I melanomi erano considerati una malattia rara, specie tra gli adolescenti. Ma negli ultimi 20 anni si è registrato un aumento costante di oltre il 4% all’anno. Per i dermatologi è un fenomeno preoccupante e anche dalla Fondazione Veronesi è arrivato di recente un allarme: questi tumori sono più frequenti di quelli al polmone, al seno, alla prostata e al colon messi insieme.
I giovani sono più colpiti
I giovani sono sempre più colpiti in parte perché sottovalutano i rischi di una esposizione al sole (o alle lampade abbronzanti) senza adeguate protezioni, ma incidono anche di cambiamenti climatici, che hanno reso i raggi UV più aggressivi. Una ricerca pubblicata sulla rivista JAMA Network Open, che ha indagato la diffusione dei tumori su quasi 500.000 persone tra i 15 e 39 anni, ha mostrato un aumento tra gli adolescenti e i giovani adulti, pari a poco meno del 30% tra il 1973 e il 2015. Tra le forme per le quali si è registrata la maggior incidenza ci sono proprio quelle della pelle, in particolare i melanomi.
Il malanoma in Italia: i numeri
In Italia i dati indicano che 1 italiano su 3 rischia di andare incontro al carcinoma basocellulare, il più comune tra i tumori della pelle, che registra 64mila nuovi casi all’anno. Cresce anche l’incidenza del melanoma, il tipo più letale di neoplasia cutanea, con 14.900 nuovi casi nel 2020, pari a +20% rispetto all’anno precedente. A preoccupare è il fatto che i pazienti sono sempre più giovani. Oltre agli adolescenti, la fascia dei 40enni è la più colpita, tanto che il melanoma è il terzo tipo di cancro più comune negli under 50.
Le scottature solari vengono sottovalutate
«Il fattore di rischio più importante, spesso sottovalutato, è l’esposizione ai raggi UV, in particolare l’esposizione intermittente al sole e le scottature solari, nella popolazione bianca e nei soggetti con pelle chiara. Nella cultura occidentale la celebrazione estetica dell’abbronzatura, infatti, è tuttora molto forte» spiega Ketty Peris, Presidente della SIDeMaST, la Società Italiana di Dermatologia medica, chirurgica, estetica e delle malattie sessualmente trasmesse.
Il rischio delle lampade abbronzanti
Nonostante ci siano maggiori informazioni, i rischi spesso sono sottovalutati dai giovani anche quando si tratta di lampade abbronzanti: «I tassi crescenti di melanoma nei giovani e negli adulti di mezza età osservati nei bianchi degli Stati Uniti e, per quanto riguarda l’Europa, nel Regno Unito e in Svezia possono essere in parte attribuiti a fonti artificiali di UV, in particolare alle lampade abbronzanti, diffuse dagli anni ’80 e ’90. Anche oggi il culto dell’abbronzatura intenzionale è estremamente diffuso tra gli tra gli adolescenti» prosegue l’esperta. Eppure già dal 2009 le lampade abbronzanti sono state catalogate come cancerogene dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Infanzia e adolescenza: età a rischio
Come ricorda la Fondazione Veronesi, la maggior parte dei danni alla pelle provocati dal sole avviene nei primi 20 anni di vita. «Sono più a rischio anche giovani con elevato numero di nevi comuni, quelli con grandi nevi congeniti, nevi multipli e/o atipici. Il 5-10% dei melanomi è di origine familiari, cioè colpisce famiglie che hanno geni di suscettibilità al melanoma» spiega Peris. Dunque, esiste una componente genetica, di predisposizione, ma i comportamenti possono fare la differenza, insieme alla prevenzione.
La diagnosi precoce è fondamemntale
«La diagnosi precoce è possibile con la dermatoscopia (una tecnica di analisi delle lesioni cutanee e dei nei che si basa sull’uso di un dermatoscopio munito di una speciale “lente di ingrandimento”, NdR). Se impiegata da esperti, questa analisi aumenta l’accuratezza della diagnosi raggiungendo una sensibilità dell’89% e una specificità del 79%» spiega la presidente della SIDeMaST, che a ottobre si riunirà in congresso proprio per fare il punto sulle nuove tecnologie e strumenti di prevenzione, diagnosi e cura. «La diagnosi precoce del melanoma è fondamentale, considerato che nelle fasi iniziali l’asportazione chirurgica è risolutiva e non c’è necessità di ulteriori esami» aggiunge l’esperta.
Basta culto dell’abbronzatura: i raggi UV sono cancerogeni
I cambiamenti climatici, oltre a interessare la natura, coinvolgono anche l’uomo e la salute umana. «Dal punto di vista dermatologico sappiamo come risulti centrale il ruolo dei raggi UV come fattore di rischio per i tumori cutanei. Infatti, hanno un effetto cancerogeno perché contribuiscono alla mutazione dei geni e dunque anche all’insorgenza degli stessi tumori della pelle.
Il caldo potenzia l’effetto cancerogeno dei raggi UV
Va considerato anche l’effetto immunosoppressivo, cioè il fenomeno per cui trascorrendo molte ore consecutivamente al sole cocente, questo può indebolire il sistema immunitario. Un esempio è la comparsa dell’herpes labiale. Infine, per ragioni ancora non del tutto note, si è osservato che l’aumento della temperatura ambientale va a potenziare lo stesso effetto cancerogeno dei raggi UV» spiega Peris. Insomma, di fatto i raggi UV diventano più aggressivi verso la pelle. «Inoltre, va tenuto conto di come il cambiamento climatico, comportando un innalzamento della temperatura media ed un aumento della siccità – aggiunge l’esperta – ha incrementato la probabilità dell’essere umano di trascorrere più tempo al sole» con tutte le conseguenze del caso.
Le altre malattie dermatologiche dovute al cambio climatico
Esistono altre possibili malattie dermatologiche che possono sorgere in conseguenza dei cambiamenti climatici. «L’innalzamento della temperatura media crea un ambiente più favorevole alla proliferazione dei microrganismi con conseguente aumento delle infezioni cutanee; determina inoltre anche una maggior diffusione geografica di determinati vettori di alcune patologie cutanee, come ad esempio la Leishmaniosi e la malattia di Lyme, due patologie trasmesse da specifici vettori (rispettivamente il flebotomo e l’Ixodes ricinus) che, a causa del surriscaldamento globale, si stanno diffondendo anche in aeree dove in passato erano estremamente rari» chiarisce la presidente di SIDeMaST.
Il caldo peggiora le dermatiti
«Inoltre, l’aumento di temperatura (con conseguente aumento dell’umidità ed espansione delle stagioni polliniche) e degli inquinanti atmosferici può aggravare alcune condizioni infiammatorie cutanee, in particolare la dermatite atopica e il pemfigo (una rara malattia a patogenesi autoimmune, che colpisce la pelle e/o le mucose, NdR), con un aumento del tasso di ospedalizzazione nel caso di quest’ultimo. D’altro canto, l’aumento dell’esposizione ai raggi UV determina un aggravamento di tutte le malattie cutanee che notoriamente peggiorano o sono causate dalla fotoesposizione come il lupus, la dermatomiosite, le porfirie e le luciti idiopatiche» conclude Ketty Peris.