La partecipazione alle prove Invalsi di italiano, matematica e inglese e il completamento dei “percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento” (l’ex alternanza di scuola e lavoro, già decollata agli orali del 2019) diventano condizioni obbligatorie per essere ammessi alla maturità 2020. La valutazione conseguita con i famigerati test somministrati durante l’anno scolastico, anche se insufficiente, non peserà sul via libera all’esame di Stato finale. Basterà averli affrontati, tra il 3 e il e 31 marzo. Lo ha deciso il ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti, scegliendo di non prorogare il “congelamento” (delle prove Invalsi, appunto) voluto dal suo predecessore e di dare così pieno corso alla contestata riforma della “buona scuola”.
Tutte le novità dell’esame di Stato 2020
Le novità sono state inserite nella circolare diramata dal Miur, lo stesso provvedimento con cui si ufficializzano il rientro della storia negli scritti (come materia autonoma) e l’abolizione delle tre buste all’orale. «All’avvio del colloquio – funzionerà così – la commissione propone al candidato di analizzare testi, documenti, esperienze, progetti e problemi per verificare la sua capacità di affrontare con autonomia, padronanza e responsabilità le tematiche e le situazioni prospettate». Sparisce definitivamente – o perlomeno fino al prossimo ministro – la testina multidisciplinare. Restano in vigore tutte le altre “clausole” di accesso previste per i candidati, circa 500mila: l’obbligo di frequenza per almeno tre quarti del monte ore annuale personalizzato (fatte salve le deroghe previste per assenze documentate e continuative, a condizione che a giudizio del consiglio di classe non pregiudichino la possibilità di valutare degli alunni interessati), il 6 in ogni disciplina o gruppo di discipline (fatta salva la possibilità per il consiglio di classe di ammettere, con adeguata motivazione, chi ha un voto inferiore in una materia o in un gruppo di materie valutate con un unico voto), voto di comportamento non inferiore a 6 decimi.
I requisiti per le ammissioni di chi salta un anno
Gli alunni delle classi quarte possono essere ammessi all’esame di Stato, saltando l’ultimo anno, se si verificano di condizioni: aver preso 8 nello scrutinio finale i in ogni disciplina o gruppo di discipline, avere 8 o più anche in comportamento, aver seguito un regolare corso di scuola secondaria di secondo grado; aver riportato almeno 7 in ogni disciplina o gruppo di discipline e 8 in comportamento negli ultimi due anni antecedenti il penultimo (classi II e III), non essere incorsi in non ammissioni nei due anni suddetti (II e III).
Prove Invalsi, argomento divisivo
Quello che sta facendo più discutere, nelle scuole e online, è l’obbligo di partecipazione ai test Invalsi, pena l’esclusione dagli esami di maturità. Il sistema nazionale di valutazione è da anni un tema divisivo, fonte di critiche, proteste, dissensi. Lo stesso ministro Fioramonti, in contrasto con le decisioni prese, ha ribadito di essere «personalmente dell’opinione che queste prove vadano ripensate: possono comunque essere utili a evidenziare le fragilità del nostro sistema di istruzione». Le prove standard nel corso dell’anno, sempre parole sue, sono «un ulteriore onere» per le scuole. Ma a lui, obtorto collo, tocca «interpretare con prudenza e responsabilità il ruolo di ministro» e «ci sono dei passaggi di legge da rispettare».
Unione studenti contraria e combattiva
Dal fronte dei ragazzi e delle ragazze alle prese con le nuove regole arrivano i primi no. L’Unione degli Studenti chiede al ministro di fare marcia indietro, attraverso Giulia Biazzo, coordinatrice nazionale della sigla: «Siamo totalmente contrari all’obbligo di alternanza e Invalsi per l’ammissione, pronti a scendere in piazza. Fioramonti ritiri subito la circolare. È del tutto ingiusto e inutile. È una scelta antidemocratica che va contro tutte le nostre rivendicazioni. Anche i percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento rischieranno di essere incompatibili con un buon esame di Stato, perché non sono condivise con le rappresentanze studentesche e spesso risultano del tutto inutili per la nostra formazione. Idem per le prove Invalsi, che non hanno alcuna utilità per valutare le nostre conoscenze, come denunciamo da anni insieme ad un’ampia parte della comunità scientifica internazionale».
La parola al rappresentante dei presidi
Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione nazionale presidi, commenta questa e le altre novità, promosse quasi in blocco: «Tutte le modifiche apportate sono dei ritocchi, bisogna dirlo per non spaventare gli studenti. È andata a regime la riforma della Buona scuola. Le prove Invalsi obbligatorie? Le prevede la legge, ci si è adeguati. Solo l’anno scorso c’era stata una deroga. Non servono a valutare lo studente – sottolinea – ma la salute del sistema scolastico nazionale. La reintroduzione della traccia di ambito storico è sicuramente un fatto positivo alla luce delle numerose osservazioni formulate dai sostenitori, anche se va detto che in passato questo tema veniva svolta soltanto dall’1 per cento dei candidati. Non ritengo invece condivisibile l’eliminazione dal colloquio del meccanismo delle buste – ecco la sola bocciatura – in quanto garantivano al massimo la parità di trattamento tra gli studenti. Trovo positivo che non si sia proceduto a un ulteriore stravolgimento del format delle prove».
«Il punteggio Invalsi non influirà sull’ammissione»
«Ragazze e ragazzi – conclude il rappresentante dei dirigenti socialistici – possono stare tranquilli. Naturalmente devono studiare. Però, ricordo, le percentuali di promozione sfiorano il 100 per 100». Un altro motivo per cui gli studenti non dovrebbero preoccuparsi è il peso dei risultati delle prove Invalsi standard. «I loro esiti – questo il messaggio rassicurante del ministro Fioramonti – non influiranno in alcun modo sull’ammissione alla maturità». Nell’anno scolastico 2018-2019, quando non erano un passaggio obbligatorio per accedere all’esame di Stato, i test intermedi di valutazione furono affrontati da oltre il 90 per cento dei candidati (con punte del 96 per cento nei licei, per l’italiano).