Imprevisti a parte, di quelli che possono capitare a tutti, Mauro e Marta se la cavano da soli: dopo il lavoro fanno la spesa e cucinano: «Il pesce, però, lo compriamo surgelato» ridono. Peccato che sia impossibile trovare qualcuno che affitti loro un appartamento: quando i proprietari capiscono chi saranno i futuri inquilini, si dileguano. «Per fortuna, a casa dei miei dormiamo in una stanza matrimoniale» dice Marta. «La sera non vediamo l’ora di abbracciarci sotto le coperte».
Cos’è il piacere, come si fa l’amore, come nascono i bambini. Sono argomenti che Mauro e Marta conoscono perché hanno frequentato i corsi di affettività e sessualità dell’Associazione italiana persone Down. «Ci sarebbe piaciuto avere dei figli» confida lei. «Ma poi ho capito che per noi non è semplice e ho accettato l’idea di un’adozione a distanza».
Insieme frequentano anche un corso di teatro con cui sperimentano le potenzialità del proprio corpo. «Lo scorso anno» racconta lui «abbiamo messo in scena la commedia C’ho casa libera, storia di due ragazzi che vogliono provare a fare “una certa cosa” da soli a casa dei genitori, ma vengono interrotti da un’orda di amici». Profetico, però. Mentre Mauro promette di risolvere la questione abitativa, Marta si impegna ad allenarsi a superare i propri limiti. «Vado in palestra e dalla psicologa perché non riesco tanto a impormi. Invece mio marito è uno che si impunta: quando lo fa, litighiamo, come tutte le coppie». I motivi di discussione? «Se ho un problema di salute, io chiamo subito il medico per una visita, lui rimanda. E nella gestione dei soldi a volte ci scontriamo: Mauro fino al giorno del matrimonio non aveva neanche il bancomat!». Insomma, «cose banali» tagliano corto gli sposi. Ora il loro desiderio è concedersi una cena a due. In una casa solo per loro.